‘Aspetta e vedrai’. Le persone omosessuali, le chiese e il Vangelo

Joel Workin era uno di quei tre seminaristi luterani che più di dieci anni fa [Ndr prima del 1990] si sono pubblicamente dichiarati gay e alla fine sono stati rifiutati come pastori dalla nostra Chiesa. Joel era un ragazzo del Nord Dakota e un buon predicatore già in Seminario. Se la nostra Chiesa fosse stata all’altezza della sfida di ordinarlo sacerdote, sarebbe diventato ottimo.
Era la storia di una strana coppia, Pietro e Cornelio, il cui incontro improbabile forma il cuore e l’asse degli Atti degli Apostoli: gli Atti si concentrano meno sull’annuncio e più sulle persone a cui viene annunciato.
La versione breve del suo messaggio è questa: il Vangelo è per tutto il popolo, in modo particolare per quelle categorie di persone che la nostra tradizione religiosa ci ha insegnato a escludere.
L’evangelista Luca, che è anche l’autore degli Atti, ritiene questo racconto così centrale per il suo messaggio che lo ripete ben due volte di fila, in modo che coloro che non ci fanno caso la prima volta possono afferrarlo alla seconda.
La sua struttura principale è familiare alla maggior parte di voi. Pietro sta pregando all’aperto, al sole sul tetto di una casa di Giaffa, sulla costa mediterranea.
Improvvisamente una tovaglia scende dal cielo, contenente tutti i tipi di animali, compresi quelli che gli Ebrei non devono mangiare in base al capitolo 11 del libro del Levitico. Una voce dice a Pietro di alzarsi, prendere uno di quegli animali e cucinarlo per il pranzo.
Pietro sa solo che questa è una tentazione di infedeltà a Dio, così si basa su una vita di formazione religiosa e resiste, dicendo di non avere mai mangiato nulla di impuro. Al che la voce risponde: Non chiamare impuro ciò che io dichiaro puro.
Ora, Pietro era magari un buon pescatore, ma su questo argomento aveva delle difficoltà di apprendimento: le stesse difficoltà che hanno i lettori degli Atti, anche ai giorni nostri. È per questo che la visione e la sua lezione sono ripetute più volte per Pietro e per noi.
Si chiama “apprendimento per ripetizione”. Una specie di trapano: ripetete varie volte Non chiamare impuro ciò che io dichiaro puro. Non chiamare impuro ciò che io dichiaro puro. Non chiamare impuro ciò che io dichiaro puro.
Capito? Capito! Bene! Ma Pietro capisce solo la parte letterale: In Cristo, non ci sono più divieti relativi a quali animali si può o non si può mangiare.
Poi bussano alla porta e, quando Pietro va ad aprire, trova alcuni soldati romani ad aspettarlo.
Vogliono che vada a condividere il Vangelo con il centurione, loro comandante. Questi non sono ebrei, ma pagani impuri e gli ebrei non possono entrare nelle case dei pagani o mangiare con loro…
All’improvviso un’esplosione avviene nel cervello di Pietro ed egli comprende l’intera faccenda: Dio non sta cambiando le nostre idee solo su quali animali si possa o no mangiare, Dio sta cambiando le nostre idee sulle persone con cui possiamo o no mangiare! Capito? Capito! Bene!
Ora, Pietro può avere delle difficoltà di apprendimento, ma non è stupido. Egli sta per violare le tradizionali pratiche ecclesiastiche, così prende con sé sei testimoni.
Quando arriva alla casa di Cornelio, egli agisce contro il suo condizionamento religioso, entra nella casa di un pagano e inizia a condividere il Vangelo di Gesù.
Ma ha appena cominciato che il vento e la fiamma dalla sua esperienza pentecostale appaiono di nuovo. Dio battezza Cornelio per mezzo dello Spirito Santo. Che cosa può voler dire questo? Proprio l’impensabile: Dio non fa preferenze tra le persone.
Tutti sono accettati nella Chiesa, anche quelli che la nostra religione ci ha insegnato a respingere. L’esclusione è stata trasformata in inclusione.
La faccenda ora è chiara per Pietro: Se Dio ha battezzato i pagani mediante lo Spirito Santo, che cosa ci vieta di battezzarli con l’acqua e quindi ammetterli nella Chiesa? Risposta: Nulla! Capito? Capito! Bene!
Così Cornelio e la sua famiglia vengono battezzati e il resto, come si suole dire, va da sé. Ma è davvero così?
L’accettazione di tutti nella piena comunione e nel servizio della chiesa è un fatto assodato? O ci sono ancora delle categorie di persone che la nostra formazione religiosa ci insegna ad escludere, a meno che non diventino diversi da quello che sono?
Questa è stata la seconda questione che Pietro e quei primi cristiani dovettero affrontare. Ingoiando il rospo, la Chiesa poteva accettare il battesimo di pagani purché essi divenissero ebrei come lo erano i cristiani.
In altre parole, non si poteva essere cristiano e rimanere un pagano. Eri il benvenuto nel cristianesimo, ma se tu eri un Gentile dovevi cambiare [Ndr: cioè circonciderti, rispettare le prescrizioni ebraich, ecc.]; o almeno provarci!
Il tema è stato discusso in occasione del primo Concilio della Chiesa di Gerusalemme [Atti: 15]. La decisione è stata che si poteva essere Cristiani e Gentili allo stesso tempo. Capito? Capito! Bene!
Ho preso del tempo per spiegare tutto ciò, perché questo messaggio era al centro dell’eredità che Joel ci ha lasciato. Lo so per tre motivi.
In primo luogo, come già detto, lo so dal testo che ha scelto perché noi lo leggessimo. Inoltre, lo so per un fatto accaduto proprio la notte prima che morisse. La sua infermiera della clinica, Carmen, sedeva vicino a lui mentre dormiva.
Quella notte, improvvisamente egli iniziò a parlare ad alta voce, dicendo: Siamo tutti figli di Dio, non pensate?
Poi, dopo un periodo di silenzio, Joel ha detto, Posso sentire un Sì, un Amen, su questo? Era il tipico Joel, come contenuto e come forma. Questo era il suo messaggio per noi.
Lo so anche per un terzo motivo. Joel ha portato il peso di questo annuncio nel suo cuore, perché sapeva che in tanti hanno bisogno di sentirlo.
Le persone gay e lesbiche come lui, che si sentono esclusi dalla Chiesa a causa delle tradizioni religiose, devono sapere che un’altra parte di quella stessa tradizione include il riconoscimento che la voce di Dio viene a volte sentita in contraddizione con la voce della Chiesa.
Anche la Chiesa ha bisogno di sentire ciò, in modo da poter rispondere a quello che chiede regolarmente a Dio di fare per la Chiesa stessa: correggerla quando sbaglia.
L’attenzione di Joel per questo messaggio era già chiara in una meditazione scritta nel 1988 sulla parabola del Figliol Prodigo [Lc: 15,11-32].
Quando la Chiesa applica la storia alle persone gay/lesbiche, di solito intende che gli omosessuali sono quelli che hanno lasciato le loro case eterosessuali per una vita nel lontano paese della devianza.
La Chiesa, come il padre in attesa, è in ansia per il loro ritorno a casa e pronta a dare loro il benvenuto, se rientrano in se stessi e tornano alla eterosessualità.
Joel leggeva la storia in un modo diverso. Per lui, è la Chiesa che ha lasciato la sua casa del Vangelo di inclusione ed ha vagato nel lontano paese dell’esclusione. Ma questo non significa che dobbiamo rinunciare a questa Chiesa.
Egli vedeva i gay/lesbiche cristiani come quelli che amano e aspettano di dare il benvenuto a casa alla Chiesa, quando rientrerà in se stessa.
Ha scritto per incoraggiarci a farlo: Come possono le lesbiche e gay in attesa visualizzare il loro rapporto con la Chiesa?
C’è stata una rottura, un sonoro “no” a qualsiasi forma di partenariato o di legame familiare da parte della Chiesa che sta vagando. Ma è questo un “No, punto!” o un ”No, puntini…”?
“No, punto” significa che la relazione è finita. É morto, punto. Torna in casa e smettila di preoccuparsi del ragazzo ingrato.
”No, puntini…” significa invece che la relazione non è conclusa. C’è altro da dire dopo i puntini, non importa quanto tempo duri il silenzio.
Il ”No, puntini…” significa credere, sperare e confidare che il figliol prodigo tornerà a casa. Significa attendere che la Chiesa “rientri in se stessa”.
Era una cosa coraggiosa da dire da parte di un giovane a cui, da parte della Chiesa, era appena stata negata l’ordinazione nel ministero a cui era stato chiamato da Dio e per cui si era accuratamente preparato.
Ma anche se la Chiesa non aveva ancora capito, egli tuttavia ci incoraggiava ad aspettare con amore. Diceva: L’amore mette dei puntini dietro ogni “No, punto” e aspetta.
Per i gay cristiani, l’amore di Dio è il potere di punteggiatura, il potere di trasformare un “No, punto” in un ”No, puntini…” e di restare in fiduciosa attesa di parole di riconciliazione.
Possiamo sentire in queste parole, anche nel bel mezzo di una ferita personale, il senso della missione che Joel ha vissuto nella sua vita e continua a condividere con noi oggi qui, dopo la sua morte.
Il Dio della grazia che noi conosciamo dal Vangelo aveva catturato il suo cuore e la sua mente in un modo tale che anche un colpo personale non poteva distoglierlo. Questo derivava dalla visione che egli aveva di un Dio che comprende tutti come figli nella famiglia di fede.
Nella sua tesi finale per l’Ordinazione Joel ha scritto questo: Il regno è il destino di tutto il cosmo, la grande festa che Dio sta preparando e alla quale tutti sono invitati.
È il compimento di tutti i grandiosi passi della Scrittura: il leone sdraiato con l’agnello, la morte che viene annientata, gli zoppi che saltano, mai più la guerra,…
Anche se uccidono Dio (e la croce lo ha fatto), anche se uccidono noi, in qualche modo Dio sta per condurre tutti al grande banchetto di festa (la resurrezione, il regno, la vita nuova).
Voglio continuare ad essere un messaggero e a portare l’invito di Dio; a condividere la buona novella del “Sì” di Dio; a vivere una vita di fede coraggiosa e confortante; a incarnare il Cristo e il regno, per il mio prossimo; a morire e risorgere tutti i giorni. Questa è la mia “missione”.
Due settimane prima della sua morte, l’amico le ha ricordate a Joel in una lettera di addio, dicendogli: Ti ringrazio per queste parole ispirate.
Possa tu trovare soddisfazione ora per aver compiuto questa missione in modo significativo. . . Possa la tua stessa partenza adesso essere una parte della missione. In questo messaggio che Joel ci ha lasciato, il suo commiato è stata una parte della sua missione.
In quest’uomo gay che moriva di AIDS, abbiamo incontrato lo Straniero, il Diverso in mezzo a noi.
Attraverso di lui Gesù ci parla ancora una volta: “Spera, credi, aspetta, ama. Non vi è altro da dire. Lo spettacolo non è ancora finito. Aspetta e vedrai”.
* Il reverendo Paul Egertson è stato nominato vescovo della Chiesa Evangelica Luterana in America (ELCA) nel gennaio 1995.
In precedenza era stato parroco per 21 anni in California e in Nevada. E’ stato direttore del Centro di studi teologici in Thousand Oaks, in California, per 13 anni e professore di religione presso l’Università luterana della California per 10 anni. Laureato al Pepperdine College (Los Angeles) ha conseguito un Master al Lutero Theological Seminary di St. Paul, ed una laurea presso la Scuola di Teologia di Claremont (California)
Presso il Centro di studi teologici ha insegnato nei corsi per i laici affrontando il tema “L’omosessualità: Assunzione di un secondo sguardo.” Nel 1992, ha ricevuto il premio Voice of Faithfulness dai Lutheran Lesbian and Gay Ministry (San Francisco). Lui e sua moglie hanno sei figli e quattro nipoti.
Testo originale: Brano tratto da The Stranger in Our Midst
Il ‘diverso’ in mezzo a noi (Mt 25: 31-46)
Una storia di famiglia. Cosa succede dopo che un figlio dice “Sono gay”?