I nostri sette peccati capitali nell’Europa di oggi
Riflessioni del teologo spagnolo Xabier Pikaza* pubblicate sul suo blog (Spagna) il 29 agosto 2015, liberamente tradotte da Dino
Alcuni ricordano i sette peccati capitali della tradizione medievale, formulati dal Papa Gregorio Magno (540-604 d.C.) e ancora elencati nel Catechismo della Chiesa Cattolica del 1997 (n. 1866): superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia.Indubbiamente questi peccati erano e sono ancora importanti, ma rispondono a un tipo di morale più intimista (monastica), non hanno la forza, l’impatto e nemmeno l’attualità dei peccati biblici. In questo senso devo ricordare che i veri peccati capitali della tradizione cristiana sono quelli elencati nel Vangelo di Marco (Mc 7,21-23), rielaborato da Matteo (Mt 15,19), quando dice che da un cuore malvagio nascono: pensieri cattivi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false testimonianze e blasfemie…
Questi sono i sette veri (e terribili) peccati capitali (anche se il Catechismo non lo dice), gli attualissimi peccati dell’Europa e del mondo, come spiegherò, considerandoli dal punto di vista del rifiuto degli emigranti, che bussano alle nostre porte, senza che quasi nessuno li riceva: gli economisti non li vogliono, o li vogliono come schiavi; i politici cercano scuse per dire che non è possibile; noi uomini e donne, semplici cittadini, tendiamo a voltare la faccia da un’altra parte.
Papa Francesco ci ha detto che ci troviamo di fronte a un grande “esodo biblico”, incrementato in questi ultimi giorni dall’arrivo di siriani, iracheni, afghani… che fuggono dal terrore dei loro paesi… Molti di loro sono i meglio preparati, uomini e donne di grande cultura! Essi potrebbero offrire una enorme ricchezza ai nostri paesi, anche egoisticamente parlando. Ma non vogliamo riceverli. Guai a noi, Europei! Così esclamerò davanti ad ognuno di questi sette peccati capitali, presentati e commentati nell’ordine in cui compaiono nel Vangelo di Matteo.
Davanti ai sette peccati capitali della tradizione medievale possiamo cercare una via di fuga. Davanti ai sette veri peccati capitali del Vangelo secondo Matteo non ci sono scuse: Guai a noi, Europei!
In questo contesto desidero continuare a parlare del peccato (dei sette peccati capitali) di chi non riceve (riceviamo) quelli che arrivano piangendo alle nostre porte, come i bambini di alcune foto di immigrati, che piangono davanti ai soldati che li “ricevono”. Noi siamo diventati peggiori dello stesso diavolo che compare nelle raffigurazioni degli antichi peccati capitali.
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1. Considerazioni/ riflessioni cattive (dia-logismi)
Il primo peccato è il pensiero malevolo, le riflessioni che nascono dal cattivo cuore, che cerca delle ragioni per poter rimanere nel suo egoismo. Di per sè queste riflessioni non sono cattive (cf. Lc 24,38) ma possono diventarlo e lo diventano, trasformandosi in un calcolo maligno e ritorto, da cui nascono i restanti mali, come ben sa San Paolo (Rom 1,21; 1 Cor 3,20).
Senza dubbio esiste un pensiero buono, ma la Bibbia sa che l’uomo ha finito per chiudersi nella caverna di un pensiero perverso, simbolizzato dal serpente (Gen 3, 1-6 e 4, 4-7), in un modo di ragionare contrario a Dio, cioè al dono della vita, alla gratuità.
Questo peccato è il pensiero cattivo di quelli che vogliono giustificare se stessi con lunghi discorsi, mentre lasciano che altri muoiano accanto a loro, è la giustificazione di chi dice che le cose stanno così e che non possono essere cambiate, che non c’è posto per altri, che ognuno si arrangi come può.
Così siamo caduti nella prigione dei nostri cattivi pensieri, delle nostre giustificazioni… Noi, il popolo della “ragione”, noi europei, siamo sprofondati nel pozzo della nostra irragionevolezza, difesa in parlamenti e consigli dei ministri con filosofie (ideologie economico-sociali) che sono pure menzogne. Nella contorta prigione delle nostre riflessioni ci autogiustifichiamo, mentre milioni di persone muoiono alla nostra porta.
Da questi malvagi pensieri (che originano sia dal cuore malvagio che dalla testa malvagia) prendono origine tutti i rimanenti peccati, dall’omicidio alla blasfemia contro Dio. Povera Europa, paese della filosofia, piena di cattive ragioni, che vuole giustificare l’ingiustificabile, con i poveri che supplicano alla sua porta!
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2. Omicidi (phonoi)
Il primo di tutti i peccati commessi verso l’ambiente esterno all’individuo, socialmente obbiettivati, è l’omicidio, o piuttosto l’assassinio, il giustificare la morte degli altri, come afferma Matteo nella prima delle sue antitesi (Mt 5, 21). Di per sè l’assassinio non è la radice di tutti i mali (che continua ad essere il cattivo pensiero del cuore perverso), ma prende subito origine da questa radice, come la prima di tutte le malvagità distruttrici della storia umana, sia in un contesto ebraico che tra i gentili, senza differenza di nazione, popolo o religione. Dall’assassinio è nata e continua a nascere la storia malvagia degli uomini.
Dal pensiero cattivo si passa subito alla giustificazione dell’assassinio, e all’assassinio stesso, come riporta la Genesi (Gen 2-4: passo da Adamo ed Eva fino a Caino), e poi anche San Paolo nella lettera ai Romani (1, 18-32) e il citato passo del Vangelo di Matteo, come ho già sottolineato in Antropologia Biblica, Sigueme, Salamanca 2015. Uccidere o lasciar morire milioni di persone alla porta della nostra Casa Europa, questo è il primo dei peccati concreti della nostra storia. Certo, siamo capaci di giustificare questo peccato, ed è così che fanno politici ed economisti. Poveri noi europei, quando permettiamo che la morte si stabilisca alle nostre porte. Dio è misericordioso, e perdona tutto. Ma la storia non perdona. Tempo al tempo.
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3. Adulterii (moikheaiai)
Dopo l’assassinio c’è l’adulterio, come nelle antitesi di Mt 5, 27-30, dove si parla di un “adulterio del cuore”, che nasce dal perverso pensiero di un uomo o di una donna che hanno perso la bussola della vita. Come l’assassinio distrugge la vita fisica e totale, così l’adulterio distrugge la vita sociale di una persona, distruggendo la sua identità (cosa che, all’inizio, il Nuovo Testamento continua a guardare dal punto di vista del maschio, sulla linea dell’Antico Testamento).
Inteso così, l’adulterio non è semplicemente l’egoistica rottura della concreta fedeltà tra un uomo e una donna che si sono promessi amore, ma è il rifiuto e la rottura di tutte le fedeltà personali e sociali. In senso biblico, da Osea a Marco, l’adulterio è il rifiuto di ogni fedeltà, di ogni vincolo personale e sociale.
Noi viviamo di vincoli, continuiamo a vivere per fedeltà, siamo responsabili gli uni degli altri. E poi, quando in un determinato momento, secondo i nostri interessi (continuando sul ritmo dei nostri cattivi pensieri), rompiamo i patti e scacciamo (non accogliamo) i nostri fratelli commettiamo il primo e più grave degli adulteri.
Certo, l’adulterio è collegato alla fornicazione (desiderio del proprio piacere), di cui il testo parla subito dopo, ma non si identifica con essa, poiché comporta solo un cattivo “desiderio” sessuale e/o sociale, ma non la rottura di un vincolo che è fondamentale per la vita degli uomini e delle donne. Inteso così, dopo l’omicidio, l’adulterio è il primo rifiuto: ci disinteressiamo degli altri, come se non fossero nostri fratelli (carne della nostra carne). Cosa c’entro io con i siriani e gli afgani! Che si arrangino, che muoiano, se è necessario… alle porte di una ricca Europa! A noi che importa?
Con loro abbiamo rotto, abbiamo distrutto il nostro patto umano, abbiamo commesso adulterio. E’ in questa linea che si colloca il chiaroveggente argomento di Paolo (Rom 1, 18-32), poiché la stessa rottura con Dio si manifesta i forma di rottura dei vincoli umani di fedeltà personale e sociale. Guai a questa Europa adultera, che rinnega il suo patto coi fratelli che invocano alla sua porta!
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4. Fornicazioni (porneiai)
Vengono dopo gli assassinii e gli adulteri, e il loro senso risulta più difficile da precisare rispetto ai due casi precedenti, perché il termine si riferisce non solo all’incontinenza sessuale, ma anche ad una tipologia di “matrimonio irregolare” (tra cugini, parenti stretti, ecc.) e soprattutto all’idolatria, in senso biblico, come compare nel profeta Osea, nel significato di abbandono di Dio e adorazione degli idoli.
In senso biblico la fornicazione è il desiderio di mantenere un piacere personale (sessuale o economico, sociale o ideologico) a scapito degli altri e per denaro. In questo contesto la fornicazione ha una radice religiosa, che è l’idolatria (cercare un Dio a nostra misura) e si manifesta in un tipo di “eros” o piacere sociale e sessuale, nel senso che questa parola ha non solo in Mt 5, 32; 19,19, ma anche nella stessa spiegazione di fondo in Rom 1, 18-25 (dove si dice che l’uomo cade e si distrugge nei suoi stessi desideri).
E’ molto significativo il fatto che le fornicazioni (porneiai) vengano dopo l’omicidio e l’adulterio, che sono i due mali principali da cui esse derivano. Per tornare alla nostra riflessione, L’Europa è caduta (e sta cadendo) nelle mani della sua stessa “porneia”, come aveva profetizzato in modo impressionante l’Apocalisse di Giovanni nel presentare Roma come la Prostituta (Ap 17), la Gran Puttana, la Falsa Dea, salita in groppa alla Bestia Militare e alla Bestia Religiosa (Ap 13), che vive di menzogna, scaccia e ammazza i bisognosi.
E’ indubbio che, a cominciare dalla Roma dell’Apocalisse, l’Europa si sia sempre più trasformata in prostituta, che usufruisce del piacere di tutti, per vivere così servendosi di essi, bevendo il loro sangue. Guai, Europa prostituta, identica all’antica Roma, tua madre, secondo Ap 17!
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5. Furti (klopai)
La rassegna dei peccati che nascono da un cuore cattivo (pensieri cattivi) ci conduce nuovamente allo schema originale del Decalogo (Ex 20, 1-17; Dt 5, 1-21) che Matteo ha voluto sottolineare in occasione della sua disputa con i farisei. Di fronte ad una comunità che tende a dare maggior considerazione alla purezza esteriore (separazione di gruppi, di cibi…), Matteo ci colloca un’altra volta nel contesto dei dieci comandamenti, intesi e formulati come esperienza originaria di Israele, nei quali si sottolinea l’ordine e la malignità dei “peccati importanti”, lasciando in secondo piano altri aspetti (legati alla purezza esteriore) che invece erano molto significativi per un certo ebraismo del suo tempo.
Tra questi peccati importanti, il successivo è il furto, che è da interpretarsi secondo la linea di tutto il Vangelo, dove si insiste sul fatto che “il possesso” personale ed egoistico dei beni suscita il desiderio dei ladri: “Non accumulate tesori sulla terra, dove i ladri troveranno il modo di raggiungerli e li ruberanno. Secondo questo concetto, un tipo di possesso e di furto nascono da uno stesso principio di desiderio di dare fondamento alla vita basandosi su dei beni esteriori, invece di basarla sulla gratuità fraterna, come mette in rilievo tutto il Vangelo.
Certo, anche i popoli dai cui provengono i nostri emigranti (dall’Afghanistan alla Siria, dal Senegal alla Libia…) hanno i loro propri peccati e furti, dei quali dovranno render conto a Dio e all’umanità. Ma il massimo peccato è stato e continua ad essere il furto messo in atto dall’Europa (e specialmente da tutto l’occidente). Col furto abbiamo cominciato a conquistare paesi, dall’America fino all’Africa e all’Asia… Col furto abbiamo cambiato dinastie e poteri (per il petrolio, per i dollari, per la nostra “sicurezza mondiale”: la nostra, non quella del mondo…).
Abbiamo rubato e l’abbiamo fatto con un “pensiero buono” (vale a dire con i cattivi pensieri che ci consentono di giustificare il furto). E poi, dopo averli derubati, dopo averli abbandonati nelle mani di politici corrotti e di religioni pervertite (in gran parte a causa nostra) li chiudiamo fuori dalla porta. Guai a noi, europei ladri di popoli, che negli ultimi cinque secoli ci siamo dedicati a “negoziare” (a rubare) al mondo intero!
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6. False testimonianze (pseudomartiriai)
Il tema delle false testimonianze proviene dal Decalogo (Ex 19, 16) e ha segnato l’esperienza di giustizia di Israele, in un mondo giustizializzato nel quale la vita di alcuni dipende dalla parola di altri. Nel contesto di Matteo è importante il riferimento al processo di Gesù, nel punto in cui si dice che i suoi “giudici” cercavano di trovare una falsa testimonianza per poterlo condannare a morte (29, 59). Questa falsa testimonianza origina da un “pensiero cattivo” messo al servizio attivo della morte di altri, in un mondo dominato dalla violenza (al servizio dei trionfatori).
La falsa testimonianza è il peccato di noi che gettiamo la colpa sugli altri, dicendo che loro stessi sono la causa dei loro mali… E’ il peccato che ci permette di intervenire in Iraq e giustiziare Hussein dicendo che peccava contro l’umanità… E noi? Con quale legittimità presentiamo queste cattive testimonianze e ci facciamo giudici? Siamo in molti a ritenere che questi “giudizi” siano false testimonianze… Non è per niente chiara l’influenza dello stato di Israele in tutto questo (non gli conviene forse che venga destabilizzata tutta quell’area…?). Non è affatto chiaro “l’interesse” delle potenze mondiali e petroliere: non hanno forse sempre voluto dividere il cosiddetto “mondo arabo” per tenerlo sottomesso e poi accusarlo dei suoi mali…?
C’è un filo rosso che unisce i cattivi pensieri del primo “peccato” alle “false testimonianze” di questo sesto peccato capitale… Così giustifichiamo le nostre azioni, appellandoci ai nostri stessi problemi per chiudere la porta, per non lasciar passare quelli che ci invocano, per condannarli a morte ogni giorno su zattere o in camion senza ventilazione. Guai a noi, europei, che stiamo perdendo ogni coscienza, non solo il pensiero, ma anche la coscienza.
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7. Blasfemie
Sembra strano questo peccato, in fondo alla lista di quelli “capitali”. Anche Marco ve l’aveva incluso, ma in un contesto più ampio, di tipo giudaico-ellenistico. Invece Matteo lo segnala dalla sua stessa esperienza del Vangelo, trasformandolo in uno dei sette “peccati capitali” come termine e massima espressione di tutti loro. Questo è in realtà il peccato di “attribuire la colpa a Dio”.
Indiscutibilmente, con questo peccato Matteo richiama la “blasfemia contro lo Spirito Santo” che non può essere perdonata (Mt 12, 31), perché consiste nel rifiuto frontale dell’opera liberatrice di Gesù, cioè della salvezza dei poveri, dei malati, dei posseduti dal maligno e degli esclusi.
In questa linea, la blasfemia di base consiste, secondo Matteo, nel distruggere l’opera di Dio, in un contesto in cui si afferma che Dio perdonerà agli uomini ogni blasfemia, anche quelle pronunciate contro il Figlio dell’Uomo (quindi contro l’identità di Gesù), ma non verrà perdonata la blasfemia contro lo Spirito Santo.
Questa è la blasfemia, l’ultimo e il più grave di tutti i peccati. La blasfemia contro Dio in generale o contro lo stesso Gesù (il Figlio dell’uomo) possono essere perdonate, perché richiamano controversie religiose difficili da dirimere. Ma c’è una blasfemia che non può essere perdonata: quella di chi distrugge i poveri o impedisce (in qualsiasi modo) che Dio li salvi.
Questa è la blasfemia di cui viene accusato Gesù dicendo che libera gli uomini tramite la forza e l’aiuto del diavolo, per sottometterli ancor più al suo potere perverso. Ricordiamo che Matteo sta presentando questo elenco di peccati in un contesto di polemica verso i farisei, gli stessi che (Mt 12, 31) accusa di blasfemia, cioè di rifiuto della salvezza che Dio offre ai poveri per mezzo di Cristo.
Questa è la blasfemia, il peccato finale che nasce da un cuore cattivo, che non vuole che Dio salvi i poveri. Questa è la blasfemia distruttrice.
Guai a noi, Europei, che facciamo appello a un Dio nostro personale (o della ragione di stato e dell’economia “capitale”, capitalista) per non aiutare e accogliere i poveri che alla nostra porta ci lanciano richiami!
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* Xabier Pikaza Ibarrondo (12 giugno del 1941) è un teologo cattolico vicino alla Teologia della liberazione, nativo dei Paesi Baschi (Spahmo), ex religioso dell’Ordine della Mercede e sacerdote della Chiesa cattolica. A 31 anni è stato nominato professore alla Pontificia Università di Salamanca sino a 2003 quando si ritirò a vita privata, dopo aver dato le dimissioni dalla vita religiosa, per gravi contrasti con alcuni esponenti conservatori della Chiesa cattolica. Attualmente tiene conferenze e continua a scrivere libri di Teologia, Etica e storia religiosa e gestisce un blog di riflessioni religiose su http://blogs.periodistadigital.com/xpikaza.php
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Testo originale: Europa y los siete pecados capitales