I gay anziani. Cosa accade negli Stati Uniti?
Articolo del 20 maggio 2013 pubblicato su Il Post
Spesso non hanno figli che si occupino di loro né i diritti degli eterosessuali: stanno nascendo delle case di riposo apposite, ma hanno lunghissime liste d’attesa. Negli Stati Uniti l’invecchiamento della generazione dei cosiddetti “baby boomers”, 77 milioni di persone nate dopo la guerra tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta, viene definito ”tsunami grigio”.
L’invecchiamento di quelli che oltre a essere “baby boomers” sono anche gay e lesbiche presenta alcune difficoltà, di cui si sta cominciando a parlare, a causa delle persistenti discriminazioni legislative e culturali e perché, nella maggior parte dei casi, non hanno dei figli che si possono occupare di loro. Un gay anziano su cinque ha un partner e solo uno su dieci ha dei figli.
Secondo Serena Worthington, esponente di SAGE (Services & Advocacy for LGBT Elders, la più grande organizzazione statunitense dedicata a migliorare la vita di anziani lesbiche, gay, bisessuali e transgender), attualmente negli Stati Uniti ci sono tra 1 e 4 milioni di gay e lesbiche di età superiore ai 65 anni e nel 2030 il loro numero è destinato a raddoppiare.
Nel corso del 2012 a Washington si sono svolte due conferenze sul tema e in molti stati si stanno moltiplicando le strutture dedicate specificamente all’accoglienza degli anziani LGBT: quando infatti qualcuno di loro entra in case di riposo o strutture di residenza assistita tende a nascondere il proprio orientamento sessuale o rischia di subire dei maltrattamenti, come dimostra uno studio del 2011 condotto dal National Senior Citizens Law Center, organizzazione non-profit che si occupa di tutelare i diritti degli anziani.
La questione dell’invecchiamento delle coppie gay si inserisce poi in un problema più ampio, quello della crisi immobiliare statunitense e della difficoltà di reperire alloggi a prezzi accessibili: circa il 49 per cento della persone con più 65 anni sono considerate povere per via del loro reddito basso, ma le politiche federali di sostegno per le coppie di anziani che rientrano in questa categoria non valgono per gli omosessuali, che restano dunque esclusi da una serie di diritti e possono sposarsi solo in pochi stati e solo da pochissimo tempo.
Lo spiega uno studio dell’Urban Institute che, dagli anni Sessanta si occupa di analizzare le politiche e i programmi che riguardano lo sviluppo territoriale ed economico delle aree urbane negli Stati Uniti: se un gay, una lesbica o un bisessuale muore, il suo partner deve affrontare una perdita finanziaria che può ammontare a decine di migliaia di dollari, e gli vengono negati la pensione integrativa e una serie di sgravi fiscali sulle eredità ricevute e sui patrimoni.
Se invece uno dei partner entra in una casa di riposo, l’altro perde il diritto – garantito dal programma Medicaid alle coppie eterosessuali – di restare nella casa in cui la coppia viveva.
Esistono già oggi in molte città americane delle strutture dedicate all’accoglienza di anziani omosessuali o di coppie di anziani omosessuali: oltre agli alloggi offrono molti servizi legati all’assistenza sanitaria o all’attività sportiva e ricreativa. Tutte hanno liste d’attesa anche decennali e sono in espansione, comprese le più costose: “Birds of a Feather Resort Community” si trova dal 2004 a Pecos, in New Mexico, e ha intenzione di raddoppiare i posti disponibili nel corso del 2013; “Triangle Square“, a Los Angeles, ha aperto una seconda sede che sarà disponibile dal 2014.
Negli Stati Uniti sono state fondate anche delle vere e proprie comunità gay e lesbiche, piccole città protette da cancelli in cui vivono solo persone omosessuali: la più celebre è Palms of Manasota, in Florida.
In Europa un simile progetto esiste dal 2012 e si trova a Berlino, nel quartiere di Charlottenburg. La casa per gay e lesbiche che hanno superato i sessant’anni è molto grande, copre un intero isolato e si chiama MehrGenerationenHaus (“casa delle molte generazioni”). Gli appartamenti sono in affitto, sono previsti anche settori particolari per chi soffre di demenza senile e l’infermeria è aperta 24 ore su 24.