Quando i credenti omosessuali decidono di essere in prima linea
Articolo tratto dal blog cathogay, liberamente tradotto da Dino M.
Sono del parere che il Gay Pride di New York sia una iniziativa di primaria importanza come rappresentatività. Non solo aperchè è nato tanti anni fa (il suo esordio risale all’anno successivo alle sommosse di Stonewell*, il 1969), ma anche perchè lo svolgimento o lo stile generale della parata spesso è emblematico delle tendenze profonde all’interno del mondo associativo degli omosessuali degli Stati Uniti. Su alcuni punti infatti le comunità omo americane sono avanti di alcuni decenni rispetto a quanto avviene nel resto del mondo.
Così, negli anni ’70, il pride era realizzato da una serie di gruppi di attivisti e di militanti. E poiché la stessa idea di “mostrarsi in piena luce” veniva dalla resistenza dei “gay” (contro la polizia) al tempo dei tumulti di Stonewall, non ci si deve meravigliare che lo stile generale “da carnevale” si sia imposto poi al Pride. Infatti la Parata in origine era uno spettacolo, uno show con una bella dose di eccessi.
All’inizio non era una manifestazione di militanti. Grande importanza avevano avevano invece anche gli altri “temi da locali”, ad esempio i “leathers” (coloro che si vestono di cuoio) o gli “orsetti” (persone dal fisico robusto). Era tutto il mondo della notte che trovava il coraggio di mettersi in mostra.
Negli anni 90 invece, sono state le associazioni umanitarie (in particolare quelle volte alla lotta contro l’AIDS) a farsi avanti nel Pride, come per ricordare l’importanza di questa battaglia e il prezzo che la comunità gay ha dovuto pagare a questa terribile malattia.
Un modo questo per rendere omaggio ai benefattori che rimanevano nell’ombra pur essendo tutto l’anno al fianco di quelli che soffrivano. Si sono messi in evidenza anche i gruppi “etnici” (i Neri, i Latini, ecc.) o anche i rappresentanti delle famiglie omo, i genitori omo, gli anziani omo…
C’è stato anche il mostrarsi delle “professioni”: i pompieri omo, gli avvocati omo… Si sono viste molte famiglie al completo (anche con bambini piccoli) che agitavano bandiere sui marciapiedi e soprattutto molti etero che applaudivano la sfilata.
Quest’anno (nel 2007 n.d.r.), per la prima volta, il comitato del Pride di New York ha deciso di mettere in prima fila i credenti omosessuali, anche davanti ai gruppi umanitari e ai gruppi politici. Trovo che sia stato un atto molto significativo. Ed è così che l’immenso corteo, con in testa il Grand Marshal, era guidato dai rappresentanti delle diverse confessioni cristiane (in particolare per i cattolici era presente l’associazione Dignity), ma anche degli Ebrei, dei Buddisti o di altre confessioni.
Certamente, nel seguito della sfilata, c’è stata anche tutta l’esplosione da “carnevale”, con la sua fetta di nudità talvolta provocanti, di boa di piume di ogni colore, di trucchi, di confusioni di genere e di caricature…
Non a tutti piacciono queste cose in cui, lo so, e c’è anche tanto cattivo gusto (degli omosessuali con cattivo gusto??!! Ma è impossibile!!). Ma in fondo mi sembra che non sia una cosa poi tanto grave. Il carnevale ha un suo ruolo, una sua funzione in ogni società, anche in quella cristiana o ebrea. I secoli passati sono lì a dimostrarlo.
Per contro, lo sottolineo di nuovo: il fatto che, in un paese così “religioso” come gli Stati Uniti, i gruppi di credenti omosessuali siano messi in prima fila al gay Pride di New York, dimostra che, senza dubbio per la prima volta, c’è una riconciliazione tra spiritualità e sessualità. Per la prima volta, secondo me, gli omo “dichiarati” non esitano a definirsi uomini e donne di fede, prima ancora di essere dei “militanti” o semplicemente dei “festaioli”.
Certamente, dopo i primi inizi, vi erano stati anche in passato dei servizi religiosi dopo la sfilata. E di essi, il più “colorato” è sicuramente quello tenuto dagli Episcopali, con i vespri del Pride, una vera e propria istituzione. E vi erano anche alcuni gruppi che partecipavano all’interno della Parade. Ma quest’anno è tutta un’altra cosa.
Vi immaginate, ad esempio, se a Parigi, Bruxelles o Roma, le organizzazioni religiose gay (cristiane, ma anche mussulmane o ebraiche) fossero in testa al corteo? Non c’è quindi da meravigliarsi se il significato simbolico non sia sfuggito ai giornalisti presenti a New York, come si può ben leggere nei tanti articoli che sono stati scritti.
Poiché ormai da molto tempo sono gli omofobi ad aver monopolizzato il campo religioso. Come se fosse “evidente” che non sia possibile essere, ad esempio, essere cristiano ed omosessuale.
E nel caso degli omosessuali, che per loro non sia possibile altra vita se non nel peccato, proprio a causa di ciò che sono e soprattutto per ciò che fanno, in particolare quando amano oppure sono innamorati. In poche parole, sembra che che i gay dovrebbero avere un atteggiamento omofobo per poter essere veramente cristiani.
Certo, il giorno in cui dei vescovi, dei preti o dei religiosi cammineranno in testa al Gay Pride (come hanno fatto dei sindaci o dei ministri), io mi convertirò in fretta, dato che la “fine dei tempi” sarà vicina… Ma via, non siamo pessimisti: diciamo che non lo vedo possibile per i prossimi 20 anni (per circa due pontificati, penso).
Nondimeno, se il mondo associativo omo (forse in seguito alla terribile prova dell’AIDS o a causa della maggior aggressività degli omofobi che si nascondono dietro la religione) ha riscoperto l’importanza di portare avanti un discorso spirituale (e non solamente politico, sociale, artistico, ecc.) penso che questo mondo sia entrato in un’età più “adulta”, più vicina all’essere umano “completo”: corpo, intelligenza, cuore e adesso, anche anima.
Per le associazioni gay cattoliche, ad esempio, in questo c’è forse l’inizio di una nuova epoca. Un nuovo posto da occupare tra le associazioni riguardanti le minoranze sessuali. Forse un atteggiamento più “missionario” o “evangelizzatore”, nel miglior senso dei termine, dopo aver tolto a queste parole ogni significato negativo.
E forse, per i gay cattolici stessi, il fatto di annunciare una Buona Novella agli altri omosessuali sarà anche la strada affinché loro stessi possano accoglierla nella loro vita e possano riconciliare la loro fede e la loro sessualità. Su questo aspetto, come del resto molti in altri aspetti, non sarebbe la prima volta che si ritrova se stessi mentre si aiutano gli altri a ritrovarsi.
* Il 28 giugno 1969 a New York la polizia fece irruzione in un bar frequentato da omosessuali, lo Stonewell, come era già successo molte volte, per impedire ai gay d’incontrarsi. Ma quella volta ci fu una reazione di protesta, con manifestazioni a cui aderirono anche varie personalità politiche e della cultura. La manifestazione si ripeté poi ogni anno, dando origine al Gay Pride.
Testo originale: Les gens de foi en première ligne