La mia famiglia. Scoprirsi gay, lesbica o trans in una famiglia cristiana
Testo tratto dalla guida “A la familia: a conversation about our families, the bible, sexual orientation and gender identity” redatta dal rev. Miguel A. De La Torre, rev. Ignacio Castuera e Lisbeth Melendéz Rivera, Stati Uniti, 2011, pp.14-20, liberamente tradotto da Ilaria Ziccardi
Quante volte nella nostra educazione abbiamo ascoltato gli adulti nelle nostre case parlare della famiglia in toni quasi religiosi e con grande rispetto? La famiglia – un gruppo di persone che ci dà un senso di identità, di appartenenza, di essere qualcuno – è fondamentale per il nostro modo di intendere chi siamo e come indirizzare la nostra identità nel mondo.
Le famiglie numerose spesso includono molte più persone dei soli padre, madre, sorelle e fratelli. Non è inusuale, per esempio, che i nonni passino molto tempo con i bambini e che di tanto in tanto un parente resti con una famiglia per settimane o anche mesi. La famiglia include anche conoscenti, “zii”, “zie” e “cugini” molto cari che solo più tardi si scoprono non effettivamente consanguinei, ma acquisiti ed accettati. Sono sempre amati ed è come se tutti fossero di famiglia.
La famiglia per la comunità cristiana include anche le persone che fanno parte della congregazione della chiesa che frequentano. I fratelli e le sorelle spirituali formano una famiglia che si estende molto più in là dei muri delle nostre case. Nei paesi dell’America latina, la famiglia della chiesa sostituisce la famiglia di sangue in più occasioni, in caso di morte, immigrazione o all’accostarsi ad un’altra religione. Per questo motivo è comune nelle nostre chiese riferirsi agli altri con le parole “fratello” o “sorella”.
Anche Gesù è vissuto in una cultura nella quale la famiglia era fondamentale anche se lui ha ampliato il concetto di famiglia andando più in là di quello che normalmente la gente ispanica crede che sia la famiglia. Per esempio, nel Vangelo di Marco, i discepoli annunciano a Gesù che sua madre e i suoi fratelli lo stanno cercando. Gesù non ha dubbi nel dare la sua risposta: “Chi sono mia madre, e i miei fratelli? Tutti coloro che fanno la volontà di Colui che mi ha inviato sono mia madre e i miei fratelli” (Marco 3, 3-34). Per noi la sua risposta potrebbe sembrare quasi crudele nel disprezzo dei legami familiari, però se la prendiamo seriamente, questa ridefinisce la famiglia culturale e religiosa per includere anche coloro che non hanno un legame di sangue.
Gesù ha creato una famiglia estesa che include gli emarginati e gli oppressi. Lui ha portato nella sua vita la gente che ha indicato come appartenente, come famiglia. “Comunità” e “famiglia” agli occhi del nostro Signore sono la stessa cosa – un rifugio per gli emarginati, gli indesiderati.
Il nostro modello di famiglia in realtà ci avvicina a quello che Gesù ci insegna essere il modello di famiglia. La famiglia della quale Gesù parla si basa sul concetto di amore incondizionato. Così come Dio ci ama, rispettando ciò che siamo e ciò che possiamo fare, è così che dobbiamo amarci l’un l’altro. Come l’apostolo Paolo ci ricorda “non c’è niente in cielo, sulla terra o sotto la terra che ci possa separare dall’amore di Dio” (Romani 8:38-39).
E’ questo il tipo di amore che dobbiamo imitare, non solo all’interno delle relazioni di sangue, ma anche nella comunità in generale. Questo è quello che significa essere cristiano. La famiglia diventa l’unità dove i membri possono vivere al sicuro. Le comunità forti nascono da famiglie forti.
Scoprirsi gay, lesbica o trans in una famiglia cristiana
Da giovane, appena uscito dall’università, Ivan fa tutto ciò che i suoi genitori, e la comunità di Puerto Rico nella quale è cresciuto, si aspettano che faccia. Si sposa, trova un lavoro, mette su casa, e tiene calme le sue emozioni. Fino a che un giorno succede. Dopo molte domande, dopo molte volte che ha cercato di uscire allo scoperto, incontra lui, l’uomo che lo trascinerà “fuori”. Ora può finalmente essere onesto. Ma per prima cosa deve cominciare col dirlo alla persona che sarà coinvolta più di tutte – sua moglie.
Nonostante il suo dolore, devono lavorare insieme per il bene di sua figlia, una situazione difficile della quale devono farsi carico in quanto genitori. In secondo luogo deve dirlo a sua madre, la quale gli dimostra un appoggio sorprendente, in un abbraccio gli dice “io lo sapevo già”, facendogli sparire tutto il dolore. Infine deve dirlo alla sua chiesa, di cui ama in particolar modo il misticismo e non le critiche. Dalla sua chiesa episcopale impara il significato di famiglia e l’amore incondizionato di Dio!
Ivan ha la fortuna di appartenere a una famiglia che comprende e pratica il tipo di amore che Dio ci chiede di avere l’uno per l’altro. Sfortunatamente questa non è la norma. Per alcuni la “famiglia” è stata idealizzata, ma la realtà è che non tutti i ricordi o esperienze di famiglia sono felici. La famiglia è un luogo complesso, per alcuni di noi è il posto in cui abbiamo dovuto sopportare azioni e parole che ci hanno ferito perché non possiamo rivelare le nostre piccole o grandi verità. Per molti la chiesa, la nostra famiglia spirituale, è una istituzione dove noi possiamo essere chi siamo, chi Dio vuole che siamo.
Ma purtroppo per molti, specialmente le persone LGBT, la chiesa può anche essere un luogo di rifiuto, dove di solito si ascoltano espressioni di disprezzo o l’esclusione dal pulpito o dalle bocche di persone che consideriamo importanti.
Allora, come possiamo vivere più autenticamente all’interno di ciò che Gesù afferma essere la sua vera famiglia? Possiamo fare questo ascoltando con attenzione la preghiera che Gesù ci ha insegnato. Gesù si riferisce al Creatore di tutto come “Padre nostro”. Una traduzione più fedele del testo biblico ci fa riferire a Dio come “nostro papà”. Purtroppo, col tempo, questa parola è stata tradotta con il termine più formale “padre”, eliminando così Dio dalla nostra vita ed elevandolo a luoghi che noi non frequentiamo spesso. Dio non si trova in un posto lontano, ma all’interno del popolo stesso. Dio è famiglia. Per fortuna, molti di noi ispanici, siamo capaci di mantenere il senso di ciò che Gesù ha voluto dire nelle sue preghiere ogni volta che ci riferiamo a Dio come “Dio, papà.”
Nel momento in cui Gesù ha annunciato che possiamo riferirci a Dio come “Padre nostro”, diventa impossibile vedere le altre persone come estranei o come membri di un’altra famiglia. Se Dio è nostro Papà, tutti facciamo parte della stessa famiglia, siamo tutti figli del Dio vivente. Questo è il primo passo che dobbiamo fare se speriamo davvero di essere parte della famiglia di Gesù, la famiglia di quelli che sanno e fanno la volontà di colui che lo ha mandato.
La sfida più importante per noi è includere – come ha fatto Gesù – tutte le persone nella nostra famiglia. Noi tendiamo a fare costantemente liste, consciamente o inconsciamente, per escludere gli altri in base alla razza, etnia, nazionalità, cultura, religione, orientamento sessuale e identità di genere. Nella misura in cui continuiamo il nostro viaggio simbolico partendo dall’essere membri di famiglie esclusive per trasformarci ne “La famiglia” e accogliamo coloro che di solito sono emarginati, creeremo resistenza all’interno della nostra comunità. Per alcuni di noi sarà più difficile accettare persone di un’altra razza; per altri sarà difficile includere persone di altre tradizioni religiose; per la maggioranza, la prova finale verrà con le persone il cui orientamento sessuale o identità di genere non coincide con i nostri pregiudizi e stereotipi.
Questo non è niente di nuovo. Noi abbiamo molta familiarità con una storia che ci ha esclusi da certi lavori, chiese o vicinati. Anche nella Bibbia ci sono storie di esclusione. Nell’antico testamento, Esdra e Neemia, pieni di xenofobia, hanno insistito perche gli israeliti, che erano ritornati da decenni di esilio e che avevano sposato donne dei paesi che li avevano schiavizzati, cacciassero le loro mogli e figli. Questi pregiudizi erano presenti anche nel nuovo testamento, in particolare nella relazione con i Gentili. Non dimentichiamo come l’apostolo Paolo ha voluto evitare di sedersi alla stessa tavola con i non giudei e dividere il pane con loro (Galati 2:1-14).
Fortunatamente abbiamo anche libri e testi con messaggi di amore universale e di inclusione. Il libro di Rut (al contrario del messaggio di Esdra e Neemia) include una moglie straniera. Senza di lei non avremmo il re Davide (suo pronipote) e infine Gesù, che è un suo discendente. Con questa conoscenza, camminiamo insieme in questo pellegrinaggio e scopriamo che Dio può aprire i nostri occhi e i nostri cuori affinché possiamo avere la capacità di riconoscere Dio come Abba, il Padre di tutta l’umanità, a tutta l’umanità.
Testo originale: A la familia: una conversación sobre nuestras familias, la biblia, la orientación sexual: mi familia