La messa in latino un altro modo di concepire la Chiesa che la celebra
Riflessione di don Paolo Aglietti tratta da Castello7 del 7 ottobre 2007
Papa Benedetto XVI ha reintrodotto, accanto al nuovo Messale (ovvero il libro che serve per la celebrazione della Messa), anche il vecchio Messale di Pio V con le sue rubriche, le sue introduzioni e le sue letture. Ma cambiare il Messale non è cambiare solo il modo di dire messa o la lingua in cui la si celebra, ma significa scegliere un altro modo di concepire la Messa e la Chiesa che la celebra.
Si è fatto un gran parlare della "novità" della Messa in latino. Così si sono espressi i giornali e le televisioni dando un'informazione sbagliata sul documento "Summorum Pontificum" con il quale papa Benedetto permette in alcuni casi la celebrazione della Messa secondo il Messale di Pio V, riformato da Giovanni XXIII.
Quando si parla di Messale si intende ovviamente il libro che serve per la celebrazione della Messa e al quale oggi va aggiunto il "Lezionario", cioè il libro che contiene le letture per tutte le celebrazioni nelle varie occasioni e festività.
Il Messale però non contiene solo i testi, ma anche tutte le indicazioni che regolano la celebrazione, dette rubriche, perché scritte in caratteri di colore rosso (in latino rosso si dice appunto ruber), oltre a una serie di "introduzioni" dette praenotanda che spiegano il significato e il senso del rito e del celebrare. Queste rubriche e queste introduzioni sono parte essenziale del Messale perché trasmettono la teologia che sta alla base della celebrazione.
Il papa con il suo documento non ha come si è detto permesso la celebrazione della Messa nella lingua latina, cosa che del resto è sempre stata possibile con il Messale di Paolo VI riformato a norma dei decreti del Concilio Vaticano II, ma ha reintrodotto, accanto al nuovo, anche il vecchio Messale con le sue rubriche, le sue introduzioni e le sue letture.
Cambiare il Messale quindi non è cambiare una lingua, ma celebrare con un rito diverso, con una teologia diversa e con una simbolica diversa. E' utile tenere presenti le date delle più importanti decisioni sulla liturgia che influiscono sulle motivazioni e chiariscono la portata del documento di Benedetto XVI.
Nel 1570 Pio V pubblica il Messale rielaborato secondo le direttive del Concilio di Trento (1545-1563) il quale aveva come preoccupazione principale quella di salvaguardare il valore dei sacramenti nei confronti della Riforma protestante che in pratica li privava del loro valore. Preoccupazione a cui furono sacrificati anche altri aspetti che pure venivano sottolineati da alcuni Padri conciliari.
Se ci si servì della lingua latina per evitare la contaminazione delle formule con la dottrina protestante, tuttavia il Concilio di Trento ordinò che lo stesso celebrante, o altri per lui, spiegassero frequentemente i testi che si dovevano leggere nella Messa «perché non accada che i piccoli chiedano il pane (della parola) e non ci sia chi glielo spezzi» (Denz. 1749). Per non offrire il fianco alla dottrina protestante, che negava il valore del sacerdozio ministeriale, non si ritenne utile allargare la partecipazione attiva dei fedeli.
Dopo la riforma di Pio V il Messale non conobbe grosse variazioni. Il desiderio di cambiamento per riportare la liturgia alle intuizioni delle origini fu segnato da numerosi tentativi più o meno riusciti e fu condizionato sia dalla paura di toccare "l'antico patrimonio" sia dalle vicende storiche come le due guerre mondiali.
Nel dopo-guerra Pio XII gettò le basi per una grande riforma e iniziò la traduzione in lingua volgare dei rituali (1949). Negli anni (1951-56) fu portata in porto la riforma dei riti della settimana santa, e finalmente, come abbiamo già detto, sotto Giovanni XXIII si giunse a stendere delle nuove "Rubriche del Messale e del Breviario romano".
Questa riforma fu vista da alcuni, che lo pensano ancora oggi, come il massimo del cambiamento possibile, ma il Concilio Vaticano II la considerò solo come un punto di partenza. La Costituzione "Sacrosanctum Concilium" del 1963 auspicò e chiese una riforma definitiva che vide la luce sotto Paolo VI con la pubblicazione del Messale tuttora in vigore.
Chiedere la "Messa in latino" non è quindi solo la richiesta di una lingua che ormai quasi tutti hanno difficoltà a capire, ma scegliere un altro modo di concepire la Messa e la Chiesa che la celebra.