«Io sono perché noi siamo». Perché nessun giovane cristiano LGBT si senta più solo
Riflessioni di Carmine del Progetto Giovani Cristiani LGBT
Carissimi, il ventunesimo secolo è dedicato all’informazione piuttosto che alla formazione. Siamo continuamente bombardati da notizie di ogni genere che sembrano arricchirci ed aumentare il nostro grado di conoscenza, ma in realtà durano lo spazio di un articolo inutile su come i pinguini cacciano le aringhe e a loro volta di come loro siano cibo per le foche.
Diventa difficile interiorizzare e vivere una dimensione profonda dell’essere umano, quella dimensione più relazione, meno individualistica, quella parte insomma che si apre agli altri in tutta la sua magnificenza.
Ogni esperienza di vita, anche la lettura di un articolo di giornale, dovrebbe avere la possibilità di essere interiorizzata. Quando ciò avviene, si perdono categorie e si abbattono confini perché la verità, quella trovata con fatica, è più gustosa.
Questa premessa per chiedervi di interiorizzare ora qualcosa che ben si adatta al nostro faticoso percorso di ricerca della verità e, soprattutto, che ben si coniuga con la nostra capacità relazionale di formare una famiglia così tanto larga da permettere a tutti di avere un posto ed un ruolo. Vorrei parlarvi, infatti, del concetto di UBUNTU.
Questa parola, diffusa nella cultura africana sub-sahariana fa capo ad una vera e propria etica in cui al centro è posta la comunità che ne fa parte. Significa: «Io sono perché noi siamo».
Senza mai perdere il proprio “io” al centro della nostra esistenza, vi chiedo di riflettere su questa breve frase. Avete mai vissuto questa dimensione nei nostri incontri? Vi ritrovate nella capacità di fare comunità?
La strada percorsa con voi è capitata in un momento così particolare e delicato della mia vita, che ogni volta mi accorgo in maniera sempre nuova di come il vostro sostegno sia stato fondamentale per non farmi cadere, per sconfiggere stereotipi e per abbassare le mie barriere.
Con voi ho tolto un’armatura d’oro di perfezione, costruita ad hoc per nascondermi dal mondo, per vestire, in fine, di umanità, con errori e virtù. Voi siete stati il mio Ubuntu nel percorso che mi ha portato ad essere me stesso, anche se la strada per scoprirsi è ancora lunga.
So che per raggiungere questi obiettivi ho bisogno proprio dell’altro, perché tramite le altre persone posso scoprirmi; tramite voi la mia esistenza si apre davanti ai miei occhi e si intreccia con la vostra.
Certo non è mai facile avere a che fare con gli altri, a volte si ha bisogno di prendersi del tempo per curare il sé, per rimanere soli. Ma la comunità serve anche a questo, a capire quando dobbiamo curarci più di noi stessi, quando siamo noi ad avere bisogno di aiuto e a non rimanere isolati.
Per essere ancora più UBUNTU, abbiamo così pensato di istituire un fondo attraverso la Tenda di Gionata, dedicato a noi giovani studenti e ragazzi squattrinati; l’Italia è lunga e incontrarsi può risultare faticoso quando, come me, si campa di ripetizioni a simpatici ragazzini che non hanno alcuna voglia di scoprire le incognite delle disequazioni o, peggio, di fare grammatica italiana!
Questo fondo sarà dedicato ai ragazzi del Progetto Giovani Cristiani LGBT, per tutti i nostri incontri, per tutti i nostri ritiri, per rendere accessibile e facile ogni occasione utile a formare famiglia, a non lasciare soli, per sostenere e proteggere anche chi non ce la fa.
Se vi è piaciuta questa categoria di pensiero, se vi stuzzica essere un po’ più UBUNTU, allora questo è un modo di avvicinarci per accorciare le distanze.
Grazie per la vostra presenza, per le vostre azioni, per la familiarità.