Il mio cammino pastorale di suora tra le persone transgender per vederle come Dio le vede
Articolo di suor Luisa DeRouen* pubblicato sul portale cattolico di vita consacrata femminile Global Sisters Report* (Stati Uniti) il 26 settembre 2018, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Mentre ero con una mia amica in un ristorante a mangiare e chiacchierare, mi accorsi di un uomo che continuava a fissarci. Alla fine mi misi anch’io a fissarlo: subito distolse lo sguardo, mortificato. Sapevo bene perché ci stava fissando in quel mondo: la mia amica è una donna transgender.
Ciò che vediamo dipende molto da come guardiamo. Gesù ci ha insegnato quanto sia importante vedere gli altri con il cuore. Laddove la folla vedeva un agente delle tasse corrotto che si rendeva ridicolo su un albero, Gesù vedeva un uomo che cercava qualcosa che non aveva. Laddove i farisei vedevano una peccatrice che lo toccava, Gesù vedeva una donna che esprimeva il suo grande amore. Anche se il pregiudizio e l’odio sono rampanti nel nostro Paese, sta anche emergendo qualcosa di buono: una sempre crescente necessità di vedere gli altri per quello che sono, di trattarli con dignità e rispetto.
Per diciannove anni ho avuto la gioia di assistere spiritualmente circa 250 persone transgender di tutto il Paese. Alcune di esse non sono mai state cattoliche, altre non lo sono più, altre ancora sono cristiane di altre denominazioni, ebree, oppure non appartengono a nessuna religione. Ho passato migliaia e migliaia di ore con loro. In 57 anni di vita religiosa, nessun ministero ha inciso così profondamente nella mia vita in Dio quanto essere compagna nella fede delle persone transgender di Dio. Alcuni le vedono come peccatrici e peccatori, condannate da Dio, altri come predatori sessuali che frequentano i bagni delle donne, altre ancora le considerano persone psicologicamente disturbate e ritengono che le persone transgender in realtà non esistano.
Mi sento obbligata a testimoniare ciò che ho visto in quasi vent’anni. Non sono persone perfette, ovviamente, perché nessuno lo è, ma ho imparato molto da loro. Attraverso la fedeltà nella preghiera e il duro lavoro della conoscenza di se stesse, sono giunte a capire che non potevano più fingere di essere qualcun altro, così hanno proclamato apertamente la loro verità, correndo il rischio di perdere la famiglia, gli amici, il lavoro, la loro comunità di fede.
Sara Davis Buechner è tornata ad essere una grande concertista dopo aver messo a repentaglio la sua carriera negli anni ‘90, quando cominciò la sua transizione. Era in parte consapevole di dover fare la sua transizione perché si stava sempre più scindendo da quel luogo all’interno di lei da cui sgorgava la musica.
Queste persone, per me, incarnano la saggezza. Spesso la saggezza nasce proprio quando si soffre per vivere nella verità. Molte di loro sono passate dalla paura al coraggio, dal dubitare di se stesse all’aver fiducia in se stesse, dall’isolamento al prendersi cura degli altri nella compassione. Hanno imparato quella saggezza che proviene dal non preoccuparsi di ciò che non sono in grado di controllare. Sono più in pace di prima e si accontentano di molto meno, perché ora possiedono la cosa più preziosa: la loro integrità.
Gwen ha perso molto quando non ha più potuto negare quello che era. È passata da una bellissima casa a due piani all’interno di un quartiere esclusivo, con uno spaziosissimo garage e una piscina, a un piccolo appartamento in affitto. Ora vive nella libertà e nella pace che sono il frutto di un minore attaccamento ai beni materiali.
Le vedo come persone rimaste fedeli a Dio. La maggior parte delle persone transgender che sono venute a cercarmi, l’hanno fatto perché volevano rimanere fedeli a Dio. È stato un dono, per me, poter essere testimone della guarigione del loro spirito, della conoscenza di se stesse che gradualmente è diventata sempre più profonda, della libertà interiore che è sbocciata per diventare un amore sempre più grande per Dio, per gli altri, per se stesse.
Chris, durante gli anni in cui ho camminato al suo fianco, ha partecipato a un paio di ritiri spirituali diretti da me. Il suo più grande desiderio è sempre stato stare a tu per tu con Dio, e più accettava la bontà del suo essere, più si apriva all’amore di Dio.
Qualche anno fa ho assistito a una recita organizzata dallo staff e dagli ospiti di un rifugio per senzatetto. Alla fine della recita, alcuni degli ospiti si sono avvicendati sul palco per dichiarare “Non chiamatemi ‘senzatetto’. Io non vi chiamo mica ‘dotati di tetto’”; “Non chiamatemi senzatetto; ho un master in ingegneria ambientale”.
Non chiamatemi peccatrice. Ho fatto il chierichetto, ho fatto parte del consiglio parrocchiale, ho fatto il catechista e spesse volte ho accompagnato in gita i giovani della parrocchia. Sono il vostro prossimo. Tonya
Chiamatemi Sean. È il mio nome, da quando avevo sei anni, ma nessuno lo sapeva, tranne me e Dio. Non sono una persona problematica, non sono un errore di Dio. Sono una persona transgender di buon senso, di cuore sincero e amorevole, amata incondizionatamente da Dio. Dio mi conosceva prima che nascessi, e oggi mi conosce come un uomo semplice di nome Sean. Sean
Non chiamatemi travestito. Io sono transgender, e questo non mi rende affatto inferiore. Sono molto più che transgender, e sono molto più del mostro che vi divertite a umiliare. Non chiamatemi negra. Io non faccio parte dell’odio, del razzismo e della codardia che hanno dato origine a quella parola. Non chiamatemi in nessun modo se non volete avere rispetto per la mia identità.
Be’, allora… non chiamatemi proprio. Amico che una volta amavo, per favore, non chiamarmi proprio. Una volta ti ho chiesto “Non chiamarmi David, per favore, chiamami Sara”, ma tu non sei riuscito a farlo. Dio mi ha fatto compiere questo viaggio difficile attraverso la mia verità senza mai lasciare la mia mano, nemmeno per un attimo; invece tu, amico mio, sei sparito. Sara
Per favore, chiamatemi Maxx e cercate di capire che non sto né da una parte né dall’altra. Chiedetemi quali pronomi preferisco e mi farete molto felice, ma non aspettatevi che stia sempre a spiegarvi il mio genere, e cosa significa essere trans. Mi piace insegnare qualcosa sul genere, ma è uno stress costante e ogni tanto ho bisogno di una pausa. Voglio entrare in un bagno pubblico senza paura e voglio camminare per il mondo avvolta dal medesimo rispetto che altri danno per scontato. Per favore, guardatemi per quello che sono. Maxx
… Libby
Chiamatemi leader. Ho fatto la mia transizione medica a metà degli anni ‘90, quando la maggior parte della gente nemmeno sapeva esistessero le persone trans. Grazie al mio carisma professionale ho obbligato il mondo aziendale a rivedere i suoi pregiudizi. Ho fatto da mentore ad altre persone trans, sia all’interno che all’esterno della mia azienda. Per vent’anni ho fatto il volontario tra gli adolescenti, insegnando ed aiutandoli a diventare adulti dal carattere forte. Sono stato una forza positiva nel mondo, insegnando agli altri ad essere il meglio di se stessi ovunque andassero. Scotty
Nel 2011 il nostro ex superiore generale domenicano, Timothy Radcliffe, incontrò la nostra comunità e parlò di Creare un ambiente di nonviolenza. In quell’occasione disse che vedere realmente gli altri è un modo di praticare la nonviolenza; nel mondo ci sarebbe molta, davvero molta meno violenza se riuscissimo a vedere gli altri così come ci vede Dio, prima di emettere qualsiasi giudizio. È il desiderio appassionato di papa Francesco, che ripetutamente ci invita alla cultura dell’incontro.
Molti anni fa un’organizzazione cattolica statunitense mi chiese di presentare il mio ministero tra le persone transgender alla loro conferenza annuale. Le persone transgender sanno parlare eloquentemente per loro stesse, così chiesi a una donna trans cattolica di parlare assieme a me, perché sapeva parlare molto bene ed era profondamente fedele a Dio e alla Chiesa Cattolica. Alla fine del nostro intervento un sacerdote si alzò, si diresse verso di lei, si inginocchiò di fronte a lei e le chiese di benedirlo. Noi due non eravamo minimamente preparate a una reazione del genere. Dopo un momento di silenzio, la mia amica pose le mani sulle spalle del sacerdote e pregò. Fu un’esperienza inaspettata e potente della presenza di Dio, della sua grazia e della sua guarigione, per il sacerdote, per la mia amica e per tutti i presenti. Era la grazia di venire vista per quello che era. Era la grazia di venire vista per come Dio la vedeva. Preghiamo per imparare a vederci l’un l’altro come Dio ci vede!
* Suor Luisa DeRouen ha fatto parte per 48 anni delle Missionarie Eucaristiche di San Domenico, ordine che ha contribuito a fondare. Nel 2009 la sua e altre sette congregazioni si sono fuse per diventare le Suore Domenicane della Pace. È laureata in liturgia e diplomata in direzione spirituale, e fino agli anni ‘80 ha svolto il suo ministero e la sua opera educativa in parrocchie di campagna. Nel 1999 ha cominciato a occuparsi della comunità transgender ed ha seguito, in maniera più o meno formale, il cammino spirituale di circa 250 persone transgender di tutto il Paese. Oggi è in semiemeritazione nella casa madre di santa Caterina nel Kentucky centrale.
* Global Sisters Report è in un progetto del portale cattolico statunitense National Catholic Reporter che vuol dare voce alle suore cattoliche di tutto il mondo.
Testo originale: The sacredness of being seen