Il Nobel sudafricano Desmond Tutu: “La chiesa è ossessionata dai gay”
Articolo di Michele Farina tratto dal Corriere della sera del 19 novembre 2007
Desmond Tutu, simbolo della lotta all’apartheid e arcivescovo (in pensione) della chiesa Anglicana in Sudafrica, fustiga la sua chiesa sull’omosessualità perché “ha mancato di mostrare che Nostro Signore è accogliente” e così “mentre Dio piange davanti alle atrocità che noi esseri umani ci scambiamo la nostra Chiesa, specialmente la Chiesa Anglicana, di questi tempi è quasi ossessionata dalle domande sulla sessualità" e di fronte a chi “crede che l’omosessualità sia una scelta” l’anziano Arcivescovo ricorda che è una sciocchezza. Una persona deve essere pazza “a scegliere di essere gay e a vivere una vita che ti espone all’odio. E’ come scegliere di essere nero in una società razzista". Parole forti che fanno riflettere.
Desmond Tutu, 76 anni, arcivescovo (in pensione) della chiesa Anglicana in Sudafrica, dal 1955 sposato con Leali, 4 figli cresciuti nelle scuole non proprio chic dello Swaziland, Nobel per la pace 1984 per la sua pacifica lotta contro l’apartheid, è uno dei religiosi più popolari al mondo.
Sempre sorridente malgrado la lotta decennale contro un tumore alla prostata, simpatico come il Dalai Lama, concreto quanto l’amico Nelson Mandela, Tutu dice raramente di no: ha appena accettato con entusiasmo la piccola nomina a patrono del Braai Day, il giorno del barbecue, perché crede che «anche la passione Interrazziale per le salsicce all’aperto possa costituire un collante sociale in un Paese diviso».
Se Dio ha un sogno ricorrente (l’ultimo libro di Tutu s’intitola “God has a dreant”) dev’essere quello di una famiglia umana «che accoglie tutti».
Per questo l’accusa che Tutu rivolge a Rowan Williams dai microfoni della BBC Radio 4 (intervista in onda il 19 novembre 2007) ) non poteva essere più dura: l’arcivescovo di Canterbury, faro della Chiesa d’Inghilterra, «non ha saputo mostrare il volto accogliente di Dio».
«Mentre Dio piange davanti alle atrocità che noi esseri umani ci scambiamo – dice Tutu – la nostra Chiesa, specialmente la Chiesa Anglicana, di questi tempi è quasi ossessionata dalle domande sulla sessualità».
Mentre «il mondo soffre di povertà, Aids, guerre», la Chiesa «spreca energie» discutendo se accettare «sì o no i preti gay». Sì, dice Tutu. «Dio accoglie tutti». Fine del dibattito.
La Chiesa Anglicana – nata dopo lo scisma di Enrico VIII che allontanò Londra da Roma e oggi terza confessione cristiana con 77 milioni di fedeli sparsi per lo più nel mondo anglosassone – si è dimostrata «straordinariamente omofobica».
Tutu si riferisce allo scontro tra progressisti e tradizionalisti cominciato con il caso di Gene Robinson, il gay americano consacrato vescovo in New Hampshire nel 2003. Soltanto due mesi fa lo scisma è stato scongiurato grazie a una soluzione di compromesso (stop alla consacrazione di preti e vescovi gay tra gli Episcopali degli Stati Uniti) a cui ha lavorato soprattutto il primate di Canterbury, considerato primus inter pares tra gli arcivescovi a capo delle Chiese Anglicane nel vari Paesi.
Tutu, primo nero a ricoprire questa carica in Sudafrica (dall’86 al ‘96), ribadisce alla Bbc il suo più totale disaccordo su una linea che definisce «estremamente omofobica»: «Ho provato tristezza e vergogna».
E adesso cosa prova, gli chiede l’intervistatore, risponde «Se abbiamo intenzione dl accogliere le persone in base alle loro preferenze sessuali, allora continuo a provare vergogna». Tutu ce l’ha con i «conservatori» e con chi «crede che l’omosessualità sia una scelta».
E se fosse? «E’ una tesi perversa – attacca l’arcivescovo emerito di Città del Capo, che alla caduta dell’apartheid nel ‘94 Mandela volle a capo della Commissione “Verità e Riconciliazione” – devi essere pazzo a scegliere di essere gay, vivere una vita che ti espone all’odio. E’ come scegliere di essere nero in una società razzista».
In passato (da ultimo nel gennaio 2007 al Social Forum di Nairobi) Tutu ha spesso equiparato «l’omofobia» al «razzismo». Alcuni anni fa fece rumore il suo attacco al Vaticano, contrario al preservativi per combattere l’Aids. Adesso e l’ossessione» ecclesiastica su «omosessualità e cosiddetta normalità» a farlo tuonare.
Questione di libertà o di natura, il sesso «non dev’essere motivo di esclusione». La Chiesa si occupi dei problemi veri. Il barbecue day è più importante della diatriba sul vescovo omosessuale. «Se Dio fosse omofobico, io non potrei venerarlo».