Rifugiato e gay. La mia fuga dall’orrore e dalle sevizie della polizia siriana
Articolo di Michelle McQuigge pubblicato sul sito di METRO Toronto (Canada) il 17 gennaio 2016, liberamente tradotto Gianluca Caselunghe
Se non fosse stato per le minacce di castrazione, Rasheed avrebbe creduto che la polizia siriana fosse sulle sue tracce solo per le sue opinioni politiche. Lui ed i suoi amici hanno iniziato a ricevere attenzioni indesiderate dai poliziotti della sua città, Damasco, agli inizi del 2012, e gli è stato detto che una, presunta, opposizione all’estremista governo Siriano fosse la causa di quegli incontri, sempre più tesi.Ma Rasheed, che ha richiesto che il suo nome intero non venga utilizzato in questo articolo perché non ha parlato con la sua famiglia riguardo la sua sessualità, ritiene che il reale motivo venne fuori il giorno in cui lui e alcuni dei suoi amici gay vennero portati nella prigione locale.
Il poliziotto che lo ha bendato e che lo ha percosso con cavi elettrici ha fatto commenti rivelatori dopo aver sequestrato il suo cellulare, contenente foto e video che rivelavano le sue preferenze sessuali. Tra provocazioni dispregiative e imprecazioni omofobe, lui afferma che l’ufficiale lo minacciò di molto peggio. “Ti castreremo! Ti violenteremo, non vedrai ma più questo mondo”. Questo è quello che Rasheed dice che gli è stato detto. Questi comportamenti, la norma secondo il trentaduenne, sono stati ciò che hanno permesso a Rasheed di ottenere con successo lo stato di rifugiato in Canada e d’iniziare una nuova vita.
L’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ha dichiarato che i singoli individui identificati come omosessuali, bisessuali o transgender sono tra i più a rischio in Siria e c’è bisogno di un urgente riallocazione in un altro Paese.
Il Canada sta seguendo le linee guida del Commissariato per l’identificazione di 25.000 rifugiati per il trasferimento ed ha incluso gli omosessuali tra i candidati prioritari. Loro si aggiungono a nuclei familiari, donne a rischio e minoranze sessuali.
Rasheed ha appena sfiorato il suo nuovo inizio a Toronto, dove vive dalla fine dello scorso anno. Gli è capitato di passare del tempo con la sua famiglia in Libano, da quando le autorità siriane hanno fatto irruzione nella casa di famiglia, nel tentativo di arrestarlo. Rasheed afferma che i suoi genitori hanno tentato di contattarlo da Beirut e lo hanno avvisato di non rientrare in Siria. Lui, dunque, ha iniziato le procedure per l’ingresso in Canada. Secondo coloro che lavorano con i rifugiati delle comunità gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, il supporto familiare in questi casi è raro.
Justin Taylor, direttore esecutivo di RainbowRailroad, con sede a Toronto, afferma che coloro che fuggono dall’omofobia arrivano nelle loro nuove case con persino meno risorse di molti altri compagni rifugiati.
Mentre molti sono supportati privatamente da amici o dalle famiglie per vivere all’estero, Taylor dice che molti di coloro che fuggono da paesi con una cultura omofobica è ben radicata, non hanno tali possibilità su cui ripiegare. “Le persone che aiutiamo sono in conflitto con le loro famiglie” afferma. “Affrontano violenze dalla loro stessa comunità, perché sono persone LGBT. Questi sono i casi speciali, che spesso sono ancora a rischio mentre si aspetta il loro trasferimento”.
Taylor afferma anche che la mancanza di risorse familiari può comportare complicazioni per il l’aiuto dei rifugiati LGBT. Molti di loro ricevono fondi da gruppi di stranieri, molti dei quali, dice Taylor, tendono ad abbandonarli nel corso dei mesi, o persino anni, necessari per le procedure di trasferimento.
Questo problema si sta alleviando per i siriani grazie all’iniziative del Governo Federale Canadese, e Taylor afferma che la sua organizzazione ora è in grado di dare molto più sostegno che in passato.
Rainbow Railroad una volta sbrigava dall’una alle tre richieste al mese, ma dice Taylor, lo scorso anno questi numeri sono cresciuti fino al picco di una richiesta al giorno, la maggior parte delle quali provengono dal Medio Oriente.
Taylor afferma che i primi, pochi, rifugiati finanziati dalla sua organizzazione dovrebbero arrivare in Canada nell’arco dei prossimi mesi. Una volta qui, loro incontreranno molte delle stesse sfide da rifugiato tradizionale, incluse trovare alloggio e imparare la lingua.
Karlene Williams-Clarke, responsabile del pronto intervento all’agenzia 519 di Toronto per la comunità gay cittadina, afferma che loro si scontrano con opzioni più limitate per l’assistenza medica, dovute al bisogno di trovare medici “LGBT-friendly”.
Rasheed afferma che i suoi primi mesi a Toronto sono andati bene nonostante alcune sfide concernenti trovare un affitto sostenibile e le sue esigenze mediche. Dice di essere particolarmente colpito dagli atteggiamenti tra la sua vecchia e nuova casa.
La sua famiglia, in Siria, che viene descritta come “molto liberale”, ancora non sa della sua sessualità e spera che possa sposare un giorno una donna. Dice anche che si sente a suo agio nella relativa accettazione che ha trovato tra i Canadesi. “La trovo molto rispettosa” afferma. “Ogni volta che dico che sono gay, o che vado in luoghi gay, e nella società ti rispettano perché sei gay”.
Testo originale: Gay Syrian refugee relieved to be in Canada after facing dire threats at home