Mio figlio è gay. Come reagisce un genitore?
Brano tratto da un articolo pubblicato da Stéphanie Thibault su Planet.fr (Francia) il 31 maggio 2012, liberamente tradotto da Massimo B.
Che voi l’abbiate mai sospettato o meno, vostro figlio ha vuotato il sacco: è gay. Passata la sorpresa iniziale, arriva il momento delle domande a cui è davvero difficile dare risposte appaganti.
Maryse Vaillant, psicologa e autrice di «Etre mère: mission impossible?» (Essere madre: missione impossibile?) ci fornisce alcune indicazioni per come reagire al meglio e aiutare il proprio figlio nei momenti di difficoltà.
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Saper «incassare» il colpo.
Nel maggio del 2011, David Ginola posa per la copertina della rivista (ndr gay francese) «Têtu». Se è vero che il vecchio asso del calcio non deve fare alcuna rivelazione, non ha però nemmeno risposto ad una domanda davanti alla quale vengono posti moltissimi genitori, ovvero: “se Suo figlio fosse gay?”
« Se mio figlio me lo dicesse oggi, ma lo sapesse già da tanto, mi farei delle domande su me stesso», ha dichiarato quindi David Ginola.
«Sull’educazione, ad esempio. Mi accuserei di essere stato cieco e non aver notato tutti quei difficili momenti che deve aver passato nell’infanzia, senza poterne parlare con noi, i suoi genitori, attimi di frustrazione, solitudine. Penso proprio che occorra ridare importanza all’amore ».
Un bel messaggio d’amore e di tolleranza, molto difficile però da sentire in profondità e rendere personale, quand’è il proprio figlio che ha deciso di fare il passo e dire la verità: ebbene sì, gli piacciono gli uomini.
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Perché questa confessione rappresenta uno choc?
Pur nutrendo già alcuni dubbi in proposito, non si può certo dire che la notizia sia facile da digerire. Ma perché proprio mio figlio? Perché io? Cos’ho fatto di male per meritarmi questo?
Nonostante l’amore smisurato che ognuno di noi ha per il proprio figlio, una parte di noi sembra voler rifiutare totalmente questa situazione.
Questo tipo di reazione non appare affatto anomala alla dottoressa Maryse Vaillant, psicologa e autrice di “Etre mère: mission impossible?” (Essere madre: missione impossibile?), ma che deve portarci a cambiare per poter accettare al meglio la situazione.
“Beh, certamente è uno choc. E’ pur sempre difficoltoso sentire dire al proprio figlio di essere omosessuale, perché questo va contro la regola del classico schema di coppia eterosessuale, della famiglia, dei figli”, continua la dottoressa Vaillant nella sua analisi.
“Questa sensazione di choc, di rifiuto, ha una sua spiegazione nella domanda inconscia che ci poniamo spesso dentro di noi: ma chi è questa gente che si prende la briga di rompere il patto transgenerazionale?
Perché la prima cosa che viene da pensare ad una mamma è: “Non avrò mai dei nipotini”?. Non si tratta quindi di omofobia, quanto piuttosto di delusione o d’incomprensione”.
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Perché mi sento in colpa io?
Una volta metabolizzata la notizia, spesso lo shock lascia spazio ai sensi di colpa e, con questi, ad una domanda in particolare: dov’è che ho mancato o agito male?
Secondo Maryse Vaillant, si tratta di una reazione del tutto naturale, in quanto, qualsiasi cosa possa capitare, una madre si sentirà sempre in colpa di quanto succede ai propri figli nella vita. ‘Proprio perché è stata lei a portarli in pancia, tra le braccia, li ha nutriti, educati … Ma anche perché è la società stessa che addita la “madre” come colpevole.
Basta che si presenti un problema con i figli, allora è per forza colpa della mamma, perché li ha cresciuti male, educati male, ecc.”, spiega la psicologa. E’ dunque insito nella nostra natura e nella nostra cultura di madri, che ci fa sempre dubitare, in continuazione.
La dottoressa Maryse Vaillant, però, è ottimista. “Quando la questione tocca qualcosa di così importante come la scelta sessuale, viene immediatamente da esclamare? Dio mio! Cosa ho fatto?!”.
Ma, al contrario, potremmo anche essere orgogliose del fatto che nostro figlio non se ne vergogni, nascondendosi e dirci quindi ‘Sono stata una gran brava mamma e infatti lui, adesso, non si vergogna di essere quello che è!”.
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No, non si tratta di educazione!
Non c’entra niente come i figli sono stati cresciuti dalla famiglia – e questo è un elemento da tenere bene a mente; questo fatto non ha alcuna influenza sull’orientamento sessuale futuro del bambino/della bambina.
“Nessuno sa il perché si possa diventare omosessuali”, ricorda la dottoressa Vaillant. “Non si tratta né di una malattia, né di una devianza, come è stata definita per tantissimo tempo.
Ognuno di noi possiede una parte bisessuale ed è attirato/a dall’uno o l’altro sesso, senza che possa darsene una spiegazione.
A coloro i quali criticano con veemenza l’omosessualità, si può dare quindi una risposta, ma soprattutto si può trovare con questa un conforto per noi stessi: ’L’omosessualità è un orientamento giusto quanto l’eterosessualità’, tiene a precisare Maryse Vaillant.
‘Possiamo tranquillamente lasciare che il nostro figlio maschio giochi con le bambole oppure farlo travestire da bambina, se ne sente la necessità; questo non vuole per forza dire che, un domani, sarà omosessuale. E se lo diventerà, starà a noi aiutarlo a vivere questa condizione senza vergogna!”
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Faccio perlomeno fatica ad incassare il colpo
Sia che fossimo già preparati o no, non è facile tenere a bada i propri sentimenti e le proprie reazioni. Ma il più delle volte, si tratta più di un sentimento d’impotenza.
Ci sentiamo spiazzati, in quell’attimo veniamo attraversati dalle sensazioni e degli stati più diversi.
Per la dottoressa Vaillant, però, le madri che rifiutano di affrontare totalmente la situazione, e dunque rifiutano i loro stessi figli/le loro stesse figlie, sono sempre più rare.
‘Quando si tratta della propria figlia, si pone in effetti la domanda dei nipotini ai quali ci si vede costretti a rinunciare. Ma quando la mamma ha a che fare col figlio maschio, la cosa è un po’ diversa’, spiega la psicologa. ‘Ci possiamo dire che “non ha incontrato una donna”. E, a questo punto, si viene sopraffatti da un sentimento simile alla soddisfazione. Poiché una buona parte dell’attaccamento che si ha con il proprio figlio si basa su di un sentimento incosciente secondo cui la mamma rappresenta il primo ed unico amore del proprio figlio’.
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Il padre non l’accetta
Se voi riuscite a riflettere e a prendere le cose con filosofia, dalla parte del padre, invece, la pillola è spesso più difficile da inghiottire. I sentimenti sono collera, rifiuto. … Alcuni preferiscono nascondere la faccia dietro ad un velo e negare tutto, mentre altri non ne vogliono proprio sentir parlare finendo, spesso per interrompere qualsiasi tipo di rapporto.
‘I padri hanno spesso una reazione molto machista nei confronti del coming-out dei figli, in particolare del proprio. E solitamente questo avviene perché temono loro stessi di non essere virili’, spiega la dottoressa Vaillant.
“L’omosessualità dichiarata del proprio figlio li riporta alle proprie angosce. Tutti gli uomini hanno vissuto degli attimi di omosessualità, ma la stragrande maggioranza di questi non l’ha accettato”.
I padri non sono dunque chiamati in causa, se non per quanto concerne un aspetto educativo. Sono le mamme che, di solito, cercano di smussare gli angoli; occorre però iniziare un dialogo anche col padre per fargli capire bene il messaggio, con dolcezza.
“La cosa essenziale è potergli comunicare che ‘essere gay’ non vuol dire ‘essere una femminuccia’, ma che l’omosessualità è anch’essa una forma di mascolinità”, specifica la psicologa.
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Testo originale: Mon fils est gay, comment réagir?