Il pane calpestato a Torre Maura
Riflessioni di Massimo Battaglio
Roma, Torre Maura, 2 aprile 2019. La popolazione locale si coalizza contro i rom e calpesta il loro pane.
Mia nonna faceva il pane in casa. Faceva il pastone, lo divideva a pezzi, ciascun pezzo una pagnotta. Li segnava con una croce e li allineava su una tavola che poi portava al forno. Lo faceva il sabato e doveva durare tutta la settimana. Otto pagnotte: sette per la famiglia, una al giorno, e l’ottava da portare a una persona da lei indicata.
L’incarico di recapitare l’ottava pagnotta a destinazione spettava a un nipotino. Anch’io l’ho ricevuto qualche volta. La nonna non ci spiegava il motivo. Avremo capito a suo tempo che era il pane dei poveri.
Per la nonna era gravissimo sprecare il pane, lasciarlo cadere, anche solo posarlo a tavola con la croce verso il basso. Figurarsi se avessimo calpestato il pane dei poveri!
Sono passati cinquant’anni da quei sabati ma ieri, quando ho appreso questa notizia, mi è venuto un brivido che non è ancora passato.
Obiezione: ma gli abitanti di Torre Maura sono a loro volta poveri, esasperati da una politica che non si occupa di loro. Eh no! Poche scuse per favore. Anche mia nonna era piuttosto povera. I ricchi, il pane, se lo facevano portare dal panettiere. Ma proprio perché conosceva la povertà, mia nonna aveva imparato la solidarietà. Le due cose stanno insieme e, se separate, non possono sussistere. Povertà e aiuto reciproco convivono benissimo, almeno finché qualche sobillatore arriva a spezzare questa catena accendendo l’odio. Normalmente, il sobillatore è di destra; mandato da chi non ha nemmeno bisogno di mangiare pane. Normalmente è piuttosto povero a sua volta ma si è lasciato comprare da chi, povero, non è.
Usare i poveri mettendoli contro altri poveri per proprio tornaconto politico, è un “peccato” grave quanto quello di calpestare il pane. Il pane dei poveri.
Cosa c’entra questa cosa con il rapporto fede-omosessualità?
C’entra. Perché le stesse persone che istigano a calpestare il pane dei poveri, sono quelle che a Verona hanno istigato a contrapporre famiglie tradizionali e famiglie nuove. Come se le une escludessero le altre. Come se entrambe non meritassero maggior attenzione dalla politica.
Ieri a Roma si è consumato un sacrilegio sociale contro i rom e contro il loro pane. Ma, quotidianamente, assistiamo alla violazione sacrilega dei diritti di qualunque minoranza, compresa quella lgbt. E la logica è sempre la stessa: trovare un caprio espiatorio che si carichi delle inefficenze dei potenti, e colpirlo in ciò che ha di più caro, di più sacro.
Ma davanti a Dio non c’è lo zingaro contro i borgatari o il gay contro la madre di famiglia. Ci sono tante persone uguali, ugualmente offese nella dignità. Ieri si è sentito urlare: “il vostro pane offende il nostro quartiere”; da sempre noi ci sentiamo dire: “la vostra omosessualità offende la fede. Scegliete: o una o l’altra”.
E invece no. Noi persone lgbt non abbiamo nessuna intenzione di “scegliere”. Una cosa buona non esclude l’altra. I miei diritti non escludono i diritti del mio vicino.
Noi persone lgbt non possiamo non indignarci per tutto quest’odio. E’ lo stesso odio che ha sempre riguardato anche noi. E noi lo odiamo. Non possiamo essere razzisti, sovranisti, che calpestano i poveri e il loro pane.
Noi che sappiamo cos’è la violenza per averla vissuta, aborriamo queste logiche. Aborriamo la violenza. Che sia violenza contro le persone, contro le loro comunità o contro il loro pane, non ha giustificazioni.