Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? (Gv 18,1-42)
Riflessioni bibliche di Angela Bauer-Levesque e Valerie Bridgeman tratte da About Out in Scripture (Stati Uniti), liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Pur sentendoci a volte abbandonati, siamo chiamati a vivere con integrità e a rischiare noi stessi per la libertà di tutti. I testi per il Venerdì Santo ci sono familiari, evocano sofferenze e cordoglio personali. Il senso di angoscia e abbandono permea le letture da Isaia e dai Salmi.
Nel sesto secolo prima di Cristo, durante e immediatamente dopo l’Esilio Babilonese, i poeti-profeti che si crede ci abbiano dato i capitoli 40-66 del libro di Isaia ci parlano del dolore personificato dal popolo di Israele, chiamato servo di Dio, che si aggrappano alla speranza oltre l’angoscia.
I vecchi studiosi della Bibbia chiamavano Isaia 52,13-53,12 il “canto del servo” finale. Più recentemente, sono stati indicati molti altri passaggi in cui Israele è chiamato “servo” e “figlia di Sion” e i lettori si sono convinti a non interpretare il passo come una singola voce individuale di uno che si lamenta. È la voce del popolo di Dio.
Dato che la Settanta (la traduzione greca della Bibbia ebraica) era la Bibbia che il movimento di Gesù post-pasquale udiva nel tempio, collegarono ciò che era accaduto a Gesù con le parole di Isaia.
Similmente, ogni comunità che abbia perso il o i leader a causa della tortura e della sofferenza, coglierà l’eco del lamento poetico di Isaia.
Chi conosce cosa significa essere disprezzati e rifiutati dagli altri, per esempio le persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT), si troveranno vicini al servo Israele, e anche a Gesù in questa tappa nel cammino della croce.
Potete per esempio ricordare le ultime ore di Matthew Shepard “crocifisso” a una staccionata a Laramie, Wyoming, nel 1998, o James Byrd Jr., strascinato da un pick-up a Paris (Texas); o Brandon Teena uccisa a colpi di pistola e accoltellata nella contea di Richardson in Nebraska.
Quando pensate alla “crocefissione”, quali morti, antiche e contemporanee vi vengono in mente?
Nel Salmo 22 il salmista affronta l’abbandono, dimenticato dalla famiglia e dagli amici, e grida a Dio che sembra assente. Nondimeno la persona che si lamenta non si arrende e si affida allo stesso Dio perché lo liberi, lo riunisca alla comunità, alla famiglia e alla nazione.
Sono le prime parole del Salmo 22 che pare Gesù abbia proferito sulla croce, secondo i vangeli di Marco, 15,34, e di Matteo, 27,46.
I sentimenti del salmo hanno risuonato negli individui e le comunità che sono stati trattati da reietti da chi deteneva il potere.
Le persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT) e i membri di qualsiasi altro gruppo i cui membri siano stati torturati e uccisi per quello che erano e per quello che rappresentavano possono testimoniare.
Quando vi siete sentiti abbandonati? Cosa vi ha aiutati a sopravvivere?
Dall’empatia con la sofferenza della croce, il lezionario ci porta a due passaggi alternativi in Ebrei. Ebrei 10,16-25 promette un nuovo patto, molto simile al nuovo patto promesso in Geremia 31,31-34.
Questo nuovo patto è caratterizzato dalla Torah scritta nei cuori del popolo, senza più bisogno di profeti, sacerdoti e pastori come mediatori, e dal perdono assoluto.
Le persone LGBT possono accogliere questa promessa e riappropriarsi della loro relazione con Dio, sbarazzandosi di quei guardiani che li/ci hanno tenuti fuori.
I versetti successivi di Ebrei, d’altro canto, sono più problematici, perché reintroducono dei rituali particolari che di nuovo hanno la funzione di tenere alla larga chi non li osserva. Eppure siamo chiamati a “incitarci all’amore e alle buone opere” (Ebrei 10,24).
Il passaggio alternativo, Ebrei 4,14-16: 5,7-9 mette in luce la perfezione di Gesù, e mentre il suo intento era di rivendicare uno spazio per gli ebrei cristiani uguale a quello degli altri ebrei nel tempio, nei secoli ha influenzato lo sforzo verso la perfezione.
Questa è stata la conclusione, in modo particolare, delle tradizioni cristiane eccessivamente centrate sull’automiglioramento invece che sul lavoro per migliorare le condizioni di vita di tutti.
La lettura dal vangelo Giovanni 18,1-19,42 narra le ultime ore di Gesù di Nazareth. Rappresentando sia il contesto religioso che quello politico della crocefissione, l’evangelista presenta le autorità religiose giudaiche vicino ai rappresentanti locali dell’Impero romano.
Il lavoro della vita di Gesù, tenere testa ai potenti, politici o religiosi che siano, culmina in una discussione su chi si crede che egli sia.
Il titolo “Re dei Giudei” chiaramente è un affronto al potere romano, che non tollera governanti locali. Va anche contro le attuali autorità religiose giudaiche che si considerano i successori del regno del re Davide.
L’evangelista descrive dettagliatamente le umiliazioni e le torture di Gesù sulla croce mentre il Gesù del vangelo di Giovanni parla di teologia.
Gli spettatori, la famiglia e i seguaci di Gesù come la plebe giudaica, sono testimoni dello strano interrogatorio bidirezionale.
La plebe viene descritta mentre chiede la crocefissione di Gesù, e la recitazione di questi versetti decisamente antiebraici del vangelo di Giovanni è stata usata per giustificare innumerevoli atti di antisemitismo nel corso dei secoli.
Vicinissime alla croce stanno la madre di Gesù Maria, sua zia Maria, la sua discepola più cara Maria Maddalena e il discepolo che Gesù amava. Gli altri sono già fuggiti e anche questi simpatizzanti corrono un pericolo mortale.
Una madre che piange, un padre assente, gli amici più cari: immagini anche troppo famigliari alle persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT) durante la loro ultima ora come durante altri difficili momenti del coming out.
Conosciamo quei momenti in cui si tiene duro per la propria integrità, in cui si raddrizza la schiena invece di essere acquiescenti allo statu quo di leggi e regolamenti, usanze e promesse.
Assumersi dei rischi per il cambiamento e la libertà è roba pericolosa. Potrebbe portare alla croce.
Quando e dove siete stati vicino alla croce degli altri?
Preghiera
Dio di compassione e integrità
noi portiamo di fronte a te la sofferenza e la tortura di questo mondo e della nostra comunità
dacci il coraggio di resistere di fronte all’avversità e alla minaccia
facci sostenere l’un l’altro nei momenti di sofferenza
infondici il dovere di far cessare ovunque la tortura
mentre piangiamo la morte di Gesù in croce
e continuiamo come discepoli di Cristo nel mondo.
Nel nome di Colui che mostra compassione
Colui che mostra integrità e coraggio
che ci rende liberi, nel nome di Gesù. Amen.
I passi biblici di questa settimana: Isaia 52,13-53,12; Salmo 22; Ebrei 10,16-25 o Ebrei 4,14-16; Giovanni 18,1-19,42.
Testo originale: My God, My God, Why Have You Forsaken Me?