Elogio del vagabondaggio parrocchiale
Riflessioni di Philippe Clanché pubblicate sul blog cathoreve.over-blog (Francia) il 29 giugno 2014, traduzione di finesettimana.org
Si è liberi di scegliere la propria parrocchia? Ecco una buona domanda posta da La Croix a padre Luc Forestier, oratoriano. Persona indicata per rispondere perché ha la responsabilità sia di rettore del santuario di San Bonaventura a Lione, animato dalla sua congregazione, sia di professore di ecclesiologia alla Cattolica di Parigi.
Padre Forestier ricorda l’importanza dell’appartenenza parrocchiale per certi atti (battesimi, matrimoni), ma spiega che ciò non obbliga affatto i cristiani a “praticare” la domenica in uno stesso luogo.
“Da molto tempo, esistono molti altri modi di nutrire la propria vita cristiana”, afferma, elencando poi i monasteri, gli scout, il MEJ (Mouvement Eucharistique des Jeunes), il Secours Catholique, i pellegrinaggi, la comunità dell’Emmanuel… Un bel catalogo della diversità della Chiesa.
Citando papa Francesco, padre Forestier insiste sulla necessità che “questi movimenti, comunità, gruppi di spiritualità mantengano un contatto con la parrocchia, ma soprattutto siano integrati nella pastorale d’insieme diocesana, di cui il vescovo è il garante”.
L’unità nella diversità è possibile, ma attorno al personaggio centrale che è il vescovo. E che lo sarà sempre di più in futuro, quando la trama della rete parrocchiale sarà ancora più allentata. Cioè domani.
Per l’ecclesiologo, “l’emulazione tra diversi luoghi spirituali di una grande città è positiva”. Quindi non è il caso di condannare il principio della parrocchia d’elezione e non di quartiere. Nelle grandi città, molti fedeli scelgono il loro luogo di culto in funzione dei celebranti e dello stile liturgico praticato. Si potrà aggiungere che, in questi tempi di riduzione del numero dei praticanti, la Chiesa dovrebbe rallegrarsi del fatto che i suoi parrocchiani emigrino di chiesa in chiesa, piuttosto che abbandonare, come fanno altri.
Padre Forestier dice che è una questione da ricchi. In molti luoghi di Francia, le soluzioni per un parrocchiano che non si trova a suo agio nella sua parrocchia abituale sono meno attraenti: fare diversi chilometri in auto, o accontentarsi della messa alla televisione… o niente.
Per chi abita in zone rurali, già da molto tempo si pone il problema del servizio eucaristico. L’unica risposta data normalmente – pregare per far nascere più vocazioni maschili – non dà grandi risultati. Nel 2014, sono stati o saranno ordinati 82 nuovi preti diocesani, e ancor meno diaconi in vista del presbiterato per “l’annata” del 2015.
Quando non ci saranno più parrocchie vicine a casa propria, il problema della scelta sarà scomparso. A meno che nel frattempo la modalità di riunione domenicale senza prete non torni “in grazia“. Con o senza ostia consacrata.
Un principio di realtà, difficile da ammettere per i responsabili di una religione un tempo onnipresente. Eppure si tratta di un “funzionamento” già diffuso in numerosi territori animati da missionari. Che sono ben felici di trovare delle comunità vive quando arrivano, di tanto in tanto, a celebrare l’eucaristia con loro.
Testo originale: Eloge du vagabondage paroissial