Quando la fede incontra l’omosessualità. A Firenze i cristiani omosessuali si raccontano
Il gruppo Kairos, fondato a Firenze nel 2001, è uno spazio d’incontro per persone che hanno voglia di confrontarsi su un tema che rimane – per molti – una spiacevole fonte di disagio: l’omosessualità.
L’esperienza di Kairos sconfina in un ulteriore tabù: è un gruppo di donne e uomini cristiani ed omosessuali.
Il vostro gruppo vive serenamente due dimensioni considerate inconciliabili dalla società, soprattutto da quella religiosa: l’amore per Dio e l’amore per una persona dello stesso sesso.
Secondo la vostra esperienza i due slanci non si escludono a vicenda. Ma che significato date alla chiusura di una parte della Chiesa cattolica rispetto a questa realtà?
Nella nostra società, solo da pochi decenni, l’amore omosessuale non è più considerato una malattia psichica o un crimine. Ma scoprirsi gay o lesbica è sempre abbastanza dura: “perché io sono diverso?”, “riuscirò mai a trovare qualcuno come me da amare”, “a chi lo dico?”, sono alcune delle domande a cui ogni persona omosessuale si trova a dover dare risposta.
Spesso si è soli in questo cammino; a volte nessuna risposta viene dalla famiglia, dalla società e, se si è credenti, spesso ci si vede condannati e respinti dalla propria chiesa.
Ecco perché è nata l’esperienza dei gruppi di credenti omosessuali, luoghi in cui gay e lesbiche cristiane possano insieme fare chiarezza dentro di sé, confrontarsi con altri amici di cammino e di fede ed imparare a rapportarsi con serenità con laici e religiosi della loro chiesa che vogliano ascoltarli – e sono tanti – ed aiutarli a rompere quella cappa di silenzio che avvolge questa scomoda tematica.
Molte delle chiusure a riguardo sono dovute spesso al fatto che, all’interno della chiesa cattolica, non si discute e non si conosce quasi nulla su questo tema.
Per esperienza diretta, quando i credenti omosessuali hanno iniziato un cammino di ascolto e dialogo reciproco con sacerdoti, religiosi e vescovi, molte chiusure sono cadute e, a volte, è accaduto che le cose abbiano preso un’altra piega, come nelle diocesi di Torino, Padova e Cremona dove è iniziata, da alcuni anni, una pastorale ufficiale per l’accoglienza delle persone omosessuali.
Invece in città come Milano, Firenze, Palermo, Roma, Catania e Napoli spesso e volentieri i gruppi di credenti dialogano con comunità parrocchiali e religiose in maniera serena. Tutto sta a cominciare.
Parte della Chiesa cattolica non riconosce il rapporto omosessualità/amore, ma piuttosto considera l’equazione omosessualità = perversione/pedofilia. Da dove parte questo assioma? E che ferite apre laddove arriva?
I pregiudizi sono facili a crearsi ma difficili a sradicarsi e nella chiesa cattolica, come nella società, spesso trovano terreno fertile. E’ assurdo paragonare l’amore omosessuale, che nasce tra due persone dello stesso sesso che si amano, alla pedofilia che è – val bene ricordarlo – una forma di devianza sessuale che consiste nell’attrazione sessuale da parte di una persona matura nei confronti di soggetti che invece non lo sono ancora e, spesso, è accompagnata da violenza sessuale, fatta da un adulto nei confronti di un bambino o una bambina.
Anche Papa Benedetto XVI, nel suo recente viaggio negli USA fatto dopo lo scandalo del clero cattolico statunitense pedofilo, ha voluto precisare che la pedofilia e l’omosessualità non sono assolutamente la stessa cosa.
Che poi nella chiesa cattolica, a volte, taluni rilancino simili paragoni dispiace e fa molto soffrire perché non solo ciò è indice di grave disinformazione scientifica e di scarsa conoscenza reale delle persone omosessuali, ma costituisce anche un’inutile e inaccettabile cattiveria.
Spesso la dimensione omosessuale è silenziosa, condivisa tra pochi amici fedeli e conosciuta, magari spesso a malapena tollerata, in famiglia. Fino a che punto è giustificabile la paura che guida questo silenzio?
Scoprirsi gay o lesbica spesso non è indolore. Sapere che gli altri ti giudicheranno più per ciò che sei che per ciò che vali, non piace a nessuno.
Ma spesso è quello che si trovano a vivere molte persone omosessuali. Certo tante cose stanno cambiando, ma il cammino di accettazione di ciò che si è ed il viverlo con serenità è sempre complesso e passa anche attraverso i genitori e gli amici che dobbiamo aiutare a vincere il pregiudizio e a vederci davvero per come siamo. Si tratta, a volte, di un cammino abbastanza lungo.
L’importante è che la scoperta della nostra omosessualità non ci faccia chiudere in noi stessi o, peggio ancora, ci spinga a fingere di essere ciò che, dentro di noi, sappiamo di non essere. In quel caso, rifiutare di affrontare e discutere questa scoperta e, per paura, mettere su matrimoni o fidanzamenti posticci, finisce per fare solo del male a noi e alle persone che ci amano.
Come dice una frase del Vangelo, solo “la verità vi farà liberi” (Gv 8,32), sta a noi metterci in cammino per imparare a vivere serenamente ciò che siamo, così come Dio ci ha voluto.
Kairos organizza da tre anni una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia a cui aderiscono anche gruppi di preghiera diversi dal vostro. Da dov’è nata questa idea? E che risonanza ha avuto nella società?
L’idea della veglia venne in un momento di grande sconforto. Erano i giorni in cui tutti i giornali parlavano della morte di Matteo (aprile 2007), un ragazzo di Torino suicidatosi perché stanco di essere insultato come “frocio” dai suoi compagni di scuola.
In quei giorni, noi di Kairos, ci incontrammo e il più giovane del gruppo pose una domanda “ma possibile che la nostra chiesa di fronte a questo dramma non sappia far altro che stare in un imbarazzato silenzio?”.
Decidemmo così di organizzare una veglia pubblica per pregare tutti insieme per il ragazzo torinese e per tutte le vittime dell’omofobia.
Tanti altri gruppi di credenti omosessuali accolsero il nostro invito e in poche settimane ben 14 veglie contro l’omofobia si celebrarono in Italia e all’estero in comunione con la veglia di Firenze.
Da allora ogni anno abbiamo ripetuto quell’esperienza e quest’anno le veglie organizzate a Milano, Padova, Cremona e Palermo si sono svolte pubblicamente, in alcune parrocchie cittadine con l’assenso del Vescovo locale.
Mentre a Firenze la veglia ha visto pregare per le “vittime dell’omofobia e di tutte le violenze” gli uomini e le donne del gruppo Kairos ed i gay cristiani de il Ponte di Pisa insieme con la comunità valdese, battista e vetero-cattolica fiorentina, al gruppo di Pax Christi, al gruppo inter-parrocchiale di Villa Guicciardini e a tanti catechisti provenienti da numerose parrocchie della città.
Ci è stato insegnato che la Bibbia è un Testo Sacro che condanna l’omosessualità. Ci sono, invece, brani di questo Testo che possono dar pace ad un omosessuale in quanto tale?
Per quanto possa sembrare strano i cattolici sono spesso definiti scherzosamente come “lettori del catechismo e non della Bibbia”.
Questo è un peccato perché solo scorrendo le sue pagine, sopratutto quelle dei Vangeli, si scopre che Dio ci ama così come siamo e ci chiama ad essere donne e uomini completi, in pace con noi stessi e portatori di pace agli altri.
Ma sopratutto leggere la Bibbia ci aiuta a fare piazza pulita di secoli di sentito dire, nelle sacrestie delle nostre chiese, e a capire davvero il senso del nostro cammino cristiano perché “chi ha paura non è perfetto nell’amore” (1Gv 4,18).
Quali sono i passi della Bibbia in cui l’omosessualità viene esplicitamente condannata?
In realtà a sfogliare la Bibbia si trovano alcuni versetti che condannano l’omosessualità. Analogamente si possono trovare alcuni passi, a dire il vero molto più numerosi, che sanciscono che la schiavitù è giusta, che la donna è sempre inferiore all’uomo, che non bisogna mangiare molluschi, lavorare di sabato o indossare fibre di due tipi diversi.
Dimentichiamo spesso che la Bibbia è formata da numerosi libri scritti nel corso di diversi secoli, che riflettono quindi caratteristiche culturali, usi e idee di varie epoche e molti aspetti delle società antiche. Prendere perciò alla lettera ogni versetto della Bibbia è da sciocchi.
Sui versetti biblici in cui si condanna l’omosessualità molti studiosi hanno già scritto è spiegato ripetutamente (cfr J. Alison, 2007, Fede oltre il risentimento) che, nella Bibbia, ci si riferisce con parole di condanna non alle persone omosessuali ma alle pratiche omosessuali che, in quei secoli, venivano utilizzate per celebrare riti in onore di divinità pagane o come forma di violenza per umiliare altri uomini.
La Scrittura, invece, non esprime alcun genere di riprovazione nelle bellissime pagine dedicate al racconto del rapporto omoaffettivo che univa Davide e Gionata “…. il cui cuore si attaccò a Davide in maniera tale che egli l’amò come se stesso” (I Sam 18,1).