Curare l’omosessualità?
Articolo di Aida Castaño tratto dalla rivista “Mirales” (Spagna) del 23 settembre 2013 liberamente tradotto da Adriano
Sappiamo bene che ci sono alcune organizzazioni che vogliono renderci la vita impossibile. Non si limitano a giudicare chi siamo o come viviamo, ma si alleano anche con i “professionisti” dell’eterna ricerca del Santo Graal: curare l’omosessualità.
Medici, sacerdoti, psicologi e psichiatri, sotto i precetti di Dio (che di solito si sposano piuttosto male con la scienza) realizzano ‘pseudo – studi’ eseguiti per “confermare” che l’omosessualità è un errore della natura che deve essere corretto.
E sì, dico ‘pseudo – studi’, poiché partono da precetti assolutamente lontani dalla scienza, come le credenze religiose e arrivano infine, a raccogliere i dati, senza rilevare il proprio metodo di studio, ecc.
Così sono emerse, in particolare negli Stati Uniti, le organizzazioni di “ex – gay”, in altre parole i gruppi di omosessuali che sono stati “redenti” mediante la fede (e mediante terapie aberranti) e hanno trovato il glorioso cammino dell’eterosessualità.
Non potevano mancare, naturalmente, le “ex lesbiche”, disposte a dare la propria testimonianza su come sono state abusate da piccole, oppure troppo mascoline e questo le ha confuse (non intendo dire che non abbiano passato quello che han vissuto, c’è chi ha vissuto qualcosa di simile, ma ciò non rientra nello spettro generale delle lesbiche).
Così giungiamo a due punti di vista: quello pseudoscientifico e quello religioso. Il vero pericolo è quando il secondo prende possesso del primo. Fanno un discorso molto chiaro: si può smettere di essere gay (la cosa buffa è che non si può mai smettere di essere eterosessuale, apparentemente funziona solo in una direzione).
Alcuni inculcano la fede cristiana e l’amore di Dio, come un modo per raggiungere il fine ultimo dell’umanità, una relazione monogama a procreare figli come conigli. Inoltre, sostengono queste idee attraverso terapie, trattamenti e associazioni che difendono questi metodi. Ecco due esempi di questi aspetti.
Charlene Coltran, una di queste “ex lesbiche” (ed ex attivista omosessuale come se non bastasse) ha raccontato circa un anno fa sulla rivista Venus i dieci passi necessari per tornare alla vita eterosessuale felice:
1. Stabilire ed accettare che la parola di Dio è vera.
2. Individuare nelle Scritture la verità sull’omosessualità (a coloro che si professano cristiani: v’invito a incontrare l’associazione Crismhom, poiché ha una visione molto diversa di ciò che la Bibbia dice su quest’argomento).
3. Non opporre resistenza alla chiamata di Dio nella vostra vita (qui comincia a ripetersi un poco).
4. Sapere con certezza che siete amati da Dio.
5. Dire di sì (a che cosa esattamente? All’eterosessualità? A qualche uomo? Ai piaceri che ti può concedere un fallo eretto? Non lo sapremo mai!).
6. Realizzare la vostra salvezza (e sbandierarla ai quattro venti).
7. Sperimentare il paradiso ora (non è che una donna non te lo fa raggiungere…).
8. Camminare con attenzione per mantenere uno spirito pulito.
9. Stringere amicizie tra i credenti (lo sappiamo, in modo che ti facciano il lavaggio del cervello o qualcosa di simile).
10. Mantenersi in contatto (non succeda che per il fatto di non chiamare la tua amica etero credente, ti vengano i desideri impuri di strappare le mutandine a qualcun’altra).
Scientificamente, si è deciso di chiamare queste terapie “terapia di ri-orientamento sessuale”, “terapie riparative” o “di conversione”.
Sono variate nel corso degli anni e hanno dimostrato la modificazione del comportamento (si può cambiare molte volte un comportamento, ma non il sentimento che risiede all’interno, così, si può smettere frequentare le donne, ma non significa che tu abbia smesso di eccitarti guardando una scollatura provocante), la terapia di avversione (l’aberrazione è possibile: vengono stimolate sensazioni spiacevoli come nausea, durante la visione di immagini di donne e così il vostro corpo associa alla vista di una donna nuda quei sentimenti orribili. Una vera squisitezza), la psicoanalisi (“Vediamo… da piccolina spogliavi le bambole?
Questo è chiaramente l’origine della tua omosessualità”) e altri metodi non scientifici, come la preghiera e la consulenza religiosa (perché è chiaro: un sacerdote che ha fatto voto di castità, sa cosa è meglio per la vostra vita sessuale).
Per ritrattare questo punto, vorrei farvi conoscere la storia di Lyn Duff. Questa giornalista americana uscì allo scoperto all’età di 14 anni. La madre, preoccupata per il suo orientamento sessuale, la internò, senza il suo consenso, al Centro Psichiatrico Rivendell di West Jordan(Utah), dove trascorse sei mesi.
Ha subito le terapie di conversione, la terapia di avversione (che consisteva ad essere costretti a guardare dei film porno di lesbiche mentre annusava l’ammoniaca), l’ipnosi, le droghe psicotrope, la cella d’isolamento, i messaggi che qualificano l’omosessualità come peccato, e, ovviamente, costringendola a togliersi i vestiti, a punirla senza giusta causa o andare in terapia di gruppo. Per fortuna, è riuscita ad uscire da lì per poter testimoniare quell’inferno.
Non mi dilungherò a nominare tutte le organizzazioni dietro a questo attacco alla dignità umana, sono facilmente rintracciabili on-line. Vorrei invece sottolineare, questo sì, che l’Associazione Psicologica Americana (una delle più importanti al mondo), molte organizzazioni mediche e il Collegio degli Psicologi della Spagna, condannano questo tipo di terapie, perché non hanno mostrato alcun beneficio per la persona e confermano che possono essere dannose.
Capisco le ragioni che possono portare alcune persone a voler smettere di essere gay (ammettiamolo, non è sempre facile, si ha a che fare con molte cose e alcune persone preferiscono optare per la via più facile), ma i professionisti non possono inculcare le loro preferenze indotte dalla religione, senza avere una base scientifica per sostenerlo. Queste pratiche sono denunciabili e condannabili e incoraggio tutti a segnalarle.
Non posso concludere questo articolo senza fare riferimento ai movimenti di “ex – ex – gay”, in altre parole, la gente che ha capito che non può smettere di essere gay e hanno lasciato queste organizzazioni citate.
Ci sono tantissimi uomini che hanno riportato tutte le pratiche alle quali sono stati sottoposti, ma sono poche le donne che ne hanno parlato.
Nelle pagine di Beyond di Ex Gay, un’associazione di sopravvissuti del movimento ex-gay, troverete alcune testimonianze, purtroppo in inglese.
Inoltre, vi lascio il video del bellissimo film, “But I’m a Cheerleader” (ma io sono una Cheerleader) che scava, in chiave comica, nelle terapie di conversione e nel movimento di “ex ex – gay”. Non lasciate che gli altri vi dicano come vivere la vostra vita. Siate liberi di vivere come desiderate.
Testo originale: “¿Curando la homosexualidad?”