Le conseguenze psicologiche delle aggressioni per gli omosessuali
Articolo di Peter Freiberg tratto da Monitor on Psychology del Giugno 2005, liberamente tradotto da Bruno
Negli anni ’90 negli Stati Uniti vi fu un notevole numero di segnalazioni e denuncie di aggressioni nei confronti degli omosessuali.
Fra le reazioni sulla stampa dell’epoca questo articolo, tratto dal Monitor on Psychology dell’associazione degli Psicologi Americani (APA), si occupò delle conseguenze psicologiche di queste aggressioni e fornisce alcune indicazioni valide anche oggi in Italia.
A Minneapolis, una persona ha attaccato due lesbiche chiamandole ‘omosessuali’ e ha avvertito che sarebbero state picchiate. Poco dopo, le loro auto sono state vandalizzate e la loro casa svaligiata.
A New York, un fotografo gay è stato pugnalato a morte con un coltello da cucina nel suo appartamento da un uomo incontrato nel Greenwich Village. La polizia ha arrestato un uomo con una lunga lista di precedenti per reati contro gay incontrati durante il battuage.
Questi tre episodi, tratti dagli archivi della polizia e dei gruppi dedicati alla lotta contro la violenza omofobica, sono tra le centinaia di casi registrati l’anno scorso [NdT: 1994, negli USA] in quella che alcuni attivisti e scienziati sociali chiamano un’ ‘epidemia’ di crimini d’odio contro le persone gay.
L’ultima relazione dell’FBI riporta che l’11 per cento dei 7.587 crimini dovuti a pregiudizi segnalati dalle forze dell’ordine nel 1993 sono stati rivolti contro persone gay o percepite come gay.
Ma si pensa che le statistiche reali siano ancora più elevate:. Klanwatch, un progetto del Southern Poverty Law Center che monitora questi crimini, indicati fra i crimini d’odio, ha dichiarato che le cifre indicano che gay e lesbiche hanno sostenuto il peso della violenza e dell’odio in misura proporzionalmente maggiore rispetto al loro numero nella società.
Uno studio del Progetto Anti-Violenza Gay e Lesbica nella città di New York (il progetto è uno dei 23 gruppi del paese impegnati in questo settore) afferma che le organizzazioni gay in nove città degli USA hanno segnalato 2.031 reati antigay nel 1993 (cifra sensibilmente superiore a quella dell’FBI) e 2.064 casi del genere nel 1994.
Tra le vittime di aggressioni, almeno il 25 per cento erano gay o lesbiche e dei 18 omicidi dovuti a pregiudizi verificati nello scorso anno da Klanwatch, 11 sono stati motivati dal pregiudizio antigay.
Educare il pubblico
Questi crimini dovuti a pregiudizio contro i gay, poco segnalati anche solo alcuni anni fa, stanno attirando una crescente attenzione. Anche gli psicologi si stanno concentrando su questi crimini, sia nella ricerca che nel lavoro di terapia.
Clinton Anderson, responsabile per i problemi di gay e lesbiche presso l’American Psychological Association, ritiene che la ricerca degli psicologi sulla violenza antigay in particolare, e sui crimini da pregiudizio in generale, possa svolgere un ruolo importante nell’educare il pubblico.
Lo psicologo Antonio D’Augelli, professore alla Pennsylvania State University, ha studiato la tipologia e il livello delle molestie nei confronti di giovani gay e l’impatto di queste sulla loro salute mentale.
In uno studio nazionale, D’Augelli ha intervistato 194 lesbiche, gay e giovani bisessuali tra i 15 e i 21 anni.
La ricerca, egli ha affermato, fornisce la prova che l’essere stati vittime di abusi (offese verbali, minacce, aggressioni) ha effetti deleteri sulla salute mentale: ‘Più forte è l’attacco che le persone subiscono, peggio esse stanno in termini di salute mentale’, ha detto, anche se l’essere stati vittime di abusi non sembra essere direttamente collegato a tentativi di suicidio.
Il sostegno da parte delle famiglie e l’autostima personale sono le due variabili principali che determinano quale sia l’impatto dei crimini dell’odio antigay sulla salute mentale. Il sostegno delle famiglie, definito come una reazione positiva all’orientamento sessuale di un giovane, è la principale protezione degli ‘adolescenti dagli effetti nocivi sulla salute mentale dell’essere stati vittime di abusi’ secondo D’Augelli.
Ma il sostegno della famiglia sembra poter aiutare le persone a scongiurare soltanto gli effetti di abusi di ‘basso livello’, come l’essere insultati e derisi con nomignoli dispregiativi.
Se l’abuso è di livello medio, come la distruzione di proprietà, o alto, come le aggressioni fisiche, il sostegno della famiglia non sembra più proteggere l’individuo contro i problemi di salute mentale generati da tali episodi, problemi che includono tensione, ansia, depressione, stress, paura per la sicurezza e diffidenza verso la società, sostiene D’Augelli.
Allo stesso modo, l’autostima, collegata anche a quanto un giovane si sente a proprio agio nell’essere gay o lesbica, sembra ‘fornire una sorta di protezione’ di fronte a un assalto verbale.
In due studi della Pennsylvania State University nel 1987 e nel 1990, intervistando 121 studenti universitari gay, lesbiche e bisessuali, D’Augelli ha scoperto che l’80 per cento era stato oggetto di insulti verbali, un terzo aveva subito lanci di oggetti; il 31 per cento era essere stato inseguito o pedinato.
Il 13 per cento ha dichiarato di avere ricevuto sputi e quasi il 20 per cento ha riferito di essere stato aggredito fisicamente con colpi, pugni e calci a causa del proprio orientamento sessuale.
Il 22 per cento del campione ha inoltre affermato di aver subito molestie sessuali per il proprio orientamento sessuale; la maggior parte dei molestatori erano compagni di studio.
Tali violenze, dice D’Augelli, hanno come conseguenza quella di indurre non solo le vittime, ma anche altri gay, a mascherare il loro orientamento sessuale davanti ai compagni eterosessuali:. ‘I costi associati al nascondersi e alla paura sono però psicologicamente elevati, portando stress emotivo, difficoltà sociali e problemi di studio.’
Gregory Herek, uno psicologo ricercatore presso l’Università della California a Davis, autorità riconosciuta a livello nazionale sui crimini da pregiudizi antigay, ha trovato prove simili dell’impatto dei crimini d’odio.
Nel suo studio pilota su 147 persone gay nella zona di Sacramento, ha scoperto che circa il 29 per cento era stato vittima di un crimine dovuto al pregiudizio. Rispetto ad altri intervistati, che non erano state vittime di crimini simili, queste vittime hanno mostrato livelli significativamente più elevati di depressione, ansia, rabbia e sintomi associati a un disturbo post-traumatico da stress.
Aiuto psicologico alle vittime
Diversi psicologi stanno già affrontando le conseguenze di tali crimini sul piano terapeutico. Bea Hanson, direttore dei servizi sociali del Progetto Anti-Violenza Gay e Lesbica nella città di New York, dice che la maggior parte delle vittime ha necessità di un intervento di breve termine direttamente legato al fatto, piuttosto che di terapia a lungo termine.
Questo ‘lavoro sul fatto’, dice la Hanson, è in primo luogo di tipo legale: esso consiste nell’aiutare le vittime a denunciare i reati alla polizia e a ottenere l’assistenza di un medico, e nel seguire poi il caso nei tribunali.
Quando una terapia viene richiesta, di solito essa è di breve durata, anche se alcune vittime hanno bisogno di una terapia a lungo termine. Il rischio principale è che la vittima cominci a pensare che “c’è qualcosa di sbagliato in me, che mi ha portato a essere preso a bersaglio come gay”.
Il compito principale dello psicologo è quello di appoggiare i pazienti nella riaffermazione del valore positivo di una identità gay o lesbica, e di aiutarli a sentire rabbia verso l’aggressore, piuttosto che prendersela con se stessi.
Anche la psicologa Glenda Russell, terapeuta a Boulder, Colorado, afferma che un crimine da odio antigay fa sì che la vittima non solo metta in discussione ‘la sicurezza del mondo, ma la bontà di essere gay. Essa si nutre di ciò che la società dice in continuazione a proposito di lesbiche e gay, cioè che le lesbiche e i gay sono cattivi’.
Ecco perché lo psicologo non deve separare l’evento esterno dai sentimenti interni della persona: ‘Non puoi badare solo a come si sente la persona per essere stata picchiata, e non puoi occuparti soltanto dell’omofobia all’esterno, la quale è la causa dei colpi’, dice la Russell, ‘il terapeuta deve realmente lavorare su entrambi gli aspetti: interni ed esterni.’
Questo vale anche per le cause della violenza antigay. Quando la ricerca studia le opinioni degli assalitori non sempre una personale omofobia viene citata come motivazione di questi attacchi. Molti fattori, compresa la necessità di accettazione da parte di amici e gli atteggiamenti della società verso i gay, influenzano la maggior parte dei giovani maschi autori di tali crimini.
Secondo lo psicologo G. Herek, la questione ‘è molto complicata, ma è possibile che sia l’omofobia della società a favorire questi attacchi indicando le persone gay come obiettivi.’
Così, quando un gruppo di giovani è in giro in cerca di un obiettivo, sempre secondo Herek, i gay sono le più probabili vittime perché i gay non sono ‘apprezzati e sono in un certo senso delle buone vittime di un attacco’ a causa dell’antipatia della società nei loro confronti.
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