Io lesbica credente e la mia lotta, non violenta, contro l’omofobia
Intervista di Kara Speltz tratta da soulforce.org, tradotta da Roberto Pavan di Newsletter Ecumenici
Vi presentiamo una donna speciale. Ha 65, lesbica e cattolica, ma da 15 anni è impegnata nella lotta non violenta contro la violenza omofobica dei rappresentanti di tante chiese.
Ma aggiunge che prima bisogna comprendere che “la persona che è contro di te è anch’essa figlia di Dio, quindi Dio ama anche lei e ha una verità da insegnarci”. Come dice una canzone dei Beatles “quando accettiamo questo, noi siamo veramente figli di Dio e possiamo poi portare il nostro cambiamento all’esterno”.
Cos’è Soulforce?
Soulforce è un’organizzazione di persone comuni che si è riunita per la prima volta nel 1999 in risposta alla propaganda all’odio che proveniva apertamente da alcune figure religiose.
La prima uscita pubblica fu nel 1999, eravamo in 200, durante la protesta contro Jerry Falwell (reverendo statunitenze fortemente omofobo ndr).
Come sei entrata a far parte di Soulforce? Qual è il tuo background?
Mia mamma è cattolica di nascita e anch’io sono stata educata così, ma ho abbandonato la chiesa per 25 anni, delusa per molte ragioni, sicuramente il fatto di essere lesbica ha contribuito molto. Tuttavia 15 anni fa mi sono riavvicinata alla chiesa cattolica, un po’ più coinvolta di prima.
Anche dopo aver riflettuto sul libro “Stranger at the gate” di Mel White, un libro che mi ha colpito molto. Racconta la storia personale del processo di coming out dell’autore.
E come riuscì a scoprire di essere gay e di dover far fronte a questo… dopo averlo letto, cosa successe?
Lo lessi proprio quando mi dichiarai per la prima volta. Cominciai a comunicare con Mel White. A Marzo ci incontrammo a Sacramento e cominciai a lavorare per Soulforce per organizzarci per Lynchburg.
Lynchburg è stato un momento interessante per l’incontro tra due opinioni diverse…
Pensavamo che lo fosse. La cosa più triste fu dopo. Jerry (Falwell) ci promise di attenuare i toni aspri della sua battaglia anti-gay ma fece circolare un nastro del nostro incontro nella sua chiesa in cui fece fotomontaggi con le nostre facce (per esempio fece apparire il sacerdote con la faccia di Michael Jackson). In più affermò che al termine della funzione noi gli avremmo chiesto di “unirsi” a noi…
E’ orribile! Dopo questo fatto, come sei andata avanti?
Quando tornai in California da Lynchburg venni a sapere che il Vescovo aveva dispensato 240 mila dollari per la proposta 22, cioè la difesa dell’atto matrimoniale. Capii allora che il problema non era solo Jerry Falwell ma tutte le chiese si stavano ben organizzando per le loro campagne. E questo mi spinse a lottare in maniera non violenta per portare il cambiamento.
In che senso, in maniera non violenta?
Nel senso che quello che ho imparato da Soulforce è che dobbiamo riconoscere che anche i nostri avversari sono figli di Dio e che anche loro hanno un po’ di verità che noi siamo tenuti ad ascoltare. Forse è proprio questa la cosa più difficile. Allora per prima cosa il cambiamento deve avvenire interiormente, questa è una cosa che molti che si dicono “contro la guerra” non riescono a capire.
Mi fai un esempio?
Si, ce n’è uno proprio recente. Quando un prete fu arrestato per molestie, nel San Francisco Chronicle apparve una lettera di un altro sacerdote che accusava il cappellano, il quale aveva denunciato la molestia, di essere un disgraziato, di aver tradito il Vangelo, di farlo solo per i soldi. Questo è un atteggiamento molto violento. Emozionalmente, spiritualmente. Ed è importante essere non solo fisicamente non-violenti, ma anche spiritualmente. E’ così che accadono i cambiamenti.
E che genere di proteste non-violente propone Soulforce?
Il più recente è la nostra partecipazione alla convention dei Southern Baptist a Saint-Louis. Partecipano messaggeri da ogni parte del paese, anche se la loro funzione è stare ad ascoltare i vari incaricati e non ribattere mai. Noi siamo venuti in contatto con ognuno di loro, gli abbiamo spedito lettere con le nostre storie ma nessuno ha mai risposto. Ovviamente non ci riconoscono come figli di Dio. Così ogni anno siamo lì!
Allora lì che fate? Vi sedete in ultima fila ad aspettare?
No, ci sediamo a coppie sparse nella platea prima che la convention inizi. Poi quando i vari incaricati cominciano a parlare, ci alziamo per attirare l’attenzione e ribattere sulle falsità che predicano. L’ultima volta fummo tutti arrestati.
Parlami dell’arresto.
Fui trattenuta in cella per 10 ore e ci rimasi molto male. La cosa più terribile che fummo tutti acusati per crimini di odio, quando volevamo solo parlare di amore con i nostri fratelli e sorelle alla convention. Ci ammonirono che, se avessimo fatto di nuovo un’azione del genere, ci sarebbe costata la galera per due anni. Ma questo non ci ha fermato.
Neanche 2 anni di prigione?
No, perché la nostra gente muore! Come quel gay attivista di 20 anni che era diventato cristiano e poi si è ucciso lasciando un biglietto con scritto “Mio Dio, non so come risolverla la mia situazione!”. Non possiamo permettere che la violenza spirituale continui. Se anche passassi due anni in prigione ne varrebbe la pena per salvare i giovani ma non solo, tutte le persone che affrontano il loro processo di coming out.
Infatti i tassi di suicidio tra i giovani gay, lesbiche, bisex e trans (glbt) sono 3 volte superiori a quelli dei loro coetanei eterosessuali. Conosci qualche dato per le persone adulte?
No, non ti saprei dire dati precisi sul tasso di suicidio tra le persone più mature. Ma ti posso dire che qualche giorno fa ho ricevuto un messaggio da una donna di 50 anni che mi diceva che tre giorni prima stava in macchina ai bordi di un dirupo perché non sapeva proprio come andare avanti. Quindi, se posso salvare una vita, vale la pena farsi la galera.
Cosa ti aspetti da Soulforce in futuro?
Abbiamo già programmato di tornare a Lynchburg perché Jerry non ha mai smesso i discorsi di odio anti-gay. Non ha ancora capito che non siamo responsabili dell’11 settembre. Guarda, la mia reazione,quando proclamò che la colpa (dell’11 settembre) era dei gay, che avevano fatto arrabbiare Dio contro gli U.S.A., fu quella di chiedermi: ma perché non arrabbiarsi con l’Olanda allora visto che lì i matrimoni gay sono legalizzati?!
A parte gli scherzi, quando pensate di approdare sullo scenario internazionale?
L’abbiamo già fatto. In occasione della conferenza internazionale dei vescovi cattolici, siamo stati quattro giorni a Roma, per il cardinale Ratzinger e per Papa Giovanni Paolo II. Gli ultimi giorni stazionammo per 46 ore a Piazza S. Pietro col nostro sit in. Ma non ci arrestarono questa volta.
Perché?
Non saprei. Sapevamo per certo che il Papa ci vedeva dato che eravamo proprio sotto la sua finestra. E sapevamo anche che la polizia di Roma era in costante contatto con il Vaticano. Molta gente di Roma si unì a noi, ci furono tre o quattro persone che fungevano da interpreti per raccontare le nostre storie. E distribuimmo a tutti queste croci, fatte a mano dalle mamme del PFLAG, ne sono state fatte 5000 in tutto.
Una di loro era una delle arrestate a Saint-Louis ed era il giorno del suo anniversario di matrimonio con il marito che era lì anche lui. E’ una tipa molto dura e determinata. Infatti noi diciamo sempre che per fare azioni di protesta bisogna avere almeno un’esperienza di arresto alle spalle.
Perché?
Perché dobbiamo conoscere il sistema a fondo, e capirlo per intraprendere azioni di protesta. E’ molto facile infatti che le persone entrino in giudizio e spesso gli interrogatori vengono condotti separatamente.
Allora che tipo di training ci vuole per un’azione delle vostre?
Di solito trascorriamo un giorno intero di training prima, parlando dei principi della non-violenza, che la persona con cui parliamo non è un nemico, preghiamo anche se non siamo tutti cristiani, ma siamo tutte persone di fede. Facciamo giochi di ruolo per simulare le parti, alcuni della polizia collaborano con noi per aiutarci.
Insomma un giorno intero di preparazione perché la non-violenza non è facile. C’è bisogno di disciplina e auto-consapevolezza. Chiediamo a chi è con noi di leggere i 4 passi della non-violenza.
Quali sono?
Accettare che sei un figlio di Dio e che Dio ti ama come sei; che la persona che è contro di te è anch’essa figlia di Dio, quindi Dio ama anche lei e ha una verità da insegnarci (e questo è molto difficile perché Jerry Falwell è una persona così negativa che ho dovuto pregare per lui prima di affrontarlo).
La cosa più bella di Soulforce è la guarigione e la trasformazione della propria anima. Come una canzone dei Beatles che diceva più o meno la stessa cosa. Era una canzone profetica. E quando accettiamo questo, noi siamo veramente figli di Dio e possiamo poi portare il cambiamento all’esterno.
E gli altri due passi alla non-violenza?
Oh, scusami ma ho 65 anni! Proprio non mi vengono!
In ogni caso le cose più importanti ce le hai trasmesse…
Abbiamo stampato questi passi su dei cartelli che teniamo durante le proteste. Una storia divertente fu a New Orleans alla convention dei Southern Baptist. C’era un uomo nuovo nel gruppo.
Costui, dopo essere stato attaccato dall’interlocutore, si sedeva e si rileggeva questi precetti di Soulforce. Fu lui ad insegnarmi la non-violenza più di tutti.
Da dove vengono questi principi? Li ha inventati Mel White?
Non proprio. Mel fece un pellegrinaggio con il nipote di Gandhi nei luoghi toccati dalla predicazione di Gandhi stesso. Quando tornò integrò questi insegnamenti con quelli di Martin Luther King, in modo che le persone LGBT potessero usarli per portare quei cambiamenti che cercano.
Allora la discendenza di Gandhi vi ha aiutato. Ma con quella di King come è andata?
Per esempio Yolanda King venne con noi ad una nostra azione di protesta e Arun Gandhi fu arrestato per la prima volta nella sua vita, proprio con noi! Una cosa straordinaria se ci pensi. In ogni caso Yolanda ci ha sempre detto che suo nonno ci avrebbe sicuramente capito.
Kara, hai qualche rimorso?
Nessuno. Spero solo che sempre più persone si uniscano a noi perché abbiamo una strada ancora tanto tanto lunga da percorrere.