Lesbofobia e omofobia religiosa: una lunga storia di emarginazione
Di tutte le forme di emarginazione dell’essere umano (etnica, religiosa, ideologica, ecc.), probabilmente quella causata dall’orientamento sessuale è la più violenta, sistematica e permanente nel tempo, nemmeno mediata dalla geografia o dalla cultura.
Tuttavia, di tutte le forme che l’omofobia/lesbofobia assume, lquella religiosa è, forse, quella che incide più profondamente nell’animo umano.
Pertanto, è possibile affermare che l’omofobia/lesbofobia religiosa è la più perversa di tutte le omofobie, in quanto non concede al soggetto discriminato nemmeno il diritto ad una valida resistenza dinanzi alla dominazione considerata arbitraria.
L’esclusione è totale, al punto che qualsiasi tentativo di riproporre la problematica risulta un’aberrazione. In altre parole, il soggetto discriminato per motivi religiosi non solo è limitato nei suoi diritti e possibilità di sviluppo, ma anche nella sua costituzione di essere umano, cioè nella sua essenza.
Di conseguenza, in base a questa concezione, la stessa esistenza dell’omosessuale o della lesbica risulta essere un’offesa, la sovversione di un ordine naturale unico e immutabile. Non si tratta semplicemente di un gruppo i cui metodi disturbano o costituiscono un cattivo esempio per il resto della società, ma di soggetti che non sarebbero mai dovuti esistere.
La domanda che nasce spontanea, riconoscendo e accettando la teoria filosofica delle essenze, è: non si tratta di una violenza arbitraria sulla stessa essenza del soggetto? Forse, seguendo questa stessa logica, il soggetto può scegliere la sua essenza o piuttosto modificarla in base alla sua volontà?
La risposta che si deduce da questo universo di idee, certamente, è negativa; allora, perché voler modificare un certo ordine, contraddicendo la sua stessa logica?
Inoltre, se c’è un certo ordine voluto da Dio e non potendo il soggetto scegliere la sua condizione, non è una violenza pretendere che l’omosessuale/lesbica modifichi il suo orientamento? Non è questa una pretesa che sovverte la volontà di Dio? E ancora: da dove proviene l’autorità su certi soggetti e istituzioni per interpretare e delimitare l’ordine voluto da Dio?
Senza dubbio, un’analisi seria dello sfondo ideologico che alimenta il sistema di esclusione che le chiese e le diverse denominazioni religiose mantengono nei confronti di omosessuali/lesbiche, lascia allo scoperto le loro carenze e contraddizioni; e perché no, anche manipolazioni.
Non è neppure necessario ricorrere ad altri sfondi filosofici che discutono e contraddicono la metafisica classica per smontare i sistemi di emarginazione delle religioni. Lo stesso sfondo, così ardentemente difeso da alcuni capi dell’intolleranza, ci permette di evidenziare le loro inconsistenze.
In parole semplici, un Padre/una Madre affettuoso/a che crea per amore, un essere perfetto, come le stesse definizioni dogmatiche affermano, per cui ci si chiede: come ha potuto sbagliarsi con il 10% delle sue creature umane (essendo sicuri di quella percentuale)?
Certamente, in questo caso come in altri, i discorsi hanno creato delle realtà: di esclusione, emarginazione, silenzio…..discorsi che giustificano l’emarginazione, ma che a loro volta risultano più dannosi perché sono gli stessi soggetti esclusi quelli che interiorizzano l’omofobia/lesbofobia, al punto di credere di non meritare affetto e che i loro rapporti esistano esclusivamente grazie alla “genitalità” e alla “passionalità” estrema.
Sebbene sia evidente che questa percezione non esista nelle coscienze di una parte importante della comunità GLBTT, è appurato che molti omosessuali/lesbiche si sentano cittadini di seconda classe, privi di quella iniziativa che tenda a rafforzare le cose.
Detto in altri termini, la lotta per la piena cittadinanza di gay, lesbiche, bisessuali, transgender e transessuali sembra loro eccessiva e non necessaria, al punto che qualsiasi tentativo di modificare quest’ordine appaia non solo un’aggressione all’ordine etero sessista vigente, ma anche ad essi stessi. Questo grado di alienazione, senza dubbio, ha fondamenti religiosi.
All’omosessuale o lesbica, che percepisce se stesso come un’aberrazione dell’ordine naturale, qualsiasi rivendicazione appare come un attentato vergognoso dei principi e fondamenti sui quali si basa la vita umana voluta da Dio. Al massimo, questi soggetti aspirano, nella loro alienazione radicale e militante, alla compassione religiosa.
Per cui, non è strano che ricorrano agli argomenti del destino inesorabile di fronte al quale resta solo la rassegnazione, ad un karma fatale o ad un ipotetico pagamento per i mali commessi nelle vite passate, come recitano le credenze sulla reincarnazione.
Possiamo sostenere tutte queste tesi senza che sembrino determinanti o pretenziose, ma sbagliano, giacché la religione o il sistema filosofico aspirano, in definitiva, alla felicità e alla realizzazione piena dell’essere umano. E come può una persona essere felice se è condizionata costantemente da un esercizio di negazione di se stesso?
Nella tradizione cristiana, la realizzazione e la felicità umana si trasformano in una premessa fondamentale: la stessa istituzione religiosa, che si suppone debba aiutare a realizzare quanto promesso, prescinde dal compimento della stessa: cioè, Cristo non venne ad insegnare una dottrina e a fondare una istituzione, ma a mostrare il cammino attraverso il quale si accede al Padre/Madre, cammino che è possibile percorrere solo ed unicamente se si accoglie in modo serio la sfida della stessa realizzazione.
Non vorremmo concludere queste righe senza ricordare ancora una volta il sistema di emarginazione del quale sono vittime omosessuali e lesbiche, particolarmente nell’ambito religioso. Forse di tutte le emarginazioni conosciute nel corso della storia, la più brutale è quella vissuta dalle minoranze sessuali e questo perché nei discorsi e nelle elucubrazioni teoriche si discredita qualsiasi delle altre forme di emarginazione come forma di relazioni umane (ciò non significa che nella pratica quotidiana molte di queste forme siano scomparse del tutto).
Non accade lo stesso, invece, con l’emarginazione delle minoranze sessuali, che non contano sul consenso teorico delle diverse discipline, né sulla convinzione espressa nelle pratiche quotidiane di convivenza, per cui discriminare un omosessuale o una lesbica è inaccettabile (o dovrebbe esserlo).
Non mancano nemmeno quei professionisti, i quali sostengono che anziché rivendicare diritti, gli omosessuali/lesbiche dovrebbero pensare a come comportarsi, in modo da “riorientare” (“convertire”) i propri disordini affettivi/sessuali.
Tuttavia, non possiamo negare che l’emarginazione che gli omosessuali soffrono e continuano a soffrire, a causa del proprio ordine patriarcale-maschilista, sia minore rispetto a quella che soffrono le lesbiche. Per esempio, queste ultime non sono nemmeno menzionate sul piano religioso.
Non bisogna dimenticare che nelle ipotetiche condanne bibliche all’omosessualità (ipotetiche non solo in quanto dubbiosa condanna dell’omoerotismo, ma anche perché molti non credono che si stia effettivamente parlando di lesbiche, cosa che non accade con gli altri testi in cui si fa riferimento al sesso tra uomini), ad eccezione di una frase nella Lettera ai Romani (1,26-27), nella Bibbia le lesbiche semplicemente non compaiono.
In altre parole, per la religione, o per meglio dire, per questo tipo di religione, la donna lesbica semplicemente non esiste. Negazione e invisibilità, al punto che nemmeno i suoi affetti e rapporti d’amore sono degni di essere trattati e di conseguenza, condannati.
Dopo quanto detto, il processo di liberazione integrale dell’essere umano non passa solo attraverso il riscatto della memoria, di quegli episodi resi invisibili (certamente non dimenticati casualmente), ma anche e preferibilmente attraverso la propria realizzazione individuale. Realizzazione che non è possibile nella negazione di se stesso o nel rifiuto del proprio orientamento sessuale.
Così facendo, una religione liberatrice si distingue da un’altra che cerca solo di soggiogare i propri seguaci, in quanto quest’ultima è basata sul timore e disaffezione dello stesso individuo, mentre la prima stimola in lui la ricerca della felicità e, certamente, della realizzazione amorosa/sessuale.
Testo originale: Lesbofobia y homofobia religiosa: Una historia de exclusión