Perché il cattolicesimo di regime ha cancellato la memoria risorgimentale
Riflessioni di Fabio Regis, autore di L’amore forte (2008), del 28 febbraio 2010
Il 17 marzo 2011 si celebrerà il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Nell’indifferenza generale, come denunciato da numerosi osservatori.
Ritengo superficiale e sbrigativo addossare la responsabilità di questo increscioso oblio ad alcune elite intellettuali della sinistra italiana.
E tutto questo in brutale disprezzo delle battaglie di libertà e di uguaglianza che hanno attraversato i cento anni che vanno dal 1848 al 1948.
Ho apprezzato l’onestà intellettuale della storica cattolica Angela Pellicciari, che nel suo libro Risorgimento da riscrivere ha apertamente riconosciuto che il Risorgimento fu una clamorosa sconfitta del clericalismo e, per contro, mi viene da aggiungere, una grande vittoria della laicità e della libertà contro la follia del potere temporale della Chiesa e del fondamentalismo cattolico.
L’Italia è nata su questo. Sull’istituzione del matrimonio civile, sull’abolizione dei privilegi ecclesiastici, sulla liberazione di Roma.
Ma, diversamente dalla rispettabile prospettiva della Pellicciari, non si trattò di furia antireligiosa. Si trattò, piuttosto, di buon senso. Quel buon senso che portò alla Legge delle Guarentigie, che fissò alcune importanti tutele per il papa e per la Chiesa cattolica italiana.
Fu la sciagura fascista, con Mussolini, a dare nuovo vigore al cattolicesimo di regime. La firma dei Patti Lateranensi non avvenne sulla base di un consenso popolare!
Vigliaccamente, un prezioso lembo d’Italia, una e indivisibile, fu sottratto alla nostra sovranità da una dittatura sanguinaria che creò dal nulla lo stato Vaticano, per venirne a patti, nella speranza di amplificare opportunisticamente la propria autolegittimazione.
Il solo fatto di venire a patti col fascismo è rivoltante e da cattolico provo vergogna alla sola idea. Tuttavia, nell’euforia dell’Assemblea Costituente, i Padri vollero credere nella buona fede della Controparte, avendo pure conosciuto il valore di tanti cattolici nella Resistenza.
Questa dovrebbe essere l’agenda prioritaria di qualsiasi uomo e donna davvero coraggiosi servitori del bene comune, per il futuro politico d’Italia.
Da amante della linearità anglosassone, riconosco a Berlusconi il merito di aver contribuito a ripulire lo scenario politico italiano dalla partitocrazia e di aver contribuito a migliorare la governabilità del paese.
Ma, da cattolico liberale e laico, non posso non rilevare alcuni colossali errori di Berlusconi. Primo fra tutti, l’aver stretto una simbiosi ideologica con quello che può essere definito “il cattolicesimo di regime”, abdicando di fatto ad alcuni dei più basilari principi liberali.
Ed è piuttosto bizzarro che a fare questa mossa sia qualcuno che ha nel proprio passato l’adesione alla massoneria. E non si tratta qui di giudicare la scelta di un cattolico, quale Berlusconi ritiene d’essere, alla massoneria.
Si tratta qui di giudicare il comportamento di un politico cattolico per il bene comune di tutti i cittadini. Cosa farebbe Cavour, caro Presidente Berlusconi, per i diritti delle coppie omosessuali? Se ne laverebbe le mani come Ponzio Pilato? O andrebbe fino in fondo a costo di risultare inviso all’establishment clericale?
A chi, fuori e dentro il PDL, non vede l’ora di sostituire Berlusconi, vorrei rivolgere questa domanda provocatoria: siamo sicuri che il dopo sarà meglio dell’oggi? Gli ingegneri del totalitarismo cattolico stanno costruendo il postberlusconismo a loro uso e consumo, non nell’interesse dei più deboli e degli svantaggiati.
Se Berlusconi, come già fece Mussolini, continuerà a seguire la strada dei patti col cattolicesimo di regime, potrà trarre ancora qualche vantaggio di breve periodo, ma alla fine, nella migliore delle ipotesi, sarà gettato nel macero storiografico che ha cancellato la memoria risorgimentale. Berlusconi, in questo momento, sembra essere diventato l’instrumentum regni per la restaurazione del potere temporale della Chiesa.
Ma i suoi collaboratori più accorti, in realtà, se ne sono resi conto: questa è la ragione della diffidenza verso alleanze strutturate col partito clerical-reazionario di Casini e Buttiglione, inspiegabilmente ammesso nella famiglia del Partito Popolare Europeo e opportunisticamente coalizzato ora con gli uni, ora con gli altri in una spasmodica rincorsa al potere.
Dal canto suo, la leadership del PD, su questi rischi, non sembra né più né meno distratta di Berlusconi.
Il disegno del cattolicesimo di regime sul postberlusconismo è, dunque, piuttosto chiaro. C’è un solo risorgimento che la storia dovrà ricordare: il risorgimento del potere temporale della Chiesa.
In tutto questo, l’unica speranza d’Italia è una nuova Resistenza, ideale e non-violenta, che riunisca diverse tradizioni politiche, e in cui i cattolici liberali, adulti e di buon senso, siano chiamati a giocare un ruolo decisivo.