Matrimonio gay. I cattolici francesi al centro delle polemiche
Articolo di Stéphanie Le Bars pubblicato su Le Monde dell’8 gennaio 2013, traduzione di www.finesettimana.org
La cerimonia degli auguri tra il presidente della Repubblica [francese] e i rappresentanti religiosi, prevista per martedì 8 gennaio, arriva al momento giusto. François Hollande potrà, ancora una volta, esporre davanti ai suoi interlocutori il suo concetto di laicità e del ruolo delle religioni nei dibattiti pubblici, mentre si sono moltiplicate in queste ultime settimane le tensioni tra la Chiesa cattolica ed il governo. L’opposizione frontale della Chiesa al progetto di legge sul “matrimonio per tutti” è al centro dei recenti irrigidimenti, non privi di strumentalizzazione politica.
L’ultimo scontro in termini di data, tra il ministro della pubblica istruzione e i responsabili dell’insegnamento cattolico, sta scemando di intensità. “Promuovo in questo paese una laicità aperta, non ci sarà una guerra della scuola”, ha affermato Vincent Peillon lunedì 7 gennaio su RTL.
“La polemica viene ravvivata dalla destra e non dalla Chiesa cattolica, assicurano ai ministero dell’interno. Il governo non ha alcuna intenzione di risvegliare guerre di scuola di alcun tipo.”
Questo nuovo incidente nelle relazioni tra la Chiesa e la sinistra ha tuttavia offerto l’occasione per una vivace discussione tra responsabili politici di destra e di sinistra, a riprova che questo argomento che riguarda l’intera società è diventato, alla vigila della manifestazione nazionale degli oppositori, domenica 13 gennaio, la posta in gioco di una battaglia politica.
In risposta al segretario generale dell’insegnamento cattolico che, in dicembre, aveva suggerito ai “membri della comunità educative” di organizzare dei dibattiti sul matrimonio per tutti, Peillon ha chiesto ai rettori di ricordare a tutti la stretta neutralità degli istituti scolastici, sia pubblici che privati convenzionati. Questa puntualizzazione, sostenuta dal Presidente della Repubblica e dall’insieme della sinistra, ha suscitato l’indignazione della destra.
Sospettando il suo successore di “rimettere in discussione il carattere proprio degli istituti privati”, l’ex ministro della pubblica istruzione Luc Chatel, ha denunciato domenica 6 gennaio sul Journal du dimanche, una “deriva preoccupante”. Sul Figaro sabato Laurent Wauquiez, ex ministro dell’insegnamento universitario, cattolico dichiarato, aveva suonato la carica, accusando il governo di voler “ridurre l’opposizione – al matrimonio per tutti – ad un solo gruppo reazionario che sarebbero i cattolici” e di “dare della laicità un’interpretazione deviata”. L’ha subito seguito Christine Boutin, presidente del Partito cristiano democratico, pronta a denunciare la “cattofobia” del governo.
Allarmati da una “cattosfera” particolarmente attiva su questo argomento, hanno anche ricordato le dichiarazioni di Najat Vallaud-Belkacemn, che, durante una visita in ottobre ad una scuola media, aveva risposta a degli alunni che il “matrimonio per tutti” avrebbe offerto “maggiore realizzazione, maggiore libertà, maggiore uguaglianza nella società”, e denunciato la sua mancanza di “neutralità”.
Emeric Bréhier, segretario nazionale all’istruzione e membro della direzione del PS, auspica che “i bambini non siano toccati da dibattiti politici” e deplora che la destra “sfrutti questo falso dibattito per tentare di nascondere le scorie della sua divisione”. “La scuola non deve essere il ricettacolo né di questo, né di nessun altro dibattito”, insistono le persone vicine al primo ministro.
Di fronte alla polemica che si stava sviluppando, il segretario generale dell’insegnamento cattolico, Eric de Labarre – la cui iniziativa è stata definita “una gaffe” nell’editoriale di La Croix di lunedì – , ha tentato di calmare gli animi. Ha precisato che non si trattava di “organizzare spontaneamente dei dibattiti nelle classi con gli studenti”, ma dei dibattiti “tra adulti”.
Su Radio Notre Dame, il presidente della Conferenza episcopale francese, Mons. André Vingt-Trois, ha anch’egli parlato di un dibattito mirante “a toccare piuttosto insegnanti e genitori”, e messo in guardia contro “una polizia del pensiero” se simili discussioni fossero proibite.
Questi scambi vivaci sul margine di autonomia nell’insegnamento cattolico giungono dopo diversi mesi di diverbi tra la sinistra e i responsabili religiosi, su temi estremamente diversi, come la procreazione medicalmente assistita, la ricerca sull’embrione, il suicidio assistito o la “requisizione” di edifici “quasi vuoti” di proprietà della Chiesa, di cui aveva parlato la ministra per l’alloggio, Cécile Duflot.
Ma lo scontro maggiore tra un governo e l’istituzione cattolica dal 1984 (data in cui da parte della sinistra era stata prevista, e poi abbandonata, la riforma della scuola privata) è quello sul matrimonio gay. In pochi mesi, i rappresentanti della Chiesa cattolica, religiosi o laici impegnati, sono riusciti a mobilitare e a strutturare le argomentazioni degli oppositori.
Questo potenziale di contestazione non è sfuggito alla destra: una parte, guidata da Jean-François Copé, ha deciso di scavalcare la Chiesa. Quanto al governo, avrebbe volentieri fatto a meno di una manifestazione di grande ampiezza contro una delle misure faro del quinquennio. In questo contesto, dei ministri, come Manuel Valls, hanno riconosciuto ai responsabili religiosi “il diritto”, anzi “il dovere di esprimere la loro opinione”, ma altri, a sinistra, tradizionalmente legati ad una stretta separazione del potere spirituale e di quello temporale, hanno affermato che la Chiesa cattolica esorbitava dal suo ruolo.
Eppure, malgrado la volontà sempre accarezzata da alcuni di rimettere in discussione il finanziamento pubblico dell’insegnamento cattolico o il concordato di Alsazia e Mosella (che organizza il finanziamento dei culti), è poco probabile che il governo attuale si lanci in una nuova guerra per le scuole o si ponga durevolmente in una forma di rinnovato anticlericalismo.
Lo stesso Peillon ha recentemente offerto un esempio di pragmatismo su questi temi. Incalzato dalle truppe più “laiciste” del proprio campo, impegnato da una promessa del candidato Hollande alle associazioni laiche, il ministro ha ammesso in dicembre la sua “estrema prudenza” di fronte alla rimessa in discussione della legge Carle che, a certe condizioni, obbliga un sindaco a pagare le spese per la scolarità di un bambino del suo comune che frequenta la scuola in un istituto privato di un’altra città; “un argomento complesso”, si è limitato a dire.
Anche l’inserimento dei primi due articoli della legge del 1905 nella Costituzione promesso da Hollande per “rafforzare la laicità”, ma temuto dalle istituzioni religiose, che vi vedono un rischio di rompere l’equilibrio acquisito nel corso del XX secolo su questi temi, fatica a trovare una attuazione giuridica accettabile. A queste relazioni ambivalenti tra la sinistra e la Chiesa cattolica oggi si aggiungono gli antagonismi culturali prodotti dalla secolarizzazione della società su temi come la famiglia (matrimonio, divorzio, filiazione) o la vita (aborto, eutanasia, procreazione medicalmente assistita).
Vanno quindi al di là dell’anticlericalismo tradizionale o di una ripresa della “guerra della scuola” denunciati da alcuni mesi da una parte dei credenti. E ripresi opportunamente da certi responsabili politici.