Omosessuali credenti. Noi nella Chiesa cattolica ancora rifiutati o esclusi?
Lettera-testimonianza di “Davide e Gionata” di Torino del 15 marzo 2000
“Se stai portando la tua offerta all’altare di Dio e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì l’offerta davanti all’altare e vai a far pace con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta” (Mt. 5,23-24)
In quest’anno di grazia in cui la Chiesa cattolica ricorda il mistero dell’Incarnazione di Cristo e celebra il Giubileo alla luce della conversione e della riconciliazione, le parole del Vangelo ed i recenti interventi della Santa Sede in merito alle manifestazioni romane del Gay-Pride, ci hanno fatto riflettere ancora una volta sulla situazione in cui si trovano oggi molte persone omosessuali, all’interno della Chiesa cattolica.
Molti credenti e praticanti si sentono spesso rifiutati ed esclusi, in quanto omosessuali, proprio dalla Chiesa che amano, in cui sono cresciuti ed in cui vivono attivamente la loro fede. E questo rifiuto, manifestato più volte in modo autorevole e solenne dal Magistero, provoca sempre più un doloroso allontanamento di molti dalla pratica religiosa e dalle attività pastorali.
Molte persone omosessuali cattoliche hanno l’impressione che sia impossibile vivere pienamente il loro modo di essere al mondo, chiamati come sono dal Magistero cattolico, a negare ed a nascondere, a se stessi e ad altri, la parte più intima e profonda della loro capacità di amare. Il documento della Commissione teologica internazionale su: “Memoria e Riconciliazione”, presentato in questi giorni, invita a “purificare la memoria” ossia a “liberare la coscienza personale e collettiva da tutte le forme di risentimento e di violenza”. Questo processo deve portare ad un reale cammino di riconciliazione.
Ma la conversione e la riconciliazione, che la Chiesa pone come punti chiave dell’anno giubilare e che il brano evangelico citato ci suggerisce, richiedono alcune condizioni fondamentali. Richiedono una riflessione comune sul passato e sul presente, un desiderio di ascolto e di comprensione, una disponibilità a riconsiderare i termini delle questioni in gioco, a rivedere, se necessario, le proprie opinioni. Il documento citato, al n.5,5 ricorda come: “la via migliore perché i cristiani irradino la verità del Dio amore è il reciproco amore”.
Ma è proprio questo amore, stimolo e guida di ogni nostra azione, che spesso abbiamo l’impressione non sia presente nel modo in cui il Magistero cattolico affronta i problemi degli omosessuali e soprattutto nel modo in cui tratta coloro che condividono apertamente queste difficoltà (si veda ad esempio il recente caso di padre Robert Nugent e di suo Jeannine Gramick, negli USA, impegnati da 25 anni nella pastorale con gay e lesbiche, ai quali è stato proibito di continuare la loro attività).
Al n.6,1 accennando alle finalità pastorali del riconoscimento delle colpe del passato, il documento sottolinea che la purificazione della memorie “soprattutto se maturata nel dialogo e nella paziente ricerca della reciprocità con chi potesse sentirsi offeso da eventi o parole del passato (e noi aggiungiamo: anche del presente) può contribuire a far crescere la comunità ecclesiale”. E al punto 6,2 il documento dice ancora che sia i convenienti atti di riparazione, sia la testimonianza della buona volontà e dell’amore della verità, saranno fatti “tanto meglio, quanto più ci sarà dialogo e reciprocità fra le parti in causa in un eventuale cammino di riconciliazione”.
Sollecitati perciò dalla Parola di Dio che ci invita a muoverci verso chi ha qualcosa contro di noi ed a cercare di riconciliarci con lui e da quest’ultimo autorevole intervento del Magistero, consapevoli delle molte deficienze del nostro operare ma fiduciosi nell’aiuto di Dio, chiediamo ai vescovi delle Chiese della regione pastorale piemontese e, tramite loro, a tutta la Chiesa italiana:
– di dimostrare una maggior disponibilità al dialogo ed al confronto con le persone e le associazioni di omosessuali e di lesbiche;
– di riscoprire gli aspetti positivi della sessualità umana che permettono di vivere la relazione nella pienezza del dono reciproco;
– di distinguere fra matrimonio come sacramento per la coppia eterosessuale e le unioni civili di fatto, che nulla hanno a che vedere col sacramento e con la famiglia cristiana ma che possono garantire a tutti un minimo di diritti civili e sociali;
– di fare un primo passo di riconciliazione individuando, soprattutto in quelle diocesi in cui sono presenti gruppi o associazioni di omosessuali, cristiani o non, una o più persone con le quali poter avviare un dialogo sereno e fraterno.
Da parte nostra rinnoviamo ancora una volta la disponibilità piena e continua ad instaurare un rapporto fraterno e costruttivo con tutti coloro che vogliono dare una mano a noi ed alla Chiesa tutta per crescere assieme in una comunità sempre più fedele al Vangelo di Cristo.
Cordialmente
Associazione di Credenti omosessuali “Davide e Gionata” di Torino
* L’associazione di credenti omosessuali “Davide e Gionata” nel marzo 2000, in occasione del giubileo indirizzava questa lettera ai Vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta e, tramite loro, a tutta la chiesa cattolica Italiana a cui ricordava come “molti credenti e praticanti si sentono spesso rifiutati ed esclusi, in quanto omosessuali, proprio dalla Chiesa che amano, in cui sono cresciuti ed in cui vivono attivamente la loro fede” e chiedevano ai pastori della loro chiesa “una maggior disponibilità al dialogo ed al confronto con le persone e le associazioni di omosessuali e di lesbiche”. Un invito che questa volta non è caduto nel vuoto visto che da alcuni anni è in corso un dialogo concreto nella diocesi di Torino, tra i gruppi di credenti omosessuali e la chiesa locale, fatto di incontri e di un cammino condiviso.