Quando si è gay o lesbica a Dakar “meglio nascondersi!”

Dakar . Quartiere di Yoff . Ristorante lungo la strada. In fondo alla sala, un casco blu sulla testa, Thomas A. ci aspetta. Giornalista da molti anni, lavora regolarmente sul tema dell’omosessualità. Thomas è il nostro intermediario. Strette di mano, scambio di sorrisi: “Buon giorno. Entrando subito in argomento”, chiede: “Cosa vorrebbe chiedergli esattamente?”. E’ prudente.
Thomas A. deve permettermi d’incontrare una delle sue conoscenze gay. Rassicurato dalla mia spiegazione dettagliata, Thomas A. prende il suo cellulare, compone un numero e comincia: “Sono io . Sono con la studentessa in Giornalismo. E’ venuta sola. Nessun pericolo. Se sei sempre d’accordo, vieni”.
Non è facile incontrare un omosessuale in Senegal. Sono certamente tanti, come altrove, ma gli MSM (men having sex with men – Uomini che fanno sesso con altri uomini) – come li chiamano qui – e le lesbiche sono rifiutati dalla società e obbligati a nascondersi.
D. ha 27 anni , ha scoperto di essere attirato dalle persone del suo stesso sesso verso i dieci anni. “E’ qualche cosa che è in me e che non viene, come dicono in molti, dall’Occidente . Godo di più con gli uomini”, ci confida. Un orientamento sessuale in contraddizione con le sue convinzioni religiose locali. D. è, come la maggior parte dei Senegalesi, mussulmano.
Secondo alcune credenze, chi tocca un omosessuale o cammina con lui non vedrà più le sue preghiere esaudite per quaranta giorni. In un paese religioso come il Senegal, le conseguenze sono catastrofiche.
D. ha rotto i ponti con la sua famiglia. Non si fida di nessuno: vicini, amici eterosessuali, e nemmeno delle vecchie conquiste omosessuali. E’ stato aggredito più volte. Sfuggire alla violenza popolare, non cadere sotto il giogo della giustizia, sono le grandi sfide quotidiane degli omosessuali in Senegal.
All’inizio di gennaio, nove gay sono stati condannati a otto anni di prigione dura. Una condanna esemplare, perché il colpo facesse centro, per dissuadere. E’ la pena più dura che sia mai stata pronunciata per questo genere di colpa in Senegal. Tra i capi d’accusa, l’associazione a delinquere. Sono stati catturati in gruppo durante una serata privata.
La RADDHO , la “Rencontre africaine de la défense des droits de l’homme” (Associazione africana per la difesa dei diritti dell’uomo) è l’unica associazione ad aiutare la popolazione gay. Il suo presidente, Alioune Tine, chiede la “liberazione dei nove condannati” e parla di “battute di caccia agli omosessuali”.
Tutto dipende quindi, dalla definizione, molto soggettiva, di “atto contro natura ed impudico”. Un rappresentante della Procura di Dakar dice la sua: “Si tratta chiaramente di una relazione intima tra due persone dello stesso sesso, in un luogo pubblico o privato”.
Per quello che riguarda la polizia nega il fatto che si tratti di una caccia. “Non abbiamo una politica offensiva contro la rete gay. Se intendiamo parlare ad un processo, allora il commissariato di quartiere o la squadra del buon costume procedono all’inchiesta” , precisa un commissario.
La maggior parte dei dossier di questo genere parte sulla base di una denuncia. Testimonianze difficili da dimostrare.
Secondo una specie di polizia nazionale “solo la fragranza del delitto e le confessioni possono permettere di stabilire chiaramente i fatti”. “ E’ per questo che ci sono molto pochi processi di questo genere”, annuisce.
Le cifre? Impossibile ottenerle , sia dalla Polizia che dalla Procura. Ma secondo uno degli avvocati dell’avvocatura di Dakar, molti processi di omosessuali si terrebbero proprio in questo stesso momento.
Abdoulaye Diedhiou, giornalista per il quotidiano ‘Le Populaire’, è presente tutti i giorni in Tribunale. Per lui la situazione si è molto evoluta in questi ultimi anni… Lungi dal banalizzarsi, l’omosessualità è un soggetto più che mai tabù. Non c’è da stupirsi che molti gay lascino il paese. D., anche lui ha preso una decisione, Se ne andrà.