La chiesa per la comunità LGBT dovrebbe essere un luogo di amore e non di paura
Riflessioni della Transgender cristiana Bobbie Lang pubblicate sul blog Trans Girl at the Cross (USA) il 31 marzo 2014, liberamente tradotta da Giulia B.
Per qualsiasi bambino che sta passando attraverso l’adolescenza, la vita può essere una sfida piena di nuove scoperte e rivelazioni che a volte possono portare a compiere passi falsi o a prendere direzioni sbagliate. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi, vi è un genitore o un mentore che può aiutarli e accompagnarli in quel percorso di esplorazione fatto di misteri e riti di passaggio. Tuttavia, per un bambino che sta lottando con la confusione di genere, questo viaggio può essere estremamente intimorente, e spesso non c’è nessuno a cui rivolgersi, né un posto in cui andare per trovare delle risposte o almeno un supporto emotivo per quel conflitto interiore che si sta affrontando.
“Qual è il mio posto accanto a Dio, e come ciò influenza il piano che Lui ha per me?”Questo è un quesito che io e molti altri affrontiamo, insieme ad altre domande concernenti la sessualità, l’orientamento sessuale e la pubertà. Sfortunatamente per molti nella comunità LGBT, troppo spesso i luoghi di culto non sono dei luoghi di rifugio che offrono un’amorevole guida, ma appaiono piuttosto come ostili fortezze dove chiunque non ricada nei precetti della dottrina tradizionale è spesso respinto o , peggio ancora, cacciato.
Per tutta la mia infanzia e l’inizio dell’età adulta ho lottato con queste domande. Tuttavia sapevo anche che non avrei trovato alcuna buona indicazione nella consulenza di un pastore, né empatia da parte dei membri della chiesa. Mi sentii sola e isolata, e le mie domande e la mia confusione poterono solo peggiorare. Poi, alla fine, dopo essere sopravvissuta a due tentativi di suicidio, mi arresi e decisi di effettuare la transizione. In quanto donna sentivo il fervente desiderio e la determinazione ad essere una donna devota, ed in ogni cosa rendere gloria a Dio.
Trovai un nuovo luogo di culto e presto mi fu chiesto di condurre alcune attività che la chiesa svolgeva nella comunità e a favore di essa. Ciò nonostante ero ancora incerta sul fatto che fossi effettivamente all’altezza del piano che Dio aveva in serbo per me e la mia vita. Nel momento in cui diventai meglio conosciuta all’interno della comunità come una donna devota e una persona che amava Dio con tutto il suo cuore, mi sentii finalmente abbastanza a mio agio per confidarmi con lo staff pastorale riguardo al mio passato e chiedere di poter avere un compagno di preghiera per far sì che il Signore mi rivelasse così il Suo piano divino e desse la giusta direzione alla mia vita.
Non stavo chiedendo delle “risposte” o un “giudizio” direttamente da queste persone, ma solo che mi aiutassero attraverso la preghiera. Tuttavia il giudizio è ciò che ebbi in cambio, dal momento che venni esclusa dalla comunità e non mi fu più permesso di essere parte delle attività a favore della comunità, né dei gruppi di preghiera. Non mi era permesso condividere con gli altri i doni spirituali che Dio mi aveva dato con piena fiducia. Venni messa in un angolo e ignorata. Non ero stata espulsa dalla congregazione, ma non mi era permesso essere parte della famiglia di Dio.
Dopo quanto accaduto ho capito di che cosa parlava Gesù Cristo. Nel Vangelo secondo Matteo, Gesù metteva solennemente in guardia tutti quelli che lo seguivano riguardo a ciò che si trovava nelle scritture, e i Farisei che credevano di avere un posto legittimo sulla sedia di Mosè. Questi ultimi ordinavano alle persone di osservare le leggi, ma “Difatti, legano de’ pesi gravi e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li voglion muovere neppure col dito” (Matteo 23:4).
Questo è ciò che avvenne per tre volte, in tre chiese diverse, nel corso di quattro anni. Alla fine rifuggii la chiesa e per i successivi sedici anni fui costretta ad adorare e cercare Dio attraverso lo studio privato della Bibbia e funzioni, anch’esse private. Se non fosse stato per quella spiritualità che si era radicata in me nel corso dell’infanzia, mi sarei allontanata da Dio e mi sarei perduta nel peccato. La visione di tutte quelle persone nella comunità LGBT che non hanno avuto la possibilità di conoscere l’amore di Dio in tenera età mi ha perseguitata a lungo, e negli anni successivi all’esilio dalla chiesa la mia compassione nei confronti di queste persone è cresciuta.
È mio grande desiderio che i vertici della Chiesa offrano un rifugio a tutti gli individui che cercano di capire il piano che Dio ha in serbo per loro, indipendentemente dal fatto che essi siano parte della comunità LGBT. Dovrebbe essere l’obiettivo di ogni chiesa quello di aprire le sue porte e il suo cuore a tutti indistintamente e istruirli con l’immortale e amorevole parola di Dio, e non di legarli ai dogmi e ai precetti comunemente percepiti.
Ogni luogo di culto dovrebbe rappresentare tutto ciò che Gesù Cristo incarna. Dovrebbe insegnare l’amore di Dio, restando saldamente connesso alle verità della Sua parola. Dal momento in cui Dio mi apre porte e strade che mi permettono di parlare prima di pastori e congregazioni, Lui mi ha dato l’emozionante opportunità di presentare una nuova e diversa immagine della comunità LGBT ai componenti della chiesa e delle varie comunità religiose.
La sovraesposta immagine negativa che mal ci rappresenta, e che è prevalsa negli insegnamenti della Chiesa, ha arrecato grande danno alla nostra comunità. È necessario che gli altri ci vedano per quello che siamo: brave persone, persone comuni, ognuno di noi che tenta di trovare il suo posto accanto a Dio, ognuno di noi con le sue proprie battaglie e ognuno di noi che si rivolge al Redentore perché ci indichi la giusta strada da intraprendere. Quando fu chiesto a Gesù quale dei comandamenti fosse il più importante, Egli rispose che il primo è “Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile ad esso, è: Ama il tuo prossimo come te stesso”(Matteo 22:37-39).
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* Bobbie Lang è autrice della sua autobiografia “Transgender Christians in Chains” (“Transgender cristiani in catene”). Vive sulle sponde di un lago nella splendida regione del Texas Hill Country (Texas), con due pigri gatti e Kate, una cagnolina pazza che pensa di essere un canguro. Bobbie è pienamente coinvolta in qualità di sostenitrice della comunità transgender e si impegna attivamente per costruire un ponte tra la chiesa e la comunità LGBT.
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Titolo originale: The church should be a place of love not fear for the LGBT community