La vocazione dei cristiani omosessuali per diventare uno in Cristo
Testo redatto da Devenir Un En Christ*, associazione dei cattolici omosessuali francese, gennaio 2011, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Ogni vita cristiana trova la sua origine nell’incontro con il Cristo resuscitato. La Resurrezione è il luogo di tutte le nostre origini. Come fondamento dell’approccio di “Devenir Un En Christ” troviamo la Resurrezione, il passaggio dalla morte alla vita. Tutta la missione dell’associazione si può comprendere sotto questa luce, e leggersi nell’episodio dei pellegrini di Emmaus (Luca 24,13-35).
Conciliare fede e omosessualità?
All’inizio del racconto di Emmaus troviamo una grande delusione per i due discepoli che lasciano Gerusalemme, luogo della morte di Cristo. Le loro attese sono state tradite: avevano posto la loro fede in Gesù, ed eccolo crocifisso, morto, seppellito. Che ne è della loro speranza? Questa delusione è anche una sconfitta loro personale.
Se ne tornano a casa loro. Sul loro viso tetro si legge la loro incomprensione: per loro è impossibile concepire, insieme, il Messia liberatore e il Messia sofferente. Umanità e fede sembrano contraddirsi. I loro occhi si chiudono. La loro speranza è perduta. Ogni vita è attraversata da momenti di dubbio, di rimessa in discussione, di disperazione. Ne fanno spesso esperienza, a un certo momento della loro vita, le persone omosessuali.
Le domande possono allora essere radicali: sono ancora amato da Dio? Posso vivere la mia vita? Quale futuro per me? Devo rimanere cristiano? Devo ribellarmi contro la Chiesa, contro Dio? Devo vivere la mia fede con o senza la Chiesa? Ci sono anche gli interrogativi che sorgono all’interno delle famiglie: genitori che apprendono che uno dei loro figli è omosessuale, coppie sposate in cui uno dei coniugi si scopre omosessuale, parenti che non comprendono.
Anche pastori e accompagnatori cercano l’approccio più adeguato per parlare alle persone omosessuali. All’inizio troviamo spesso da una parte l’omosessualità, non scelta, e dall’altra parte la “Legge”, il discorso della Chiesa. Tra le due si annoda una tensione che può essere vissuta sia come una di quelle contraddizioni con le quali ci si deve confrontare nella vita e nella fede, ma che, passata la difficoltà, fanno crescere, sia come una difficoltà immensa dell’esistenza, che impedisce un reale sboccio del credente o lascia un’insoddisfazione di fondo.
Questa può manifestarsi attraverso una certa tristezza, oppure desideri compulsivi molto difficili da padroneggiare. La tensione può ancora generare la ribellione e il sentimento di essere una vittima, ingiustamente rifiutato dalla Chiesa, giudicato dalla Scrittura, incompreso dalla società. Questo è il punto di partenza…la concreta vita di ciascuno.
Liberare la parola
Sulla loro strada di delusione, di difficoltà, di disperazione, Gesù viene e cammina con i due discepoli. Nel loro accecamento riguardo agli avvenimenti che hanno appena vissuto, non lo riconoscono. Senza dapprima dire nulla, Gesù fa semplicemente della strada con loro, si accontenta di unirsi ai due uomini nei loro dubbi, nelle loro esitazioni, nelle loro domande. Hanno bisogno di “vuotare il sacco”, di esprimere il peso che hanno nel cuore, la loro sofferenza. Gesù viene a condividere il cammino di tutti gli uomini, quale che sia la loro vita. Si interessa a ogni situazione umana. E l’incontro può avvenire fuori dai sentieri battuti, anche quando si è, in un modo o nell’altro, dei “fuorilegge”.
Vivere la propria vita nello Spirito di Dio significa prima di tutto accogliere la propria umanità, con tutto ciò che essa comporta: le gioie e i successi, le sofferenze e le zone d’ombra. Si tratta in particolare di accogliere la propria omosessualità o quelle del/la figlio/a, del coniuge. Questa non è una scelta, ma un dato: imposta, essa supera e invade spesso colei o colui che la scopre. Può essere un peso duro da portare, un segreto profondamente nascosto, magari per degli anni.
Per andare avanti è allora importante trovare un luogo di libertà e pace, dove si può essere se stessi, senza avere bisogno di una maschera, senza sentirsi giudicati, e dove ci si può riposare, prendere tempo, riflettere con altri che hanno in comune esperienze simili.
Il tempo della condivisione e della rilettura
All’invito di Gesù, i discepoli raccontano quello che hanno vissuto e rileggono gli avvenimenti degli ultimi giorni. Fin dalle origini i cristiani hanno vissuto la condivisione tra di loro come un mezzo per mettersi all’ascolto del Signore: “Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18,20).
Essa permette di lavorare seguendo la chiamata del Signore: “Prendi il largo” (Luca 5,4), che significa: “Sviscera in te quello che è essenziale, fa’ fruttificare ciò che hai ricevuto, cerca il cammino al quale sei chiamato.”.
Nella condivisione nessuno ha l’incarico di trovare una soluzione per un altro; nessuno deve portare i problemi di un altro; nessuno abdica alla sua libertà. Ma scoprire che altri fanno fronte a questioni prossime alle nostre può essere una liberazione. Quello che vive uno in un momento preciso può aiutare un altro a comprendere qualche cosa della sua propria vita.
A fianco di questo “lavoro della fede”, di ascolto e discernimento, può essere necessario un lavoro psicologico. Non c’è contraddizione tra un cammino spirituale e una terapia: i due approcci possono essere complementari. Ma l’associazione non ha competenza in materia.
Ascoltare la Parola
Se la parola umana è indispensabile, il cuore dell’uomo ha bisogno anche della Parola di Dio. Riprendendo l’iniziativa, Cristo percorre la Scrittura con i due discepoli. Di colpo le contraddizioni apparenti si chiariscono: la logica di Dio non è quella degli uomini. I discepoli si trovano confrontati con la Parola e la tradizione, che non sono più incompatibili con quello che hanno visto degli avvenimenti.
“Devenir Un En Christ” è un luogo dove la Parola è letta, condivisa, pregata. Attraverso la sua Parola Cristo parla al cuore di ciascuno, in un momento o in un altro, secondo modalità differenti, e la sua Parola è una luce che illumina poco a poco coloro che l’accolgono. È un ancoraggio, una sorgente vivificante alla quale si può venire ad attingere in ogni momento. Questa tappa della Parola condivisa con Cristo e con delle sorelle e dei fratelli è sempre da riprendere, da continuare, da approfondire, in qualunque punto del cammino ci si trovi.
Guadagnare in libertà
I due discepoli sono arrivati al termine della loro strada, e Gesù mostra di voler andare avanti. Cristo lascia sempre l’uomo libero di proseguire il cammino con lui. Lascia sempre all’uomo la possibilità di dirgli: “Resta con noi.” Camminare al seguito di Cristo suppone un impegno, fondato al tempo stesso sull’esperienza dell’amore personale di Dio e sulla libertà di colei o colui che si impegna.
Fare strada non vuol dire entrare in un programma prestabilito, o lasciarsi condurre là dove non si desidera andare. È un cammino che ciascuno è chiamato a inventare, e che mobilita la libertà. Perché anche nelle situazioni non scelte – come l’omosessualità – la libertà rimane possibile, per quanto piccola sia all’inizio. Una libertà che si spiega e si realizza nel tempo. Una libertà da trovare nella ricerca di Dio, della verità e del bene.
Vivere di sacramenti e di preghiera
L’invito dei discepoli a rimanere li fa entrare in una maggiore intimità. Nel cuore di questa intimità Cristo si manifesta: spezza il pane e lo condivide con loro. Ogni vita di battezzato cresce e si nutre con i sacramenti e la preghiera. È sempre necessario cambiare il nostro sguardo su Dio, perché le nostre immagini sono imperfette; i sacramenti aiutano a scoprire che Dio non è un Giudice vendicativo ma un Padre misericordioso e amorevole, che Gesù non è venuto per condannare ma per salvare, per liberare l’uomo, rimetterlo in piedi.
La preghiera è il fondamento e il cuore dell’associazione. È nella preghiera che si fonda l’intimità con Cristo, lì che si vive un incontro personale con lui. In questa intimità le cose vengono rimesse al loro posto: l’essenziale è di lasciarsi toccare dall’amore incondizionato di Cristo che è offerto abbondantemente e che viene prima delle stesse posizioni che può formulare la Chiesa.
Diventare Uno
È in quel momento che gli occhi dei due discepoli si aprono e che riconoscono il Cristo. Il loro sguardo sugli avvenimenti degli ultimi giorni è cambiato: ormai giungono a unificare la loro visione del Messia: al tempo stesso glorioso e sofferente. La loro attesa non era vana, è oggi che si compie, si realizza. Il cambiamento vissuto dai discepoli dice qualche cosa di ciò che si propone l’associazione: pervenire all’unità. Da una vita, in principio, spaccata o divisa, avanzare poco a poco verso una unificazione dell’essere interiore.
Far progressivamente e tranquillamente coincidere identità cristiana e affettività, mettere d’accordo tutte le componenti dell’essere: corpo, cuore e spirito. Avanzare verso un’accettazione di sé. Riceversi come un essere in divenire. Nella contemplazione di Cristo, la condivisione con gli altri, la rilettura della propria vita, gli insegnamenti ricevuti durante i week end di formazione, i periodi di ritiro, il senso vede la luce: i puntini delle nostre vite, sparsi qua e là, tracciavano infatti una linea, il nostro cuore era ardente sulla strada dove Gesù camminava al nostro fianco, il cammino percorso ci ha fatti passare dalla morte alla vita.
L’unità si approfondisce quando ci si scopre figlio o figlia di Dio. Questa identità, donata, è primaria. È più fondamentale e più essenziale delle nostre appartenenze a una nazionalità, un ambiente sociale, una confessione religiosa, o perfino un orientamento sessuale. L’associazione può testimoniare del cammino percorso da molti nell’accoglimento della loro storia personale, nell’appropriazione della loro vita e la riconciliazione con se stessi. Non si percorre mai totalmente il cammino, ma non di meno viene fatto attraverso tappe reali.
Diversità di situazioni
Sul fondamento di una relazione con Cristo, ciascuno apporta una risposta diversa nella sua maniera di vivere l’omosessualità, in funzione della sua storia, delle sue convinzioni, delle sue capacità: alcuni scelgono di restare continenti e celibi; altri scelgono di vivere in una coppia omosessuale; altri sono sposati sacramentalmente e compiono ogni giorno la scelta dell’impegno con il proprio coniuge; altri non possono continuare quel cammino; altri sono in attesa di una relazione affettiva e sessuale stabile e gestiscono al meglio, durante questa attesa, la loro vita affettiva.
L’associazione non ha delle norme sulle scelte di vita da mettere in pratica. Non per faciloneria, o perché tutto avrebbe lo stesso valore, ma perché qui la risposta è nell’ordine del discernimento di una coscienza illuminata, deve essere vissuta da ciascuno, al cuore della propria relazione con il Signore e in funzione del proprio cammino personale.
L’associazione si augura che tutti coloro che vengono ad essa scoprano sempre più profondamente il valore dell’amore, alla sequela di Cristo. Qualunque sia la forma che prenda questo amore nelle nostre vite di uomini e donne, esso è sempre prezioso. Certo, l’amore umano è sempre limitato, parziale, attende una purificazione e un compimento futuro in Dio. Ma, nella sua incompletezza, è già un tirocinio di quella vita con Dio. Ogni forma d’amore comporta una esigenza di fedeltà, impegna a delle rinunce e passa necessariamente per la croce. Questa dimensione fa parte dell’amore ed è da accogliere.
L’essenziale è apprendere ad amare meglio, con maggiore verità, in maniera più giusta. In ogni condizione di vita è bene incoraggiare la castità, secondo la definizione più larga del termine: non sorvegliare la continenza, ma pervenire progressivamente all’unificazione interiore del proprio essere, senza strumentalizzare l’altro. Un tale percorso non si può fare che gradualmente, senza esigere dalle persone quello che non sono ancora in grado di realizzare oggi.
Rimettersi in strada
Il racconto non si ferma al riconoscimento del Cristo. Malgrado la notte i discepoli ripartono in fretta in senso inverso: in un’attitudine di conversione ritornano a Gerusalemme a proclamare la Buona Novella della Resurrezione. È per essi un nuovo inizio. Il ritorno dei discepoli a Gerusalemme è prima di tutto un ritorno verso la comunità degli apostoli. L’incontro con il Cristo resuscitato permette di tenere insieme meglio la realtà dell’omosessualità e quella della fede – anche se il discorso della Chiesa resta invariato. Allora, essere in un certo “margine” non impedisce di rispondere all’appello del Signore, e questo in comunione con la “grande Chiesa”. Primo viene l’incontro con il Vivente. Ecco cosa introduce al cuore della Chiesa.
“Devenir Un En Christ” offre dei legami concreti con la Chiesa: attraverso i sacerdoti che accompagnano le persone e i gruppi di condivisione; il dialogo con dei responsabili ecclesiali; le comunità religiose che ricordano l’associazione nelle loro preghiere; i vescovi che conoscono e incoraggiano la sua missione.
L’associazione non potrebbe rimpiazzare la vita ecclesiale indispensabile a ogni battezzato. Ognuno viene così incoraggiato a unirsi alla propria comunità. D’altronde l’associazione non ha come fine se stessa; può essere bene, al termine di un cammino, continuare la strada altrove, con altri impegni.
Per alcuni, comunque, “Devenir Un En Christ” continua ad essere un luogo di approfondimento, di risorse, di rilettura, per vivere concretamente la loro vita nel mondo e nella Chiesa. La posta in gioco del cammino proposto dall’associazione è di diventare veramente disponibili agli appelli di Dio, aperti a ciò che egli attende da ciascuno. Il battesimo che fa diventare figli di Dio è anche un invio al servizio dei fratelli. Coloro che hanno ricevuto il battesimo, in qualsiasi situazione di vita, sono chiamati a lavorare al Regno di Dio, a impegnarsi per la giustizia, ad annunciare l’Evangelo con la loro vita.
Testimoniare
Se i due discepoli vanno a Gerusalemme è prima di tutto per testimoniare ai Dodici che hanno incontrato il Resuscitato. In cambio gli apostoli confermano la loro esperienza: ”È proprio vero !” Dunque la testimonianza va nei due sensi, e l’esperienza dei discepoli è autenticata perché corrisponde alla propria esperienza della Chiesa. Anche questa necessità di dare testimonianza è una delle missioni di “Devenir Un En Christ”.
C’è prima di tutto da testimoniare la speranza accanto alle persone accompagnate, attraverso il sostegno e la condivisione, perché ognuno possa sentirsi incoraggiato a seguire la propria strada. C’è anche da testimoniare di fronte alla Chiesa dell’esperienza acquisita lungo venticinque anni di esistenza dell’associazione, dell’opera di Dio a favore delle persone che camminano con essa, delle pasque che talvolta accadono a coloro che si rimettono in piedi e fioriscono nella loro vita umana e spirituale.
Si tratta quindi anche di aiutare la Chiesa a scoprire una realtà spesso misconosciuta. Fuori da ogni militanza e rivendicazione, “Devenir Un En Christ” cerca il dialogo con le istanze ecclesiali. Al tempo stesso radicata nella Chiesa e priva di legame organico con essa, l’associazione vuole essere una passerella, un ponte: testimonia dell’amore della Chiesa accanto alle persone che se ne sentono rifiutate; testimonia di fronte ai responsabili della Chiesa ciò che si vive al suo interno e che vivono le persone omosessuali e credenti.
Tenta, in un campo ancora largamente non valorizzato, di proporre degli orientamenti pastorali e dei riferimenti per l’accoglienza e l’accompagnamento delle persone che hanno a che fare direttamente o indirettamente con l’omosessualità.
L’omosessualità, luogo di grazia?
L’omosessualità è un luogo di grazia? Non si può affermare in maniera assoluta o generale. Costituirebbe un’offesa per coloro che vivono dolorosamente questa parte di loro stessi. Ma si può osservare che, nella vita spirituale, gli ostacoli possono diventare delle occasioni decisive per avanzare verso il Signore. Quando è vissuta alla luce di Pasqua, l’omosessualità permette di scoprire un volto rinnovato di Dio: quello di un Padre che è solo amore e che accoglie con benevolenza e misericordia tutti gli uomini e tutte le donne di buona volontà.
Questa nuova relazione con Dio diviene cammino di umanizzazione e di amore che induce a considerare sotto una nuova luce ciascun fratello e ciascuna sorella. In questa Buona Novella della Resurrezione nasce la fecondità delle persone omosessuali. Se non è procreazione, la loro fecondità non è meno reale e concreta.
L’impegno in una vita nella Chiesa, l’impegno in una relazione d’amore, l’impegno a fianco degli altri, l’impegno nella vita religiosa, sacerdotale etc. sono altrettante manifestazioni della fecondità di coloro che, all’inizio del cammino, si domandavano quale senso dare alla loro vita.
Attraverso le domande che pone alla vita di fede, l’omosessualità interroga la Chiesa: essa fa parte di quelle sfide che, senza posa, obbligano l’umanità e la Chiesa ad approfondire la conoscenza dell’umano. Oggi, in particolare, l’omosessualità offre l’occasione di ripensare una realtà fondamentale: alla fine, cos’è un uomo, una donna? E dato che il cristianesimo è una religione dell’Incarnazione, l’umano può sempre diventare cammino verso Dio.
* Questo testo realizzato da Devenir Un En Christ, associazione nazionale di cattolici omosessuali francese fondata nel 1986, è stato inviato tra il maggio-giugno 2011 a tutti i vescovi cattolici Francesi e Belgi.
Testo originale: La vocation de Devenir Un En Christ