Quei preti che si scagliano contro la sessualità perchè hanno problemi con la loro sessualità
Riflessioni di don Paolo Farinella pubblicate su “La Repubblica – Genova” del 21 febbraio 2016
Un altro prete, questa volta in val Bormida, don Roberto Ravera, ha sparato ancora contro gli omosessuali (la Repubblica, 18-02-2016, report di Lucia Marchiò). Sembra lo sport preferito dei preti liguri che non sanno più a chi attaccarsi per giustificare posizioni che non stanno né in cielo né terra, ma che dimostrano il livello di preparazione e di fondamentalismo anche in materia teologica.
La Liguria continua a perdere colpi e a pagare il prezzo del blocco di pensiero, durato quarant’anni dell’impero del cardinale Siri che ha impedito volutamente l’ingresso dello spirito e della lettera del Vaticano II non solo a Genova, ma anche in Liguria.
Ad Albenga ha pontificato per oltre un quarto di secolo, il vescovo presocratico Mario Oliveri, osannato da Siri e oggi commissariato ed esautorato da Papa Francesco. Savona ha avuto un vescovo, Domenico Calcagno, oggi cardinale, che si diletta in raccolte di armi «vere e funzionanti» con relativa tessera di abbonato al tiro a segno.
Sempre nell’entroterra di Savona, il parroco di Onzo, don Angelo Chizzolini, che va in giro con il tricorno ornato di regolare «bombom» in testa, preferisce bruciare la canonica piuttosto che ospitare immigrati.
Il prete della val Bormida dice che l’omosessualità «non è una malattia ma un difetto rispetto alla natura che vuole l’amore tra uomo e donna e la famiglia basata sull’unione di questi e non tra due persone dello stesso sesso, con la pretesa anche di allevare un figlio».
L’elenco potrebbe continuare, ma è sufficiente a fare capire non solo la cronaca, di per sé agghiacciante, ma anche il retroterra, lo spirito, la visione che costoro hanno della vita, del mondo e, ahimé! anche di Dio. Una mia piccola ricerca empirica, senza valore scientifico, è sintomatica per la tendenza che rivela. A cinquant’anni del concilio ecumenico Vaticano II, tutti i preti pedofili o contro la modernità, qualunque essa sia, sono legati alla «tradizione», vestono la tonaca nera, fanno sfilate rituali con i drappi in uso nel medioevo, adorano le rubriche, piviali e camici traforati e annegati nel rosso «ti- vedo-non-ti-vedo», sono severi in morale con gli altri, negano l’assoluzione in confessionale e sono sicuri di avere la tutta la verità.
Per mia esperienza diretta, ho notato che i preti che si scagliano contro la sessualità e in particolare modo contro l’omosessualità, hanno sempre problemi non risolti di sessualità e, molto spesso, sono omosessuali latenti o dichiarati; negandola sul piano morale per loro significa purificare le proprie ossessioni sul versante ideale e quindi sono indulgenti con le proprie debolezze.
Il prete della val Bormida parla di «Sodoma e Gomorra», segno evidente che nulla sa della Bibbia perché lui ha imparato il catechismo da una pia e buona catechista, ma ignorante in materia e lì è rimasto, senza mai interrogarsi sul contesto e sul senso che gli autori della Bibbia hanno voluto dare e dire. L’ignoranza del clero è profonda fino al punto di parlare di «famiglia voluta da Dio», senza rendersi conto che quella che essi chiamano «famiglia» non solo non esiste nella Bibbia, ma nemmeno nella storia e nella società.
Il concetto di «coppia» come la vuole il Family-Day, appoggiato da molti vescovi, è solo espressione di una minoranza che si basa solo su un’esperienza limitata nel tempo e nello spazio. A rigore di logica, nel NT non c’è nemmeno il concetto di sacramento del matrimonio che così com’è inteso oggi è frutto della necessità politica dei secoli X- XI, quando i monaci s’inventano il matrimonio in chiesa per garantire la legittimità alla successione al trono di Francia.
Se si studiasse di più e si conoscessero meglio le Scritture, non si farebbero raduni da rodeo e non si direbbero strafalcioni da paranoici, malati ossessivi di sesso con circumnavigazione di contorno.