Quando l’omofobia si sovrappone alla discriminazione etnico-culturale
Estratto di un breve saggio di Vincent Larouche pubblicato sulla rivista Service Social, numero 1, 2010, p. 31–42 (Canada), liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Mentre la provincia del Québec, come tutto il Canada, è pioniera in materia di diritti delle persone gay e lesbiche, in più di 70 Paesi l’omosessualità è ancora illegale e passibile di numerose pene, perfino di impiccagione in molti Paesi del Medio Oriente. La Carta canadese dei diritti e delle libertà stabilisce, all’articolo 15, che: “La legge non fa distinzioni di persone e si applica ugualmente a tutti, tutti hanno diritto alla medesima protezione e ai medesimi benefici di legge, senza nessuna discriminazione, in particolare le discriminazioni fondate sulla razza, l’origine nazionale o etnica, il colore, la religione, il sesso, l’età, le deficienze mentali e fisiche e l’orientamento sessuale”. In Canada non si può quindi discriminare per l’orientamento sessuale. Al fine di illustrare concretamente la discordanza tra questo valore nazionale e i valori di altre culture, presenteremo qualche esempio di percezione dell’omosessualità da parte di alcune comunità di immigrati nel Québec.
In alcune comunità di Montréal l’omosessualità è tabù e viene percepita come una minaccia all’identità della collettività. Così si esprime in un’intervista un giovane di Montréal, presidente di Gioventù Nera in Azione: “Per una persona omosessuale e nera è molto difficile sviluppare un’identità. Per molti, essere nero ed essere omosessuale sono due cose non compatibili. All’interno della comunità nera essere omosessuale equivale ad essere bianco”.
Anche alcuni gruppi latinoamericani mettono in rilievo il primato dell’eterosessualità e la loro cultura è fortemente fondata su una divisione rigida dei ruoli sociosessuali. Conseguenza diretta di questa visione è la disapprovazione verso ogni comportamento sociale o sessuale che non corrisponde a questa divisione tradizionale. All’interno della comunità libanese le persone sospette di omosessualità “infrangono l’onore della famiglia” e corrono il rischio di essere assassinate quando tornano in Libano, come raccontano i giovani immigrati libanesi.
In campo religioso, un punto sul quale le tre grandi religioni monoteiste (cristianesimo, giudaismo e islam) sono d’accordo è che l’omosessualità sarebbe un peccato “contro natura”. Nei Paesi islamici integralisti come l’Arabia Saudita e l’Iran molti giovani gay sono stati condannati a morte. Il Corano, in sé, rimane vago sul tema: non vi compare nessun termine che stia per “omosessualità” ma una certa interpretazione dell’episodio di Lot e del popolo di Sodoma (che secondo la quarta sura avrebbe inventato l’omosessualità e sarebbe stato punito da Allah con un diluvio di fuoco e zolfo) rende prevalente una visione fortemente negativa. Anche se i musulmani immigrati sono sovente più moderati sul piano religioso, la realtà dei giovani omosessuali musulmani in Québec rimane difficile. In una intervista rilasciata a una rivista omosessuale un giovane di origine marocchina spiega: “Fare coming out è sempre difficile ma lo è ancora di più quando si è musulmani. Nella società maghrebina l’omosessualità è tabù. Chi ne parla viene semplicemente escluso. I miei genitori sono musulmani ma non molto praticanti, perciò è stato più facile dirglielo, ma non è un argomento su cui torniamo spesso”.
Mentre nelle culture autoctone [ovvero presso i Nativi Americani canadesi, chiamati anche “Prime Nazioni”, n.d.t.] l’omosessualità e la bisessualità erano integrate nella società e le “persone dal doppio spirito” [Two-Spirit in inglese, n.d.t.] ricoprivano ruoli importanti, erano rispettate e considerate positivamente come una ricchezza dalle loro tradizioni ancestrali, presso molte Prime Nazioni regna attualmente un’omofobia che deriva dalla colonizzazione europea e dall’evangelizzazione forzata delle comunità autoctone, che i giovani gay e le giovani lesbiche hanno la tendenza ad abbandonare.
Testo originale: Quand l’homophobie se superpose à la discrimination ethnoculturelle