Omosessualità. Una chiesa che sa aprirsi davvero all’amore (quinta parte)
Conferenza del Padre dominicano Gareth Moore* tenuta alla comunità domenicana di Froidmont à Rixensart (Francia) l’8 e il 9 marzo 1997, liberamente tradotta da Francesca Macilletti
(Il documento cattolico) “Homosexualitatis problema” è d’accordo nel dire che gli omosessuali siano capaci di amare, che siano spesso generose e capaci di donarsi agli altri. Ma il documento pretende, come lo abbiamo già visto, che “quando intrattengono un’attività omosessuale, coltivino in loro un’inclinazione sessuale disordinata, fondamentalmente caratterizzata dall’autocompiacimento”. Questo vuol dire più del semplice fatto che gli omosessuali fanno l’amore perché lo trovano piacevole; è piuttosto un’accusa di edonismo ed egoismo; l’attività omosessuale è contro l’amore.(…)
Quando si dice che qualcuno agisce per egoismo o per autocompiacimento, diciamo perché fa quello che fa; parliamo delle sue intenzioni, dei suoi desideri. Ora, chi meglio sa quello che una persona vuole fare e perché, è la persona stessa. Non è corretto imputare a priori un’intenzione egoista a un’altra. Bisogna chiedere ai diretti interessati. È chiaro che due omosessuali possano fare l’amore per molte ragioni differenti e queste ragioni non sono per forza egoiste; ognuno può voler far piacere all’altro, come in una coppia eterosessuale.
(…) Per farla breve, è semplicemente falso dire che i rapporti omosessuali siano fondamentalmente caratterizzati dall’autocompiacimento. Tutte le intenzioni, tutti i desideri possibili per una coppia eterosessuale lo sono anche per una coppia omosessuale, salvo l’intenzione di procreare, e la mancanza di questa intenzione non rende egoisti i rapporti sessuali. Se i rapporti eterosessuali potessero essere l’espressione di un reciproco dono di sé, anche quelli omosessuali possono esserlo. Se questo suggerimento è corretto, gli omosessuali sono soggetti alla stessa legge degli eterosessuali, quella dell’amore. Tutti ne sono soggetti perché l’amore è la vera volontà di Dio. Ne sono soggetti in tutti gli aspetti della loro vita: nella loro vita economica, politica, nelle loro relazioni con i figli, se ce li hanno, nella loro vita artistica, nella loro vita sessuale. Nel dominio sessuale, che cosa esige l’amore?
A mio avviso, esige almeno che non ci si imponga all’altro e che non lo si utilizzi come un semplice oggetto sessuale, che non lo si deluda, che non lo si tradisca attraverso l’infedeltà sessuale. L’amore esige inoltre che la coppia non dimentichi l’obbligo di amare gli altri. Ci sono forse altre forme che derivano dall’amore; è da discutere. Per un cristiano, la vita sessuale non è separata dalla sua vita di fede. Se ama, l’omosessuale può credere, come l’eterosessuale, che adempia alla volontà di Dio. Se ama, è legato agli altri dal legame voluto da Dio, quello dell’amore. L’amore è il principio dell’unità che unisce la Trinità. L’unità umana è un’immagine dell’unità divina e deriva da essa. “Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel Tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.” (Giovanni 17,11)
“Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in Te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che Tu mi hai mandato.” (Giovanni 17,20-21)
Per la maggior parte della gente nella maggior parte delle circostanze, questo amore non si esprime sessualmente. Nel caso di un amore carnale, i rapporti sessuali diventano l’espressione naturale dell’amore. Possiamo credere che in questo caso l’unione carnale di una coppia omosessuale possa diventare anch’essa, come lo pretende la Chiesa nel caso di coppie eterosessuali, una rappresentazione simbolica di quell’amore che è il principio dell’unità di Dio. Chi ama veramente un altro, a volte, sostiene che l’altro sia il dono di Dio. Questo è vero. È normale rendere grazie per un dono. Per un cristiano, niente è dovuto: tutto è grazia, tutto è un dono. La forma cristiana della felicità è la riconoscenza.
È per questo che San Paolo disse: “Rendete continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.”(Efesini 5,20) … “E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre.”(Colossesi 3,15.17)
Un cristiano che ama veramente un altro, ne rende grazie a Dio. Alcuni tra noi sono eterosessuali, altri omosessuali: non abbiamo alcun controllo su questo. Ma, se Dio ci ha donato un uomo o una donna che siamo capaci di amare, tutti possiamo, dovremmo rendere grazie a Dio. (…) Ho suggerito che tutti quelli che amano dovrebbero rendere grazie a Dio per il loro amore. (…) È interessante notare che c’era, nelle Chiese primitive, un dibattito, non sulla necessità di osservare l’eterosessualità ma sulla necessità di osservare certe leggi inerenti il sabato e il cibo.
Anche Paolo risponde a questo dibattito: “Accogliete chi è debole nella fede, senza discuterne le opinioni. Uno crede di poter mangiare di tutto; l’altro, che invece è debole, mangia solo legumi. Colui che mangia, non disprezzi chi non mangia; colui che non mangia, non giudichi chi mangia: infatti Dio ha accolto anche lui. Chi sei tu, che giudichi un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò che riguarda il suo padrone. Ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di tenerlo in piedi. C’è chi distingue giorno da giorno, chi invece li giudica tutti uguali; ciascuno però sia fermo nella propria convinzione. Chi si preoccupa dei giorni, lo fa per il Signore; chi mangia di tutto, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio; chi non mangia di tutto, mangia per il Signore e rende grazie a Dio.” (Romani 14,1-6)
In una chiesa condivisa bisogna, secondo Paolo, che ognuno, rispettando la propria opinione, rispetti quella degli altri. L’importante è conservare l’unità fondamentale della Chiesa, unità che è fondata sull’amore reciproco.
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* Il padre dominicano Gareth Moore è deceduto nel dicembre 2002
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Testo originale: HOMOSEXUALITE ET CHRISTIANISME. Conclusion V