Prima di esprimere giudizi, ascoltiamo le persone trans in carne e ossa
Riflessioni di Melinda Selmys* pubblicate sul blog Spiritual Friendship (Stati Uniti) il 22 novembre 2013, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Recentemente ho scritto un post sull’identità gender-queer e promesso che avrei scritto sul transessualismo. Prima di farlo, però, voglio darvi un’idea del mio punto di partenza. Recentemente ho scritto un testo sulle tematiche transgender e transessuali e sulla loro relazione con il tradizionale insegnamento cattolico sull’essenziale complementarietà sessuale. Il documento contava cinquemila parole, ma avrebbe potuto essere quattro volte più lungo. Prima di scrivere ho parlato con persone trans, ho letto ciò che scrivono e ascoltato ciò che hanno da dire su se stesse invece di limitarmi alle loro esperienze filtrate dagli “esperti”. Ho visto abbastanza spesso la mia esperienza presentata da esperti per sapere che manca sovente qualcosa nelle presunte relazioni “oggettive”, e quel qualcosa è solitamente il cuore della persona umana.
La prima cosa che vorrei dire, perciò, è che comprendere come le persone trans vivono il genere e la sessualità richiede una lunga conversazione, che a sua volta richiede una enorme quantità di ascolto prima di poter esprimere dei giudizi. Secondo me, questo di solito manca nell’approccio cristiano/cattolico alle persone trans: spesso si dà per scontato che essere trans sia un po’ come essere gay, ma più e peggio di essere gay. Le persone trans vengono viste come quelle che demoliscono ciò che rimane del matrimonio e della sessualità in Occidente e le loro esperienze (forse più di quelle delle persone LGB) vengono quindi ridotte a problema politico.
Un esempio: poco più di un anno fa sono stata invitata a dare una breve intervista a un talk show di destra in Canada. Ho come regola di dire sì a quasi tutto quello che mi viene proposto, così mi sono trovata a guardare delle clip e a cercare di capire in cosa mi fossi cacciata. Durante una delle clip il conduttore ha mostrato la foto di una donna trans (MtF) e ha chiesto “Accettereste questa persona come insegnante dei vostri figli?”.
La cosa orribile è che costui approfittava del fatto che la persona in questione non era molto convincente come donna. Se il conduttore avesse utilizzato la foto di una transessuale molto attraente, la reazione del pubblico sarebbe stata completamente diversa. Costui faceva appello al senso di ripulsa verso gli uomini effeminati combinato alla ripulsa verso le donne brutte per minare alla base il diritto al lavoro delle persone trans. Non penso proprio che si rendesse conto di cosa voglia dire tutto questo per loro. Per lui come per molti, troppi commentatori cristiani, la persona in questione era del tutto eclissata dalla sua identità sessuale. Era sottinteso che tale persona poteva scegliere unicamente di comportarsi e vestirsi come un uomo, e se non poteva farlo il motivo era una qualche malattia psicologica che la rendeva inadatta a lavorare con i bambini.
Il problema è che non c’è nessun motivo teologico per dire una cosa simile. Certo, la Bibbia sembra insegnare che la nostra sessualità, maschile e femminile, è parte essenziale della nostra umanità “a immagine e somiglianza di Dio”, ma questo non significa che la mascolinità e la femminilità siano sacrosante realtà biologiche immuni da ogni tipo di complicazioni. Sappiamo fin dall’Antico Testamento che alcune persone “nascono eunuchi”. L’esistenza delle persone intersessuali – prive di una chiara identità sessuale fin dalla nascita – è un’indicazione non ambigua che la sessualità biologica non è sempre semplice e intuibile. Cosa c’entra questo con le persone trans?
Sempre più spesso la medicina ci mostra che la nostra identità sessuale biologica si estende molto oltre i genitali e le “caratteristiche sessuali secondarie” che ci hanno insegnato alle medie. La Chiesa lo ha sempre saputo e lo ha sempre insegnato e ripetuto contro i teorici del gender e le femministe, come Simone de Beauvoir che voleva far confluire tutte le differenze sessuali che non riguardavano la riproduzione nella costruzione sociale del genere.
Per quanto riguarda le differenze innate tra uomini e donne, le scoperte più importanti sono quelle che hanno mostrato come le differenze psicologiche, sociali e cognitive tra i sessi non siano semplici prodotti culturali ma siano somaticamente codificati nella struttura del cervello. Questo significa che dobbiamo capire meglio i diversi modi in cui la sessualità innata di una persona può essere ambigua. Se il sesso biologico riguarda tanto lo sviluppo del cervello quanto quello dei genitali, non c’è ragione di rigettare la possibilità che una persona possa sviluppare un cervello tipicamente femminile in un corpo tipicamente maschile o viceversa, e infatti è proprio quello che la medicina sempre più spesso mostra in molti casi di persone transessuali: esse non tanto hanno una percezione errata del proprio corpo, quanto piuttosto sono consapevoli di una profonda discordanza tra la sessualità del loro corpo e quella del loro cervello.
Proprio perché la mascolinità e la femminilità sono così importanti per la nostra identità di esseri umani, la maggior parte delle persone trans si sentono obbligate a trovare in qualche modo una singola e univoca identità sessuale, maschile o femminile. I conflitti interni e la confusione che sorgono dalla mancanza di una chiara identità sessuale possono essere molto profondi e gravi le conseguenze sulla salute mentale, inclusi, in molti casi, forti e persistenti pensieri suicidi. Sottoporre chi si trova in questa situazione a sanzioni sociali e giustificare la discriminazione che li affligge per il desiderio di sostenere gli ideali cristiani sul sesso e il genere è tanto compassionevole quanto mettere in testa a un bambino autistico un berretto con le orecchie d’asino perché sia di esempio ai compagni.
La questione di come integrare al meglio le realtà dell’esperienza trans con l’insegnamento tradizionale dell’Incarnazione è complicata e richiederà un grande e onesto lavoro fatto da persone di buona volontà. Penso tuttavia che una cosa sia assolutamente chiara: tale integrazione non potrà nemmeno cominciare prima che sia fatto spazio alle persone trans in carne e ossa. Esse non sono un problema che va risolto da esperti e teologi: sono prima di tutto il volto di Cristo, emarginato, deriso, frainteso, coperto di sputi e rifiutato, e assolutamente amato da Dio.
* Melinda Selmys è una scrittrice, blogger e conferenziera cattolica. Il suo blog è Sexual Authenticity ed il suo account Twitter @melindaselmys
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Testo originale: Trans-formations