Quando insegnare religione diventa una perpetua Nazareth del nascondimento!
Preghiera di Nazareno, insegnante di religione
Signore Gesù, tu, che scruti e conosci i cuori, sai che ho iniziato ad insegnare religione solo perché davanti a me non c’erano altre prospettive lavorative, ma poi, con il tempo, nell’insegnamento ho trovato me stesso.
Ho scoperto che insegnare esaudisce i miei desideri più profondi. Parlare, senza toni omiletici e catechetici, di te, della tua Chiesa, dell’immenso patrimonio culturale scaturito dalla tua persona; esporre la ratio della Fede, senza nulla voler imporre, senza voler convincere, ma solo innescare processi di riflessione, di crescita e di ricerca del bello e del vero, è entusiasmante, è fonte di pienezza!
Ma, Gesù, c’è un ma, un grosso ma.
Insegnare religione è per me una Nazareth interminabile, perpetua, dolorosa! È la Nazareth del nascondimento!
Nella tua imperscrutabile sapienza hai voluto che non sapessimo quasi nulla di quei lunghi anni trascorsi a Nazareth. Cosa hai fatto? Cosa pensavi? Come hai vissuto quel tempo in cui hai celato agli occhi di tutti la tua divinità? In che modo ha contribuito alla salvezza del mondo?
Non ci è dato saperlo!
Posso fare ipotesi più o meno verosimili, ma solo quando ti vedrò faccia a faccia potrò sapere, potrò capire fino in fondo. Ora posso solo conoscere la mia Nazareth – cosa significa per me – e posso gioire, perché quei tuoi trent’anni a Nazareth diventano il locus theologicus in cui rifugiarmi; diventano il senso del mio percorso di vita; diventano la sorgente di speranza per me, nella certezza che verrà anche per me il giorno in cui potrò alzarmi nella sinagoga e proclamare la parola di verità.
Verrà anche per me il giorno del coming out of Nazareth: non dal closet, ma dalla mia Nazareth, per intraprendere il viaggio verso Gerusalemme, verso il compimento!
Cosa accade nella mia Nazareth?
Accade che mi nascondo, e nel nascondermi spreco le mie energie e le mie forze, perché nessuno si accorga del mio orientamento sessuale. Tu sai che non voglio gridare ai quattro venti: Sono gay! Non serve! Non è necessario! Sai che cerco solo quel coming out implicito, ordinario.
Vorrei solo poter andare ad una cena con i miei colleghi e portare il mio compagno, qualora lo avessi. Vorrei poter rispondere in sincerità ai miei alunni quando mi chiedono “Prof, lei è sposato?”. Vorrei poter dire a quel mio collega che verso di lui nutro sentimenti più forti di un’amicizia, senza temere che il verbo arrivi in Curia!
Vorrei poter andare in un bar gay-friendly e stringere nuove amicizie, senza la paura di incontrare i miei studenti – tanti dei quali dichiaratamente gay e lesbiche -, che poi potrebbero spargere la voce del prof di religione al bar gay, e ancora una volta vedermi revocata l’idoneità.
Vorrei poter andare nei vari circoli culturali gay per un dialogo, un confronto su tematiche di comune interesse. Magari stringere ancora una volta nuove amicizie, visto che da poco mi sono trasferito in una nuova città. Ma ho paura! Fotografano ogni cosa, ogni momento, e pubblicano sui social. E cosa accadebbe se il prof di religione venisse fotografato in un circolo gay?
Vorrei poter partecipare al Pride, ridere, divertirmi con tante sorelle e tanti fratelli come me, ma non si può fare, perché il Pride, agli occhi di tanti cattolici, sarebbe blasfemo, addirittura contro di Te. E allora mi fermo sul ciglio della strada a guardare, con l’ansia delle solite foto, dei soliti video.
Vorrei conoscere un uomo con cui condividere la mia vita. Uscire con lui e ogni tanto stringergli la mano, abbracciarlo, ma a Nazareth questo non si può. Vorrei poter dire pubblicamente cosa penso della dottrina della Chiesa sull’omosessualità, contribuire a viso aperto al dibattito su questi temi, ma poi giunge la notizia che, in una diocesi di questo piccolo mondo, il Vescovo ha rimosso un insegnante perché non condivideva le sue idee politiche!
Vorrei solo essere me stesso, nell’ordinarietà di una semplice quotidianità. Ma a Nazareth questo non è permesso.
Sai, Gesù, nella mia Nazareth succede che, se riduco la mia omosessualità al solo sesso, e se frequento luoghi di cruising, di sesso usa e getta, posso anche essere perdonato. Se invece cerco di conoscere un uomo e di condividere con lui il resto dei miei giorni, o se aderisco ad un’associazione per contribuire al riconoscimento dei diritti delle persone lgbt+, allora non sono più degno del tuo perdono.
Succede anche che tanti sono convinti che nella nostra città l’omofobia non esista, ma poi succede che un lunedì mattina vai a scuola e una studentessa ti dice: “Prof, ieri al parco ci hanno lanciando dei sassi, dandoci delle lesbiche di merda”.
Sì, Gesù, questo accade a Nazareth. Sono consapevole, Gesù, che queste mie parole possono giungere alle tue orecchie come un piagnisteo, una lamentazione intrisa di vittimismo. Parole buie, ostinate a non vedere la vera realtà! Ma quando hai vissuto lunghi anni a Nazareth, la città dove si semina la mancanza di speranza e si suscita una sfiducia costante, mascherata con la difesa di alcuni valori (1), allora questo è quanto accade.
Perché Nazareth è anche la città dove “con varie modalità si nega ad altri il diritto di esistere e di pensare, e a tale scopo si ricorre alla strategia di ridicolizzarli, di insinuare sospetti su di loro, di accerchiarli. Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo la società si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte” (2).
Quando ti senti accerchiato e ridicolizzato. Quando senti che la tua parte di verità non è accolta, perché l’unica verità che conta è quella magisteriale, per cui una relazione gay sarebbe contro la tua volontà.
Quando quelli che consideravi amici si allontanano da te per essere fedeli al Magistero. Quando vedi intorno a te solo dei lupi, allora rischi di considerare lupi anche gli agnelli. Quanti agnelli ho incontrato nella mia vita, e li ho scambiati per lupi, rifiutando la loro amicizia!
Quando senti che la tua dignità non viene rispettata, e i tuoi diritti non vengono riconosciuti e garantiti, allora appassiscono anche la creatività e l’intraprendenza, e la personalità umana non può dispiegare le sue molteplici iniziative a favore del bene comune (3), e si cade nella paura, nella lamentela, la vista si ammala e sì, anche gli agnelli sembrano lupi. Anche quelle persone buone pronte ad accoglierti, sembrano giudicanti e chiuse all’amore.
Signore, lo ammetto ancora una volta, forse lo stigma percepito è più grande di quello reale. Forse la Chiesa non è poi così poco accogliente come sembra! Forse la Chiesa mi accoglie, ed è felice di me e per me. Forse per la Chiesa non sono un uomo difettoso da compatire.
Non lo so, Gesù. Tu solo lo sai!
Allora, Signore, ti prego: apri e illumina i miei occhi.
Ti cerco: rispondimi e liberami da ogni mia paura (4).
A te grido: salvami da tutte le mie angosce (5).
Ti supplico: liberami da quell’ansia che ancora mi costringe, immobile, nella mia Nazareth; che ancora mi impedisce di intraprendere la strada verso il compimento, verso la realizzazione piena della mia vita.
Forse tu proprio ora stai facendo una cosa nuova, proprio ora stai aprendo una strada nel deserto e immettendo fiumi nella steppa, ma io non me ne accorgo (6).
Forse è proprio questo il momento in cui fai nuove tutte le cose, in cui crei un nuovo cielo e una nuova terra (7). Forse è proprio questo il momento in cui stai passando accanto a me! Gesù, io credo, aiuta la mia incredulità! (8)
Destami dal sonno e, come a Pietro, grida alle mie orecchie: “Alzati, in fretta! Metti il mantello e seguimi!” (9)
Destami, svegliami, portami via da questo carcere buio e tetro, e immergimi nell’eterna danza della Trinità.
Ps. Nazareth significa anche non poter firmare con il mio vero nome. E allora mi chiamerò Nazareno!
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(1) Cf. FRANCESCO, Fratelli tutti, 15.
(2) Cf. FRANCESCO, Fratelli tutti, 15.
(3) Cf. FRANCESCO, Fratelli tutti, 22.
(4) Cf. Salmo 34:5.
(5) Cf. Salmo 34:7.
(6) Cf. Isaia 43:19.
(7) Cf. Apocalisse 21:1.
(8) Cf. Marco 9:24.
(9) Cf. Atti 12:7-8.
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