Perché la mia omosessualità è un problema per la mia chiesa?
Testimonianza di Jean-Paul Guisan* pubblicata sul sito del gruppo LGBT cristiano C+H (Svizzera) nel novembre 2009, liberamente tradotto da Marta S.
Vorrei iniziare questo mio discorso ponendovi la seguente domanda: Perché l’omosessualità è un problema? In altri termini, perché esiste l’omofobia? Vi ricordo che in greco antico la parola fobia sta ad indicare una paura irrazionale. Proprio lo stesso meccanismo dell’aracnofobia, la paura dei ragni. L’omofobia è dunque una fobia rivolta verso le persone omosessuali.
Perché dunque l’omosessualità provoca un tale sentimento di rigetto, disgusto e odio? Perché è il soggetto tabù per eccellenza? O quantomeno, lo è certamente stato fino a tempi piuttosto recenti, nella nostra società. Siamo tutti d’accordo sul fatto che sia una questione di sessualità, ma anche di amore e sentimenti, o forse tutto ciò contemporaneamente, proprio come nelle coppie eterosessuali?
Forse perché l’omosessualità è proibita in tutte le religioni, sia nella Bibbia che nel Corano? Ma quando noi ci facciamo trattare da sporchi finocchi nei nostri Paesi, è per obbedire alla Bibbia? Io non sono affatto certo che tutte quelle persone, giovani e meno giovani, che provano avversione per gli omosessuali la pensino così perché sono credenti. Nei Paesi europei, infatti, la maggior parte degli omofobi non fa affatto riferimento alla Bibbia, anche perché è la maggioranza delle persone in generale a non avere più nella Bibbia un punto di riferimento. Punto e basta.
Potremmo porre lo stesso problema in altri termini: per quale ragione la parola “finocchio”, o “rotto in culo” (chiedo scusa, ma sono proprio queste le parole che si sentono in giro, forse non in chiesa, ma le si sente in ambienti di tipo ricreativo, o persino quando siamo bloccati nel traffico), perché dunque proprio queste parole sono usate come i peggiori tra gli insulti? O per meglio dire, perché la realtà che tali termini evocano è considerata così turpe e vergognosa? Perlomeno quando tali termini sono riferiti a un uomo. Perché mai?
Adesso giungerò al cuore del mio discorso, ricordando che ogni omosessuale ha una storia personale che appartiene solo a lui/lei. Ogni persona omosessuale prende coscienza del proprio orientamento in una fase diversa della propria vita. Alcuni scoprono la propria omosessualità solo una volta sposati, alcuni vivranno le proprie relazioni omosessuali alla luce del sole, altri di nascosto, altri ancora non ne vivranno affatto, pertanto le riflessioni che condividerò con voi sono rappresentative solo ed esclusivamente del mio percorso personale.
Sono nato nel 1961. Pian piano mi sono reso conto di essere attirato più dagli uomini che dalle donne. All’inizio volevo sentirmi come gli altri. Negli anni delle elementari ho anche avuto delle fidanzatine. Durante l’adolescenza, però, tutto mi è diventato chiaro: ero attratto dai ragazzi più grandi e dagli uomini adulti, e in seguito mi è anche successo di innamorarmi di un mio compagno. Ma a quei tempi mi era chiara anche un’altra cosa: tutto ciò non era normale, o forse anche qualcosa di peggio. Mi ricorderò sempre quando, a dodici anni, lessi un articolo di giornale in cui si mettevano insieme omosessuali, pedofili ed esibizionisti, facendo di tutta l’erba un sol fascio, insomma gli omosessuali erano una delle categorie del mondo dei perversi. Fu davvero un grande choc. Appartenevo alla specie dei perversi, il futuro era irrimediabilmente segnato, senza speranza. Sarei rimasto per sempre solo, infatti non avevo nessuna intenzione di frequentare altre persone malate e perverse come me.
In classe con me c’era un ragazzo piuttosto effeminato, di cui tutti si prendevano gioco perché era abbastanza evidente che fosse gay. Lui non protestava in nessun modo. Ovviamente anche io lo prendevo in giro insieme agli altri, nella speranza che essi non mi considerassero allo stesso modo. Naturalmente sentivo anche un forte senso di colpa verso di lui, mi sentivo un vero traditore.
La mia ricerca religiosa
In quel periodo mi interessavo anche molto alla sfera religiosa. Ero precoce, perché mi ponevo già le grandi domande classiche: perché esiste il mondo, qual è il senso della mia vita? Ero cresciuto nella Chiesa riformata di Neuchâtel. Era una Chiesa moderata, nel senso che non condannava l’omosessualità, così come non condannava null’altro. Era molto liberale, l’esatto opposto rispetto al fondamentalismo; non cercava di imporre nessuna verità prestabilita e lasciava ognuno libero di scegliere la propria strada. Io tuttavia mi sentivo deluso. Se posso essere un po’ caricaturale, è come se mi avessero detto: “Dio è amore, ama il bene più del male, il bene è meglio del male, ma Dio perdona perché è amore”.
Poi sono entrato in contatto con dei cristiani evangelici. Loro sì che rispondevano alle domande. La Bibbia aveva una risposta per tutto. Per trovare il senso della vita, era sufficiente donare il proprio cuore a Gesù. Avevo 19 anni. Ho messo da parte la mia omosessualità, insieme a tutta la mia vita sessuale e affettiva. Per me era tutto chiaro: Dio amava il peccatore, ma non il peccato. La sessualità era per me ciò che l’alcool è per l’alcolizzato. Per le persone sane, l’alcool è permesso e lo si può anche apprezzare, sebbene con moderazione; invece per gli alcolizzati può essere fatale anche una sola goccia. Per me, le cose stavano proprio così. La sessualità, nella sua versione omosessuale, era una cosa proibita, ma dicevo a me stesso che forse un giorno sarei guarito e avrei iniziato a sentirmi normalmente attratto da una donna.
Sono dunque venuto a Ginevra e mi sono immerso negli studi letterari ad indirizzo filosofico. Ho fatto parte dei Gruppi Biblici Universitari. Non tutte le persone che frequentavano tali gruppi avevano idee fondamentaliste, ma io le avevo, eccome. Come si suol dire, ero più realista del Re. Gli schemi mentali attraverso cui inquadravo il mondo erano fondamentalisti. Ai miei occhi, l’omosessualità era un peccato, forse non peggiore di tanti altri, ma che certamente, se così si può dire, non bisognava commettere.
Ho continuato a ragionare così per diversi anni. Verso i 25 anni, però, a poco a poco mi sono reso conto che tale modo di pensare non stava più in piedi. Come tanti altri fondamentalisti, anche al di fuori del mondo cristiano, avevo bisogno di una Verità con la V maiuscola che mi rassicurasse, altrimenti mi sarei sentito perduto, solo, in un mondo che mi spaventava. Quanto all’omosessualità, non ero affatto guarito.
A quel punto ho deciso di fare una pausa, di mettere la mia fede in stand-by. Allo stesso tempo, ho anche iniziato a vivere poco a poco la mia sessualità, in un primo momento in maniera piuttosto timida. Ho preso contatto con un’associazione gay di nome Dialogai. Ho dovuto arrendermi all’evidenza: essere omosessuale non significava fare del male, né a se stessi né agli altri. Ciò era però un problema per un’ampia parte della popolazione, soprattutto per quella maschile. Nel migliore dei casi, ci tolleravano. Dicevano che ognuno è libero di fare ciò che vuole nella propria camera da letto, è un fatto privato. Ma in realtà, quando si dice ciò, si invia lo stesso il messaggio subliminale secondo cui si tratta di una cosa vergognosa. Il lunedì in ufficio, quando qualcuno racconta ciò che ha fatto con la sua partner in famiglia, in fondo sta parlando proprio della sua vita privata.
Quanto a me, non amavo molto l’idea di autoghettizzarmi, ma allora come fare per incontrare altri gay? All’epoca internet non esisteva, dunque ho iniziato ad accettarmi e a vivere la mia vita. Ho iniziato a fare molte esperienze e scoperte, più o meno gradevoli e appaganti. Avevo pensato che fosse possibile mettere da parte la fede, ma in effetti il mio agnosticismo è durato poco. Una volta accettata pienamente la mia omosessualità, mi sono finalmente reso conto che, per Dio, essa non costituiva affatto un problema: come poteva essere altrimenti? Il rispetto e l’amore che io provavo verso me stesso e verso il prossimo erano gli stessi che sentivano le persone eterosessuali. Dio è amore, e l’amore è presente anche nelle coppie dello stesso sesso.
Poi sono venuto a sapere che esistevano dei gruppi di cristiani omosessuali, sia nella Svizzera tedesca che altrove. Ne ho parlato a Dialogai, ma loro pensavano che le religioni fossero i peggiori nemici degli omosessuali. In fondo è vero: in Europa anche gli omosessuali sono stati a lungo mandati al rogo, esattamente come le streghe. A Ginevra sono state ritrovate le carte di un processo nel quale un ragazzo era stato condannato a morte dopo aver confessato sotto tortura di aver avuto rapporti sessuali con un giovane di buona famiglia. Lo giustiziarono annegandolo nel Rodano.
Tuttora, in alcuni Paesi come l’Iran e l’Arabia Saudita, per citare solo questi due, le persone omosessuali sono condannate a morte e giustiziate tramite impiccagione o decapitazione. In altri Paesi le modalità delle esecuzioni sono persino peggiori, e preferisco tacere i dettagli. E non è che in Africa la situazione sia poi tanto migliore che in Medio Oriente. C’è anche una notizia dell’ultim’ora: in Uganda, proprio in questo momento (autunno 2009), è in discussione un disegno di legge che propone la condanna a morte per atti omosessuali.
Ma ora voglio tornare a parlare del mio desiderio di incontrare altri omosessuali che fossero, se non proprio credenti, quantomeno interessati alla sfera religiosa. A Dialogai mi chiesero di scrivere un articolo sul loro bollettino, in cui avrei chiesto se qualcun altro era interessato a tale tematica. Ed è proprio ciò che feci. E così, nel settembre 1988, è nato il gruppo C+H, Cristiani e omosessuali [Chrétien(ne)s et Homosexuel(le)s in francese, n.d.t.], che tuttora esiste. Poiché in tale gruppo eravamo soprattutto protestanti, e il protestantesimo ha il maggior punto di riferimento nelle Sacre Scritture, abbiamo iniziato a studiare i passi biblici che condannano l’omosessualità, che ad onor del vero sono ben pochi. Il vostro pastore tornerà su questo tema.
Nel frattempo avevo ritrovato la fede. Si trattava di una fede cristiana con una “colorazione” protestante e che non aveva nulla a che vedere né con l’omosessualità, né con la sessualità in generale. Conto di ricostruire tale parte della mia vita in un altro articolo. La riscoperta della fede mi ha a tal punto entusiasmato da farmi immergere negli studi teologici.
Progettavo di diventare pastore protestante, e non nascondevo tale mia ambizione. Ciò ha probabilmente fatto sudare freddo diversi dirigenti della mia Chiesa. Alla fine è stato stabilito che l’orientamento sessuale non sarebbe stato considerato un elemento negativo nella prospettiva dell’ordinazione pastorale.
Alla fine, per ragioni totalmente diverse (di certo non avevo perduto la fede), ho preferito non intraprendere il percorso pastorale. Ho collaborato con associazioni gay, dapprima a livello cantonale con Dialogai, e poi su scala nazionale con Pink Cross. Nella maggior parte del tempo, mi occupo di questioni connesse ai diritti civili, ad esempio in occasione della battaglia per le unioni civili, approvate nel 2005 ed entrate definitivamente in vigore nel 2007. Alla base del mio lavoro attuale c’è la lotta contro l’omofobia, contro la discriminazione di gay e lesbiche, tuttavia mi capita anche di dover reagire a delle dichiarazioni intempestive del Papa.
Vorrei terminare ponendo di nuovo la domanda iniziale: Perché l’omosessualità è un problema, dentro e fuori l’ambito religioso? La palla è ora nel vostro campo.
* Testimonianza offerta in occasione della celebrazione per i giovani della parrocchia riformata di Troinex l’11 novembre 2009.
Testo originale: Témoignage de Jean-Paul Guisan délivré lors du culte des jeunes de la paroisse de Troinex le 11 novembre 2009