Dopo il coming out di mio figlio. Il lungo cammino di una madre cristiana
Testimonianza di Shelley pubblicata sul Coming Out for Christians (USA), liberamente tradotta da Silvia Lanzi
C’è una cosa che ho imparato nei trent’anni e più di cammino col Signore: la marea di cose che non so e la quantità di quelle che devo ancora imparare. Il Signore è stato implacabile nello sfaciare lo scomparto piccolo e ben ordinato in cui avevo cercaro di mettere lui e la mia teologia. Sono arrivata a Cristo con una sequela molto conservatrice e fondamentalista e durante quei primi anni credevo di avere tutto ben chiaro. Sembra che il Signore sia stato misericordioso nell’avermi fatto cambiare idea rispetto ad allora.
Quando nel 2004 ho scoperto che mio figlio ventenne era gay, non ero affatto preparata a far fronte ad una sfida così grande. Le sole parole che avevo sentito sull’omosessualità erano abominio, inferno e distruzione! Ero devastata! Dopo giorni di depressione ebbi un crollo nervoso mentre cercavo di capire le implicazioni di tutto ciò. Mike era gay! Come poteva essere? Non ne avevamo mai avuto idea mentre cresceva! Parlammo con lui per ore cercare nel suo passato – cos’era successo che l’aveva fatto diventare gay?! Mike ci disse che non era stata una sua scelta essere gay, era semplicemente così, e che noi non avevamo fatto niente.
Ero inconsolabile. Se non era una scelta, come faceva Dio a condannarla cosi?! Mio marito ed io andammo da uno psicologo che ci disse che il nostro modo di agire come genitori era da biasimare – almeno in parte. Suggerì che prendessi le distanze da Mike e che mio marito passasse un po’ più di tempo con lui. Sapevamo di non essere stati genitori perfetti, ma cavolo, se il nostro modo di porci l’aveva fatto diventare omosessuale, mi immaginavo che dovessero esserci un sacco di altri gay là fuori, compreso l’altro nostro figlio!
Leggemmo un sacco di libri, andammo a parecchie riunioni, molte delle quali ci incoraggiavano a pregare perché Mike diventasse eterosessuale o a considerare la terapia ex-gay. Volevamo credere che Mike potesse essere “curato”, principalmente perché non era cristiano, e vedevamo l’omosessualità come un ostacolo insuperabile per la sua salvezza. Passai mesi in una specie di nebbia cercando di mettere insieme i pezzi del puzzle.
I mesi diventarono anni e io continuai a pregare che Dio “facesse l’impossibile” nella vita di Mike. Pregavo anche che gli mandasse una “moglie dal Cielo”. Forse poteva scoprire qualche desiderio eterosessuale latente sepolto nella sua omosessualità. Ho parlato, in realtà, ho discusso molto con Dio mentre pregavo. Avevo più domande che risposte, ma la cosa di cui pian piano mi convinsi era che Mike non aveva scelto il suo orientamento sessuale. Guardando cosa stava passando, capii che nessuno avrebbe voluto scegliere una cosa simile.
Per mesi ci fece la promessa di mantenere il segreto, temendo che i suoi amici etero lo ripudiassero. Non voleva nemmeno che lo sapessero suo fratello e sua sorella. Quando finalmente alcuni anni più tardi fece coming-out, vidi di prima mano come avesse reimpostato la sua vita. Vidi il suo disappunto nell’incontrate così tanta animosità mentre lui e i suoi amici gay lottavano per i loro diritti.
La frenesia sulla Prop 8 (proposta di legge californiana del 2008 per l’abrogazione delle nozze gay) allargò solo la distanza tra noi, perché, nel dibattito, non potevamo simpatizzare con lui. Ero sicura che non lo avesse scelto, più di quanto io avevo scelto di essere eterosessuale. Però mi domandavo ancora, scelta o non scelta, c’era ancora qualcora per cui poteva essere guarito? La terapia ex-gay poteva funzionare? Pregai il Signore di mettermi in contatto con gay (o anche ex-gay) che amavano Dio: forse avrei trovato delle risposte nelle loro vite. Pensai di contattarli personalmente o tramite web, ma ero talmente paralizzata da non riuscire a fare il primo passo. Avevo paura, di sicuro non lo so, magari di compromettere la mia fede. Si, avevo proprio paura di farlo.
Nel 2009, dopo anni di speranza e preghiera, Mike era ancora a rischio di dannazione e gay. Decisi che quell’anno sarebbe diventato un anno speciale di preghiere per lui. Invitai tutti i miei famigliari ed amici ad unirsi a me. La prima cosa che successe quell’anno fu che Mike incontrò un ragazzo e iniziò ad uscire con lui. Non era una cosa fantastica, ma certo non ostacolava la mia preghiera per lui.
I mesi passarono, mentre continuavo a pregare che Dio, Colui-Che-Pone-Fine-Alle-Cose, facesse cambiare Mike. Passò novembre e ancora niente. Poi, un giorno, fummo invitati ad un evento dove incontrammo molti dei nostri più cari amici di lunga data, che io rispettavo per il buon esempio che davano. Mentre ci incontravamo e ci mettevamo in pari con le notizie, parlando dei nostri figli, dicemmo che nostro figlio Mike era gay.
Mi chiesero come sapessimo che nostro figlio era diventato gay! Nessun avvertimento di pregare per la sua liberazione! Nessun incoraggiamento per fargli fare una terapia ex-gay! Ci dissero di guardare il sito Musings on Christianity, Homosexuality and the Bible. Ero così intrigata, che quando arrivammo a casa, non persi tempo e andai sul sito.
È stato il giorno in cui Dio ha iniziato ad aprire i miei occhi! Ho divorato il sito e i link. Con mio stupore, ho incontrato molti buoni cristiani, sia etero che gay, che mi hanno aiutato a capire il dilemma del trovarsi attratti dal proprio sesso in un mondo di incomprensioni e pregiudizi. Ho imparato così tanto dai miei amici cristiani gay.
Ho letto dei loro sforzi per “essere guariti”, della loro accettazione finale del proprio orientamento, e del loro arrendersi a Lui. Sono diventata più umile gazie al loro desiderio di compiacere e servire il Signore, anche ad un costo personale notevolmente altro. Non uso più termini come “lo stile di vita gay” o l’“agenda omosessuale”.
La mia prospettiva è cambiata, e anche quella di mio marito! Insieme, stiamo facendo questo cammino, e abbiano fiducia che Dio ci darà la saggezza e il suo cuore per la comunità gay.
Ringrazio Dio, Colui-Che-Pone-Fine-Alle-Cose, che ha posto fine a quella fase della mia vita.
Testo originale: Shelley’s Journey