Dio e le persone LGBT. Il dibattito negli Stati Uniti dopo l’approvazione del matrimonio gay
Articolo di Brandon Ambrosino pubblicato sul sito del settimanale Time (Stati Uniti) il 26 giugno 2015, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
La storica sentenza della Corte Suprema in favore del matrimonio omosessuale dà a tutti noi l’opportunità di ripartire di nuovo. La questione del matrimonio, negli scorsi anni, ha allungato la sua ombra sul dibattito americano ed ora è il momento di andare oltre la problematica “Dio contro i gay”.
Senza dubbio continueranno ad esserci delle rimostranze, tranquille o più accese, riguardo alla decisione, specialmente da parte dei credenti. Dopo tutto, il 50% degli americani crede che l’omosessualità sia un peccato, secondo il sondaggio Pew di settembre. E senza dubbio ci sarà anche qualche rimostranza, cosa alquanto strana, da parte di alcuni attivisti gay, molti dei quali hanno costruito la loro carriera cercando segni di omofobia ovunque.
Ma rimostranze o no, il matrimonio omosessuale è ora legge dello Stato. E tutti noi – di destra e di sinistra, etero e omosessuali, credenti e agnostici – abbiamo bisogno di un attimo per raccoglierci e riflettere. Da questo giorno in avanti abbiamo bisogno di comportarci con gli altri in modo diverso.
Dal momento che i cristiani hanno avuto dal loro fondatore l’obbligo estremo di portare la riconciliazione a tutti, penso che dovrebbero dare il loro esempio proprio in questo frangente. Questo significa che, qualunque siano le loro convinzioni teologiche personali al riguardo, hanno bisogno di rispettare la legge e di trovare il modo di onorare e anche di festeggiare la felicità del loro prossimo omosessuale.
C’è un precedente nel Nuovo Testamento. Nei primi anni della Chiesa un gruppo molto esiguo di seguaci di Gesù, i cosiddetti giudaizzanti, pensavano che tutti coloro che lo volevano seguire dovessero essere circoncisi. Ma Gesù ha reso accessibile la religione a persone che prima ne erano escluse e se i cristiani vogliono seguire le sue orme, dovrebbero cercare un modo per portare avanti il suo messaggio di inclusione, come quello di osservare lo spirito della legge senza incaponirsi sulla lettera, a volte impossibile da seguire.
Nel 49 d.C., nel primo concilio la Chiesa, riguardo alla circoncisione, decise che quello che importava veramente era la circoncisione spirituale, vale a dire l’inclinazione del cuore. Si giunse a questa decisione dopo un attento esame delle Scritture e della teologia all’interno di un contesto storico nuovo e più fresco. Era un’estensione del continuo ritornello di Gesù: “Avete sentito che vi è stato detto, ma io vi dico…”. Un modo perfetto per onorare la memoria di Gesù è continuare a pensare secondo questo paradigma.
Ora applichiamolo al matrimonio omosessuale nella comunità cristiana di oggi. La Chiesa si aggrappa ad argomenti di legge naturale e matrimonio, proprio come alcuni, nella Chiesa primitiva, si attaccavano alla circoncisione. Il compito teologico dei cristiani di oggi è lo stesso di quelli del primo secolo: come possiamo addolcire gli insegnamenti costrittivi del (matrimonio) cristiano a tutti quelli che lo desiderano? Come possiamo rimanere fedeli alla testimonianza della Scrittura in un modo da onorare ciò che continuiamo a imparare sull’esperienza umana?
Questo vuol dire pensare alla parola “naturale” e cercare un modo per allargarne la definizione a comprendere le coppie omosessuali. Non significa che “il matrimonio non è più un sacramento” ma piuttosto “il matrimonio è un sacramento e sentiamo che Dio lo sta dischiudendo alle coppie omosessuali”.
Se i cristiani non riescono a trovare l’umiltà per rivalutare le loro credenze più care sulla sessualità, alla fine sbaglieranno sul fronte della carità e si rassegneranno comunque al fatto che il matrimonio omosessuale esiste. Capirebbero anche che la cultura di massa tende a dipingerli come omofobi e questo quadro – che sia o meno una caricatura – è la ragione principale per cui la Chiesa perde fedeli.
L’attivismo per i diritti omosessuali ha un estremo bisogno di svecchiarsi. Possiamo alzare la voce ed essere ragionevoli. Abbiamo contenuto gli oppositori del matrimonio omosessuali e siamo troppo avanti per chiedere che qualcuno sia licenziato semplicemente perché ha twittato le sue obiezioni su argomenti LGBT. La decisione della Corte Suprema per noi è un’occasione di fare un passo indietro, ricordarci che siamo in un Paese politicamente e socialmente positivo e impegnarci di nuovo in un dialogo maturo e democratico. Questo significa riconoscere che sono stati fatti progressi.
Le persone omosessuali possono ritenerla un’opportunità per ripensare l’importanza che diamo al sesso. Penso all’alleanza gay, ai Racconti di San Francisco di Armistead Maupin, a Will e Grace, alle sfilate estemporanee dell’orgoglio omosessuale, alla Folsom Street Fair, a Fire Island. Adesso che ci possiamo sposare è ora che alcuni di noi smettano certi atteggiamenti riguardo al sesso. L’alleanza che voglio per la prossima generazione gay è basata sull’impegno, l’integrità e la monogamia. La decisione di venerdì scorso mi aiuta a chiarire questo concetto.
Chi è felice della decisione dovrebbe prendersi un momento per festeggiare. Chi invece è arrabbiato dovrebbero prendersi un momento e riesaminare le sue convinzioni per decidere come procedere al meglio, in modo da rispettare la legge. Ma dovremmo muoverci. È ora.
Testo originale: This Is the Time to Move Past the God vs. Gays Debate