Gay o bisessuale poco importa basta che sia una vita da adulto
Email inviataci da Tiberiano in risposta alla email di Marco
Nella vita di ogni persona, prima o poi arriva un momento in cui ci si trova a dover fare i conti con se stessi, per via di un conflitto con la realtà che ci circonda: veniamo allevati da educatori come genitori, maestri, sacerdoti, catechisti e … pure capi scout.
Tutte queste figure di cura, guida e tutela ci insegnano delle ‘regole di vita’, alcune fondamentali, altre soltanto tradizionali, altre ancora ideali o poco coerenti con la realtà… e soggette ad una possibile revisione futura.
E tutte queste “regole e regolette” inizialmente vengono acquisite senza starci troppo a pensare: un bambino non ha grandi capacità di analisi e critica e spesso impara che gli conviene compiacere gli adulti, che gli vogliono bene, lo apprezzano e gli cuciono addosso l’immagine e il ruolo di ‘bravo ragazzo’.
E tu certamente devi essere stato, oltre che un bravo bambino, anche un bravo ragazzo. Un ‘bravo ragazzo tutto casa e chiesa’, cresciuto in famiglia e in oratorio, due ambienti certamente accoglienti, protettivi, formativi e rassicuranti.
Ad un certo punto, succede qualcosa: un imprevisto avverso, un ‘fuori programma’ che sconvolge il tuo mondo idilliaco ed ovattato. Come un sortilegio in una fiaba. Parlo della fiaba come metafora del passaggio dall’adolescenza alla vita adulta, quel passaggio che è stato per te il tuo coming out. Un passaggio brusco e traumatico, perché devi avere spiazzato tutti quanti (e di brutto !): genitori, familiari e amici, che già ti sapevano fidanzato con una ragazza. Ed oggi il ‘bravo ragazzo tutto casa e chiesa’ non esiste più agli occhi di quanti ti conoscono: è scomparso, spazzato via dal coming out.
Diversamente da quanto si legge spesso qui, nel tuo caso la presunta “controparte lesa” non sarebbe Dio o la Chiesa, ma… tua madre !
Ti rovini l’esistenza dietro alle scempiaggini sul tuo conto (le chiami ‘frecciatine’) che escono dalla bocca di lei, a causa della delusione e della frustrazione che a suo dire le hai causato. Sei invischiato dentro una melma di sensi di colpa.
Ti sei seduto sulle sabbie mobili del tuo dolore e semplicemente aspetti che succeda qualcosa. Magari che ad un certo punto arrivi un Principe (come nelle fiabe ?) e ti tiri fuori da quel pantano, liberandoti da una specie di maledizione.
La tua sembra la lettera di un adolescente inquieto, poi invece si scopre che… hai due lauree!
Continui a “fare l’adolescente” invecchiando sui libri, ancora legato al mondo delle facoltà e delle biblioteche universitarie (un altro ambiente formativo, rassicurante e tranquillo). Per conseguire la terza laurea… ma per farne che ? Due non ti bastano ? Forse è il caso di distinguere tra cose “importanti” e cose “urgenti”.
Dici che “vorresti scappare di casa”… e allora ? Cosa aspetti a fare i bagagli ed andartene via ? A metterti a lavorare e cominciare a vivere la TUA vita, con le regole rivedute e corrette da TE a TUA misura ?
Ti fai una raffica di domande, ma quella fondamentale è una sola: “a me chi ci pensa ?”
Alla tua età, ma chi altro dovrebbe pensarci, a te e al tuo bene ? Dio ? Il Principe Azzurro ? Ancora la mamma ?
Allora, invece di continuare a soffrire inutilmente, continuando a rimanere in un (piccolo) mondo che non è più accogliente e rassicurante come lo era in passato (quanti ti conoscono, ormai non ti vedono più come “quello di prima”) come dire – sarebbe ora che cominciassi a vivere e comportarti da adulto.
Gay o bisessuale poco importa, basta che sia una vita da adulto, comunque da uomo responsabile. Non più da ‘bravo ragazzo’, prigioniero e in conflitto con l’immagine e le aspettative che gli sono state appiccicate addosso da altri, madre compresa.
La sfida vera, quella fondamentale, non è tanto il coming out (ci sei già passato e hai pure realizzato sulla tua pelle che nel tuo caso le cose non sono migliorate, anzi…) La sfida vera è un’altra:
INSEGNARE AGLI ALTRI A NON MANCARTI DI RISPETTO. IN NESSUN CASO.
Non permettere a nessuno (genitori compresi) di offenderti, insultarti o perfino manipolarti con i sensi di colpa per poter soddisfare le loro aspettative.
Questo potrebbe essere una specie di ‘manifesto’ per tutti quegli ex ‘bravi ragazzi tutto casa e chiesa’ che si riscoprono gay o lesbiche. Il tuo è un ‘caso campione’ più comune di quanto si pensi.
Prima di lasciare il “nido materno” (ti auguro di farlo presto), sarà bene quindi fare un discorso chiarificatore e determinato (e quanto possibile sereno) con i tuoi: negoziare i tuoi spazi, i tuoi tempi e le tue esigenze, senza rancori gratuiti e masochisti. E senza scendere ad insidiosi compromessi o a forme di invadenza o controllo nella tua vita privata.
Ci sarebbe poi un’altra possibilità: quella di svendere se stessi per (nuovamente !) compiacere gli altri e i propri cari: in pratica, rinunciare alle proprie emozioni e ai propri sentimenti ed adattarsi agli standard sociali.
Nel tuo caso, trovarti una “brava ragazza”, sposarti e farti una famiglia, magari che dia anche dei figli, recuperando la tua reputazione, la tua rispettabilità e ricucendo i rapporti familiari oggi deteriorati.
La posta in gioco non è da poco, ma il prezzo da pagare è molto salato. E questo lo hanno capito in parecchi… a cose fatte, però.
Concludo in leggerezza, suggerendoti in questo senso di rivederti il film di Ozpetek ‘Mine vaganti’, che tratta (soltanto in apparenza e in toni grotteschi) anche il coming out in famiglia. In realtà, ogni personaggio del film è una “mina vagante”; infatti ognuno si trascina dietro, più o meno nascosto, il proprio fardello di rimpianti, rinunce ed occasioni mancate sul piano emotivo e affettivo. E il personaggio vincente del film, guarda caso, è il gay che sceglie di andarsene a stare per conto suo e lontano dalla famiglia di origine, tanto per rimanere in tema.
un abbraccio
Tiberiano