Il mio cammino cristiano per imparare a dire ‘sono gay’
Testimonianza di Tom tratta
sione. Quando avevo 17 anni, due o tre volte mi è capitato di guardarmi nello specchietto della mia auto gridando a me stesso: “Sei gay, non è vero?” per poi rapidamente gridare ancora più forte come risposta: “No! Non può essere vero“.
Lungo la strada, ci sono stai molti indizi che avrebbero dovuto farmi capire. Per esempio, non ho mai dato un appuntamento, baciato o fatto qualcosa di sessuale con una ragazza. Anzi, non ne avevo nessuna voglia, nemmeno per ragioni di facciata.
Una volta, una ragazza molto bella di nome Marie mi ha invitato a cena e poi al cinema, e così ci sono andato, come amico. Sono rimasto scioccato, arrivando scuola il lunedì, scoprendo che la gente pensava che avessi fatto qualcosa con lei: quel pensiero non mi era mai nemmeno passato per la testa, anche se spiegava perché avevo avuto l’impressione che lei volesse essere baciata da me quando l’ho riaccompagnata a casa.
Come ho potuto essere così incapace di capire?
A volte mi chiedo come ho potuto essere così incapace di capire, ma non sono sicuro che all’epoca sarei stato in grado di andare avanti, se lo avessi ammesso. Sono cresciuto a Texarkana, in Texas, che non è il posto più liberale e aperto del mondo! Non avevo mai incontrato un’altra persona che dicesse che lui o lei era gay.
Nessuno ha mai parlato di omosessualità, neppure in chiesa. Certo, mi era stato insegnato che la Bibbia la condannava, ma non riesco nemmeno a ricordare dove l’ho saputo. Era come se l’essere gay fosse così grave che le persone religiose non potevano nemmeno permettere che queste parole passassero attraverso le loro labbra oppure come se i gay proprio non esistessero.
Durante il mio primo anno al college, presso la American University di Washington, per la prima volta la mia corazza di autoinganno cominciò a incrinarsi. Un giorno, i miei amici stavano guardando l’ultima copia della rivista Sports Illustrated Swimsuit Edition, e rimasi inorridito nel rendermi conto che vedere queste belle donne in bikini non mi faceva assolutamente nessun effetto. Mentre il semestre andava avanti, mi resi sempre più conto che ero molto più interessato a diversi ragazzi della mia classe piuttosto che alle top model. Ci furono un paio di sere in cui non riuscivo a tenerli fuori della mia mente ed ero così tormentato dai sensi di colpa che mi sentivo come se il mio mondo stesse cadendo a pezzi.
La terapeuta
Non sapendo come affrontare la situazione, ho detto a una terapeuta della scuola che pensavo di essere gay. Speravo che mi dicesse che c’era una pillola che potevo prendere per far andare via questo fatto. Lei mi ha risposto che non c’era nulla che potessi fare per cambiare, così mi sono liberato di lei e ne ho cercata un’altra! Quest’altra mi ha detto che non avrei potuto saperlo davvero fino a che non avessi avuto una ragazza. Ora mi rendo conto che era un’affermazione ridicola, ma all’epoca questo era molto più vicino a quello che volevo sentirmi dire, così sono stato in grado di portare avanti il mio auto-inganno.
Altre circostanze avevano contribuito a rendere molto duro il mio primo anno al college. Così, l’anno successivo mi sono trasferito alla Texas University ad Austin (UTA) trovandola molto più piacevole. Quando ho lasciato la American University, credo di aver pensato in qualche modo che avevo lasciato a Washington le mie perversioni sessuali.
Non mi ricordo di essere stato altrettanto distratto, durante il mio primo anno ad Austin, dai ragazzi a scuola o dal pensiero di essere gay. Invece, ero tormentato da seri dubbi a proposito della mia fede. Mi ponevo domande, analizzando e rimuginando sul perché credevo in Dio e se Dio esisteva davvero, fino ad arrivare quasi a urlare.
Più tardi ho capito che a volte il dubbio è un modo per evitare di dover affrontare le conseguenze della fede; quindi, penso che la maggior parte dei dubbi su Dio fossero in realtà legati alla mia omosessualità. Dopo tutto, se mi fossi convinto che Dio (o almeno il Dio cristiano) non esisteva, allora non avrei dovuto più preoccuparmi tanto di essere gay.
L’Unione degli Studenti Battisti
Man mano che i miei dubbi crescevano, aumentava il mio attivismo religioso. Cominciai a frequentare con regolarità l’Unione degli Studenti Battisti. Pensavo che se solo avessi fatto finta di non avere dubbi, questi sarebbero scomparsi.
Più tardi, quello stesso anno, mi offrii anche come volontario per condurre uno studio della Bibbia; la motivazione, almeno in parte, era il pensiero che fare così mi avrebbe aiutato a trattenermi dal cedere alla omosessualità. Ironia della sorte, fu durante un ritiro dell’Unione degli Studenti Battisti che capii ancor più profondamente quanto le mie attrazioni fossero reali.
La prima sera, abbiamo rappresentato una Cena Pasquale e il celebrante ci ha chiesto di prendere le mani delle persone accanto a noi. Quando un ragazzo ha preso la mia mano, ho sentito quasi una scarica elettrica. Ripensandoci, sono sicuro che fosse gay per il modo in cui mi guardava: il semplice tocco della sua mano era così intenso che mi ha distratto per tutto il resto della cena.
Più tardi quella sera, mentre andavo a letto, la vista di un altro ragazzo nel letto accanto al mio che si spogliava ebbe su di me un tale effetto che mi resi conto che non sarei riuscito a tenere la mia omosessualità nascosta per sempre. Entro l’estate del 1995, ero arrivato alla disperazione e avevo bisogno di parlare con qualcuno. Ne parlai con il mio pastore della Chiesa Battista del Sud e ottenni da lui una risposta abbastanza buona.
Mi chiese se credevo in Gesù e nel fatto che Egli viveva nel mio cuore. Quando risposi di sì, mi disse che non c’era bisogno di ingigantire o di minimizzare il mio problema. Quando gli domandai cosa potevo fare per cambiare, mi diede quella che è stata la risposta più onesta che io abbia mai ottenuto da un cristiano conservatore. Dichiarò che non sapeva se c’era qualcosa che potevo fare, ma che avrei solo dovuto continuare a venire in chiesa, leggere la Bibbia, e pregare per mantenere viva la mia relazione con Dio. Dopo di che, io andai in chiesa ogni volta che le porte erano aperte, sperando profondamente che Dio avrebbe premiato la mia presenza fedele guarendomi.
Cercando di superare l’omosessualità
Più tardi quell’estate, parlai del mio problema con mia zia, perché uno dei suoi figli è gay e lei aveva più volte detto che egli poteva cambiare se avesse voluto. Io volevo disperatamente essere etero e così lei sembrava la persona ideale per aiutarmi a trovare il modo di diventarlo. Dopo i miei tentativi a Washington, sapevo che la terapia laica non mi avrebbe aiutato a sbarazzarsi della mia omosessualità.
Mia zia mi inviò a un gruppo di assistenza psicologica a Georgetown, noto come LifeGuard Ministries [Ndt: alla lettera ‘Ministri di Salvataggio’], il cui slogan era “Offriamo la libertà dall’omosessualità attraverso Gesù Cristo.”
Dopo il ritorno all’Università nell’autunno del 1995, cominciai a frequentare il gruppo di LifeGuard, ricavandone inizialmente molto vantaggio. Non posso dire che mi sia mai allontanato molto dai miei desideri omosessuali, ma LifeGuard mi ha almeno portato in un posto dove non mi odiavo così tanto e dove avrei potuto essere aperto e onesto con alcune persone su ciò che stava succedendo nella mia vita. Inoltre mi faceva sentire meglio il pensare che stavo attivamente perseguendo un obiettivo coerente con la mia fede, vale a dire, quello di diventare un “ex-gay“.
Per la prima volta, ero circondato da gente che ammetteva apertamente di condividere una lotta simile alla mia. Avere persone con le quali potevo discutere di argomenti spirituali e dei modi per “superare l’omosessualità” contribuì a liberarmi dal carico emozionale, ma in qualche modo questo rese le cose più difficili. Anche se avevo lottato a lungo con questi problemi, essi in precedenza non erano stati in primo piano nella mia mente. Stare al LifeGuard sembrava dar loro una nuova importanza nella mia vita e quindi spesso mi causava un maggiore senso di colpa e la sensazione di non riuscire a farcela.
Cambiare atteggiamento
Per quanto posso ricordare, non ci fu un evento specifico che mi fece iniziare a cambiare idea su LifeGuard. Intorno alla metà di gennaio 1996, però, il mio atteggiamento cominciò proprio a cambiare. Credo a quel punto, anche se ero grato di aver affrontato alcune questioni legate alla vergogna e alla segretezza, di essermi sentito molto frustrato.
Fra l’altro, la mia ritrovata capacità di essere sincero e realista con me stesso e con gli altri aveva portato ad una intensificazione dei miei desideri omosessuali. Poi, ai primi di febbraio, accadde che io ed un altro membro del gruppo LifeGuard ci innamorammo.
Poco tempo dopo, entrambi abbiamo smesso di frequentare, anche se al momento credetti che non fossero stati i metodi di LifeGuard ad aver fallito, ma piuttosto che la responsabilità era mia, dato che non stato abbastanza devoto. La decisione di smettere di frequentare LifeGuard, così come la storia con il mio ragazzo, mi resero la vita molto scomoda.
Quasi ogni giorno, mi sentivo come se ci fossero due grandi forze dentro la mia testa che erano continuamente in lotta tra loro: la mia omosessualità e il mio desiderio di vivere il tipo di vita a cui credevo che Cristo mi stesse chiamando.
Per molti anni, avevo cercato inutilmente di spegnere le mie inclinazioni omosessuali. Arrivato a questo punto, cominciai invece a cercare di spegnere Dio nella mia vita. Oltre ad abbandonare LifeGuard, smisi di frequentare la chiesa, di leggere la Bibbia o libri religiosi, di pregare, e perfino di ascoltare musica cristiana. Questo è stato penoso per me, perché tutto ciò era stato una parte importante della mia vita fin dall’infanzia.
La decisione di provare a tenere Dio fuori dalla mia vita mi ha procurato in verità molto dolore. Oltre al mio senso di colpa, ebbi anche una buona dose di condanna e di rimproveri dalla stessa zia che mi aveva tanto sostenuto in precedenza, quando ero disposto a trattare la mia omosessualità secondo le sue idee. Più volte mi ha detto che mi sarei distrutto continuando con quello ‘stile di vita’.
Anche appena qualche ora dopo il funerale di mia nonna, lei mi prese da parte e mi disse che la mia lotta era una battaglia per la mia anima e che dovevo pentirmi oppure affrontare la punizione eterna. Si rifiutava di capire che avevo provato centinaia di volte a ‘pentirmi’, ma che non ero mai diventato meno gay e né lei né nessun altro erano mai stati in grado di mostrarmi come farlo.
Nel gennaio 1996, mi ero trasferito in una grande casa con 13 studenti cristiani che avevano opinioni ortodosse in materia di omosessualità. Anche se tutti sapevano del mio orientamento, essi mi erano stati di supporto finché partecipavo a LifeGuard. Quando ho smesso di frequentare, non ci misero molto a scoprirlo.
Ben presto, il mio andirivieni li insospettì e io cominciai a sentirmi isolato nella casa. Sentivo come mi osservavano quando uscivo e mi lanciavano occhiate molto strane quando portavo altri ragazzi a casa – cosa che i miei amici etero non apprezzavano particolarmente! Dopo un paio di settimane di questo tipo di comportamento, ho capito che non ero più il benvenuto in quella casa.
Inoltre, dal momento che stavo comunque reprimendo i miei sentimenti, mi era sempre più difficile sostenere una conversazione con mia madre, per paura di raccontarle qualche fatto che avrebbe potuto rivelare il mio orientamento.
Onestamente, non mi piace mentire ed ero diventato evasivo al punto che non era quasi rimasto niente di serio di cui parlare. Noi due siamo stati sempre vicini, e la mia sessualità e le questioni che la circondano ha rappresentato probabilmente l’unico grande segreto che io abbia mai tenuto con lei. Non poter essere onesto con lei mi faceva stare molto male.
Spaventato
Avevo molta paura di dirle che cosa stava succedendo. Ricordavo bene una frase che una volta aveva detto a me e a mio fratello, quando avevo dodici anni: ci avvertì che avremmo potuto dirle tutto, eccetto che farle sapere che eravamo “strani” (NdT: strani = queer; ma nello slang americano “queer” equivale a “finocchio”). Parole come queste lasciano un’impressione indelebile su di un bambino che sa in qualche modo che esse lo riguardano in modo particolare, ed esse mi perseguitavano ogni volta che mi veniva la voglia di rivelarmi ai miei genitori. Anche se in fondo sentivo che essi in realtà mi avrebbero amato comunque, non potevo esserne sicuro e non ero disposto a scoprire il contrario.
In mezzo al tumulto emotivo causato dal mio orientamento sessuale, lo studio era diventato un fatto secondario: a volte non riuscivo neppure ad alzarmi al mattino da quanto stavo male. Un giorno, una professoressa mi chiamò nel suo ufficio e mi domandò cosa avessi; disse che la mia presenza in classe era stata sporadica e il mio lavoro lontano dal mio potenziale. Quando le risposi che era un periodo duro, perché avevo difficoltà a conciliare l’essere cristiani e l’essere gay, lei mi suggerì di sospendere la mia iscrizione all’Università in modo da non rischiare di rovinare definitivamente la mia carriera. E questo è stato uno dei migliori consigli che un professore mi abbia mai dato.
Libero dalla pressione della scuola, ho iniziato a lavorare a tempo pieno e a concentrare l’attenzione sul tentativo di dare un senso alla mia vita. Ho iniziato a incontrare alcune altre persone apertamente gay, conosciute attraverso il mio ragazzo dei tempi di LifeGuard oppure su Internet. Uno di loro mi ha portato un giorno in un negozio che vendeva cassette porno e una notevole varietà di libri gay. Guardando i libri, ho visto un libro intitolato “Che cosa davvero dice la Bibbia sull’omosessualità”.
Ero molto tentato di prenderlo per leggerlo, ma mi dicevo che era tipico della mia natura peccatrice il cercare di giustificare l’essere gay: ero convinto che Satana stesso mi avesse portato in quel negozio per indurmi a leggere il libro e perdere la mia anima. Dopo tutto, pensavo, cosa poteva vendere un negozio porno se non una falsa teologia? Alla fine, però, ho deciso di leggere il libro, solo per divertimento, per vedere come l’autore potesse pensare che l’omosessualità non era un problema secondo la Bibbia.
La lettura di quel libro ha avuto su di me un impatto totalmente inaspettato. I primi uno o due capitoli dicevano semplicemente cosa era la Bibbia e come interpretarle. Quella è stata probabilmente la prima volta che leggevo un discorso coerente che affermava che la Bibbia doveva essere letta nel suo contesto storico, piuttosto che alla lettera, come se fosse scritta oggi.
Quando ho finito il libro, non ero convinto, di per sé, ma avevo deciso che avevo sbagliato a credere che su questo argomento tutto fosse chiarissimo. Il libro di Daniel Helmaniak è riuscito a fare due cose che non pensavo fossero possibili: mi ha dato una prospettiva valida per l’omosessualità e per la Bibbia e mi ha dato il coraggio di continuare ad esplorare.
Coming out
Un paio di mesi più tardi, ho finalmente fatto il mio coming out con mia madre. L’ho fatto intenzionalmente, ma è comunque avvenuto sotto l’impulso del momento. Diverse settimane prima, le avevo detto che mi ero momentaneamente ritirato dalla scuola a causa dello stress intenso e lei aveva accettato il fatto e la spiegazione. Una sera, però, parlando al telefono lei disse qualcosa a proposito del mio ritorno a scuola il semestre successivo.
Le risposi che non ero sicuro che per allora sarei stato pronto a riprendere a studiare, perché volevo aspettare che l’agitazione della mia vita si calmasse. Lei si preoccupò, intuendo che ero angustiato da qualcosa di più dell’essere oberato di lavoro, e insistette per farsi dire cosa c’era che non andava. Esitai per qualche istante e poi decisi che era il momento giusto per dirglielo.
Anche se non è stato facile per lei ascoltare, mi ha detto fin dal primo momento che lei mi voleva bene e mi avrebbe sempre voluto bene. Per essere onesto, ci sono stati molti momenti di tensione, silenzi imbarazzati, e discussioni accese nei mesi che seguirono, ma i miei genitori mai una volta mi hanno trattato come qualcosa di meno che il loro figlio prediletto. Eppure, il ritmo del loro progresso spesso mi sembrava frustrante.
Io non volevo solo che i miei genitori mi amassero incondizionatamente, ma volevo anche che essi comprendessero e accettassero questa parte di me. Retrospettivamente, ora riesco a vedere che i miei genitori (soprattutto mia madre) in realtà hanno gestito la situazione molto bene e fatto notevoli progressi nella comprensione e accettazione, in particolare se si tiene conto della Chiesa, la cultura e la generazione in cui erano stati allevati. Al momento, però, davvero non capivo che anche loro dovevano elaborare col tempo tutti i problemi, proprio come avevo fatto io.
Poco dopo aver detto di me ai miei genitori, ho cominciato a frequentare la Chiesa Battista Universitaria UBC (che si era guadagnata notorietà per aver ordinato un diacono gay).
La UBC è stato per me un posto meraviglioso a quel punto della mia vita, e mi ha aiutato a colmare il divario tra la mia educazione battista e quella teologia che riconosce l’omosessualità. Lì ho incontrato molte persone meravigliose e sono molto cresciuto spiritualmente, attraverso le mie interazioni sia con altri cristiani gay sia con eterosessuali convinti.
Entro l’inizio del 1997, ero arrivato a un livello di relativa serenità. Non mettevo più in dubbio che fosse possibile per me vivere come cristiano apertamente gay, anche se avevo ancora molte domande a proposito di come farlo (per es.: è peccato fare sesso con qualcuno con cui hai una storia? e cose simili…).
Con il tumulto interiore calmatosi un po’, mi sono iscritto di nuovo all’Università e quel semestre ho avuto i voti migliori di tutta la mia carriera scolastica fino ad oggi. Ho continuato a conoscere nuove persone gay e sono diventato molto più tranquillo nel dire agli altri il mio orientamento sessuale. Non ero ancora visibile con tutti, ma ero sulla buona strada.
Ho cominciato a frequentare le riunioni di alcuni dei gruppi LGBT (lesbici, gay, bisex e trans) nel campus e a conoscere un numero sempre maggiore di persone gay. Dopo essere stato molto dibattuto, alla fine mi sono iscritto a uno di essi, conosciuto come University Alliance
Entro il semestre autunnale, ero diventato uno dei dirigenti della University Alliance ed ero responsabile per la logistica della maggior parte delle nostre riunioni. In tale veste, il mio nome è apparso più volte sul giornale degli studenti, il che di fatto ha messo fine ai miei giorni “nascosti”.
Naturalmente, le notizie viaggiano veloci nelle piccole città, così non è passato molto tempo prima che i ragazzi del mio liceo che erano alla mia stessa Università cominciassero a raccontare alle persone a Texarkana che ero gay. Questo in un primo momento ha messo a disagio i miei genitori, ma avevo deciso che non mi interessava chi lo sapesse. Avevo anche già detto di me a molti dei miei amici e anche ad alcuni dei miei insegnanti preferiti delle scuole superiori.
University Alliance
Ogni giorno, ero sempre più coinvolto nell’University Alliance e negli eventi gay nel campus. Alla fine di ottobre, il presidente si dimise e io fui scelto come suo successore. Insieme a questa nuova responsabilità è arrivata una visibilità sempre più vasta e non è passato molto tempo prima che io cominciassi a chiedermi perché mi ero preoccupato tanto che la gente scoprisse che ero gay.
Essendo venuto a patti con me stesso, ho visto l’University Alliance come un’opportunità per dare qualcosa a mia volta, in modo che altri non avrebbero dovuto sperimentare tutta la sofferenza che io avevo vissuto. Una delle più grandi gioie del mio servizio nell’University Alliance è stata l’opportunità di aiutare gli altri ad affrontare la loro paura, le domande e le lotte legate al coming out e / o alla religione.
Ho sviluppato diverse buone amicizie, sia tramite e-mail che attraverso rapporti personali. Posso fare i nomi di almeno tre persone sulla cui vita credo di avere avuto un impatto significativo, fornendo loro sostegno. Gli amici gay che avevo conosciuto nei miei primi coming out sono rimasti molto sorpresi dei cambiamenti avvenuti in me. Guardando indietro, mi sembra davvero abbastanza sorprendente la velocità con cui tutto questo è accaduto. Dopo tutto, in meno di 6 mesi sono passato dall’essere uno spaventato spettatore delle riunioni a essere quello che alcuni scherzosamente chiamavano “il gran finocchio del campus”.
Credo di aver aspettato così tanto per venire a patti con la mia sessualità in modo onesto che, quando finalmente l’ho fatto, ero deciso a non sprecare più la mia vita vivendo una menzogna. Per tutto quel tempo, ho continuato a lottare per capire come essere gay e cristiano nella vita quotidiana. Sempre di più capivo che, anche se ero molto amato nella UBC, la chiesa semplicemente non riusciva a mettere a fuoco il tipo di domande che erano importanti per me come giovane gay.
Il mio pastore della UBC mi ha spiegato che la sua Chiesa aveva iniziato solo di recente ad affrontare questo problema e mi ha suggerito che avrei forse potuto trovare un maggiore sostegno alla Metropolitan Community Church (MCC) di Austin. Ho cominciato a frequentare entrambe le chiese ogni settimana, apprezzandole entrambe per l’identità speciale di ciascuna di esse.
La trasformazione
I miei ultimi due anni al college sono stati pieni di eccitazione e di sfide allo stesso tempo. Sono stati giorni di attivismo, di auto-esame, e di crescita personale. Ho continuato nel mio ruolo di presidente della University Alliance, imparando molto su cosa fare e cosa non fare per guidare le persone, su come aiutare gli altri nella battaglia con la propria sessualità, e anche su di me e i miei talenti. Ho continuato a studiare e lottare con le domande su ciò in cui credevo e sul modo migliore per vivere la mia vita come uomo gay cristiano. In questo periodo ho anche sviluppato alcune amicizie e relazioni incredibili, arrivando a conoscere altre persone gay come non avevo mai fatto prima.
Quando mi sono laureato, nel maggio del 1999, potevo dire che durante i miei anni universitari la mia vita si era trasformata in meglio. Ero arrivato ad accettare me stesso e, anzi, a apprezzare il fatto di essere gay. Lontano dal buio e dal castigo che avevo temuto, ero uscito allo scoperto con parenti e amici e avevo ottenuto una risposta quasi totalmente positiva nel corso del tempo. Ad esempio, il giorno della laurea, la mia famiglia ha invitato il mio ragazzo a pranzo con noi. Avevo anche avuto l’opportunità di aiutare gli altri e di rendere l’Università di Austin un posto migliore per i futuri studenti lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
Dal profondo della mia disperazione nel 1993, non avrei potuto nemmeno immaginare la gioia e la pace e la completezza che avrei sperimentato in questi sei anni. Vedete, anche se molto di ciò che ho raccontato fino qui è un resoconto di tristi momenti di prova, da essi è scaturita la maggior parte delle benedizioni che adesso ho nella mia vita. Per alcuni, essere gay è una lotta di cui avrebbero fatto volentieri a meno.
Per me, essere gay è stata la più grande benedizione perché mi ha costretto a imparare e a fare tante esperienze che non avrei mai potuto fare altrimenti. Forse la più importante di queste lezioni è stata che, in tutto quello che ho affrontato, Dio è stato con me e ha utilizzato ciascuna di queste situazioni per portare nella mia vita una pienezza e ricchezza che mai avrei potuto immaginare.
Il mio augurio per te
Se tu, che adesso leggi, stai lottando con la tua sessualità, spero che la mia esperienza ti abbia dato qualche speranza. Ricordati che non importa dove sei, o quello che hai fatto: Dio non ti ha mai lasciato e non ti lascerà mai. Il viaggio può non essere sempre facile, ma Dio sarà sempre fedele. Se tu non ti arrendi, Dio ti porterà in luoghi che tu non hai mai neppure sognato fossero possibili.
La mia preghiera è che tu possa sperimentare l’amore e la grazia di Dio nella tua lotta, così che guardando indietro con meraviglia e stupore tu possa dire: “Gli anni che ho combattuto con la mia sessualità sono stati i più benedetti della mia vita, perché da loro è scaturita una ricchezza e una completezza di vita non avevo mai nemmeno immaginato“.
Dio è pronto a incontrarti durante il tuo viaggio e a trasformare la tua vita. Possa tu avere la fede e il coraggio di accoglierLo oggi stesso!
Testo originale: Coming out story from a christian gay man