Noemi e Rut. ‘Dove andrai tu andrò anch’io’
Riflessioni bibliche di Massimo
La storia di Noemi è raccontata nel libro di Rut, posto nella Bibbia dopo il testo dei Giudici. Il libro è uno dei cinque Megillot, i piccoli libri o rotoli che venivano letti per intero nelle feste principali ebraiche: quello di Rut era letto a Pentecoste (cf Lv 23,15-22 e Dt 16,9-12), forse a motivo degli episodi narrati in 1,22 e 3,17 che si svolgevano nel periodo della mietitura dell’orzo. sia stato il luogo che occupava originariamente non si sa. Il posto che fu assegnato al libro dalla versione greca e poi dalla Volgata, e che mantiene tuttora nelle nostre Bibbie, si deve verosimilmente alle parole iniziali: “Nei giorni in cui governavano i giudici…” (1,1)
Esemplare dal punto di vista letterario, questo libretto rievoca una storia familiare del tempo dei Giudici (1200-1025 a.C.), nella quale, oltre i delicati sentimenti umani, emergono alcuni elementi religiosi di grande importanza.
Non sappiamo chi l’abbia scritto. L’anonimo autore utilizzò materiale molto antico e scrisse probabilmente prima dell’esilio di Israele in Babilonia, nel sec. VI a.C. Il testo narra la storia di Noemi e la sua famiglia. Noemi significa “la mia gioia”, ma anche ” la mia dolcezza”.
In un periodo di carestia, Elimelech abbandona la sua città, Betlemme, e si va a stabilire nei “campi di Moab” (in Transgiordania) con la famiglia, cioè la moglie Noemi e i due figli Maclon e Chilion. I figli sposano due ragazze moabite. Ma intanto muore il padre Elimelech. Dopo una decina d’anni muoiono anche i due giovani, Maclon e Chilion, senza lasciare figli.
Restano così tre vedove: Noemi e le due nuore Orpa e Rut. Noemi, dopo tutto ciò, pensa di tornare Betlemme e congeda le due donne. Una delle due nuore segue Noemi per qualche tratto di strada, poi si allontana e ritorna alla sua terra; ma l’altra, Rut, vuol partecipare fino in fondo alla vita di Noemi – vita di strettezza, di dolore, di povertà – e va con lei nella terra di Canaan stabilendosi a Betlemme.
Lì Rut sposerà Booz, parente di Elimelech e dall’unione dei due nascerà Obed, così chiamato da Noemi, che le vicine dicevano essere suo figlio (cf. Rt 4, 13-17). Obed fu il padre di Iesse, padre di Davide.
Di Noemi non sappiamo più nulla se non quello che ci viene raccontato in questo piccolo libretto. Ci si domanda per quale scopo fu scritta questa deliziosa opera con uno spaccato di vita familiare fondata sulla fedeltà e sulla mutua dedizione, con tratti di sobria grandezza e con la descrizione dei personaggi in forma precisa e vivace, piena di simpatia. Una pagina di storia ebraica scritta da un grande maestro oppure una novella?
L’ipotesi di una pura novella appare aprioristica: Rut ci si presenta come personaggio reale; non si comprende come uno scrittore avrebbe potuto presentare come storico il parto della sua fantasia e voler convincere i suoi connazionali – nel periodo xenofobo nel quale scrisse – che nelle vene del loro re più famoso scorresse sangue straniero.
D’altra parte l’affermazione del vangelo di Matteo 1,5-6 – “ Booz generò Obed da Rut; Obed generò Iesse; Iesse generò il re Davide” – invita senz’altro a identificare questa Rut con l’omonima del nostro libro.
Il libro di Rut quindi discredita il mito della razza. Un popolo chiuso in se stesso non poteva essere veicolo della benedizione divina per gli altri popoli. Il libro di Rut rappresenta Davide, il gran re d’Israele, che ha nelle sue vene sangue straniero, moabitico. Era il simbolo della solidarietà fisica nella benedizione che Israele doveva trasmettere a tutti i popoli, senza distinzione di razza. Il libro di Rut inoltre, nella sua semplicità, sembra richiamare il grande mistero della sostituzione dei pagani all’antico popolo di Dio.
Noemi, scendendo nella terra di Moab, abbandona con la sua patria il suo Dio. Ed ecco che cade nell’estrema miseria! Muoiono i suoi due figli, ed ella. Vedova. Deve ritornare nella sua patri; vedova, povera e sola, vive in un lutto che non conosce la speranza della resurrezione.
Al contrario, una donna di Moab sale nella terra di Canaan. “Il tuo Dio sarà anche il mio Dio”, dice Rut.Ella abbandona con la sua terra il suo dio ed entra a far parte del Popolo eletto: diventa fedele a Jahvè. E si sposa. Dal suo matrimonio nasce David, il benedetto da Dio.
Rut rappresenta il popolo dei pagani, dei gentili, che compie l’Alleanza nuova, perché la prima Alleanza è morta: morto il primo marito Ella si unisce in un’alleanza nuova con colui che rappresenta Jahvè: la Chiesa della gentilità si unisce con Dio. Mentre la prima unione d’Israele con Dio è rimasta sterile, questa nuova unione dà il suo frutto, e quale frutto! Il figlio di David, Cristo.
Quante cose abbiamo da imparare da Noemi e da Rut. In una lettura mariologica tutt’e due hanno una tale bellezza spirituale da richiamare la Vergine Maria: Noemi nel suo dolore richiama la passione della Vergine ai piedi della croce, Rut nel suo donarsi allo sposo richiama il puro abbandono di Maria alla Parola di Dio.
Bibliografia consigliata
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S. CAVALLETTI, Ruth-Esther, Edizioni Paoline, Roma 1983.
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