Il disegno di legge Zan e la difficoltà della gerarchia cattolica di confrontarsi col nostro tempo
Lettere pubblicate nella rubrica “colloqui col padre” del settimanale cattolico Famiglia Cristiana del 18 luglio 2021, pag.6-8
Gent.mo direttore, sento il dovere di scriverle, come insegnante di religione, per rassicurarla su una serie di timori intorno al ddl Zan. E mi piace farlo considerando le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi alla Nota verbale della Santa Sede, che ha voluto rassicurare ricordando come tutti i disegni di legge attraversano un iter rigorosissimo nelle varie Commissioni parlamentari, tra le quali c’è sempre la Commissione Affari Costituzionali che ha lo scopo di verificare se il disegno di legge in discussione possa violare la Costituzione e, di conseguenza, anche i Patti Lateranensi, che della Costituzione sono parte integrante grazie all’art. 7.
Nessun timore, quindi, né di violazione dell’Accordo di Revisione del 1984, né della libertà di espressione. Ma il Presidente Draghi offre un ulteriore commento quando afferma che la laicità sia da intendere come tutela del pluralismo e delle diversità culturali, singolare notare come in queste parole echeggino quelle della Corte Costituzionale (sentenza n. 203 del 1989) che ebbe come oggetto proprio l’insegnamento della religione cattolica.
In quella occasione la Corte ebbe a definire la laicità non come indifferenza dello Stato verso le singole manifestazioni religiose o culturali, ma come salvaguardia del pluralismo. Ed è in virtù di questo pluralismo che si pone la tutela delle minoranze sessuali. Nessun liberticidio. Tutt’altro: la libertà di espressione viene tutelata (in questo caso doppiamente, avendo il ddl previsto un articolo specifico a salvaguardia). E vorrei rassicurare anche i colleghi delle scuole paritarie: grazie all’autonomia scolastica, le scuole potranno stabilire autonomamente di celebrare la giornata che verrebbe istituita.
Personalmente auspico che le scuole paritarie in particolare e i credenti in generale non perdano questa occasione per favorire la conoscenza reciproca e il dialogo con le minoranze sessuali, che se ne pongano all’ascolto e ne favoriscano la tutela. Perché ho l’impressione che stiamo perdendo l’ennesima opportunità.
Ci siamo raffinati sulla dialettica legislativa di cosa siano le aggravanti penali, abbiamo tagliato con il coltello le varie definizioni più o meno normative di omofobia o identità di genere, abbiamo alzato muri difensivi ricorrendo all’inviolabilità dei trattati internazionali, ma abbiamo perso quella che a me sembra una grande opportunità di confronto con la cultura contemporanea.
Se è questa, ed è questa, la grande paura non celata dalla Nota, che antropologie diverse da quella – cito -«che la Chiesa Cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa Rivelazione divina», tutti noi, come credenti e (nel caso del sottoscritto) come credenti impegnati in un ruolo di mediazione culturale e formativa non dobbiamo temere di confrontarci con le diversità.
Ritengo quindi auspicabile che il dialogo continui, non solo in Parlamento o nelle agorà socio-mediatiche, ma anche all’interno della Chiesa. Sulla scia dei contenuti della lettera di papa Francesco indirizzata al gesuita americano padre James Martin, sacerdote impegnato nella pastorale Lgbt (sono sempre di più le diocesi italiane che ritengono opportuno attivare questa specificità), nella quale ci viene ricordato lo stile del nostro approcciare le periferie, viene da chiedersi: quali sono le iniziative concrete che all’interno della Chiesa vengono messe in campo per evitare le discriminazioni!
Quali modalità di inclusione e quali opportunità di dialogo? Come insegnante di religione, spesso, il ddl Zan è all’ordine del giorno delle lezioni in classe e non posso permettermi di evitare il dialogo e l’approfondimento solo perché si ha a che fare con antropologie diverse da quella biblica. Come cattolico provo a offrire la mia testimonianza del volto accogliente di Cristo, come docente, in un’ottica culturale e non catechistica, non temo il confronto, anche acceso e non ne inibisco lo svilupparsi: se inclusivo e rispettoso, il dialogo non temerà di essere messo alla porta.
Pasquale Nascenti
Gentile don Rizzolo, ho letto le precisazioni di alcuni esponenti ecclesiali e laicali sulla libertà di espressione che il ddl censurerebbe. Ma è anche vero che se finalmente si mettesse un freno a tutte le mostruosità, anche lessicali, che si ascoltano sulle persone gay e trans, male non sarebbe. La libertà infatti finisce dove inizia quella di un altro, e due persone gay devono scendere per strada senza il ti-more di venire picchiati o insultati, denigrati o etichettati. Una legge da sola non basta, dice monsignor Paglia, e ha ragione: ci vuole anche educazione. Ma almeno è un gesto simbolico. Quello di non voler più accettare, da parte del nostro Stato, la violenza e la discriminazione Se la norma sarà liberticida, lo deciderà solo il tempo.
Irene Iacovino, docente