“Riprendiamoci la Parola” perché la Bibbia non è un’arma
Dialogo di Katya Parente con la teologa Cristina Simonelli
Sempre nell’ambito del progetto “Riprendiamoci la Parola. Bibbia e omosessualità: per una riflessione che liberi“. Dopo le due chiacchiere fatte con Laura Scarmoncin è ora la volta di un’altra relatrice: Cristina Simonelli. Presidente de il Coordinamento delle teologhe italiane dal 2013 al 2021, Cristina insegna Teologia patristica a Verona e presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale a Milano ed è autrice, tra l’altro, di “Juana Ines De La Cruz“.
Perché la necessità di una serie di incontri come quelli di “Riprendiamoci la Parola“?
Lo dico riprendendo il titolo della traduzione italiana di Love Tenderly (Effatà 2022, di imminente pubblicazione) che ho curato con Laura Scarmoncin: “per giustizia e tenerezza”. Le due cose vanno insieme, non ci può essere giustizia – come riconoscimento e risarcimento – senza la comprensione profonda che solo la stima e l’affetto possono portare. È un’illusione pensare che uno sguardo distaccato abbia più ragioni: è l’ottica del rispetto affettuoso che capisce meglio le ragioni e intuisce possibili vie di uscita.
“Riprendiamoci la Parola” dunque per rispetto affettuoso di tutte e tutti: delle persone che si riconoscono queer e che in questo modo aprono vie di pace per ognuno, che potrà così essere chiamato semplicemente per nome; ma anche per devozione e rispetto per le Scritture, che vengono liberate da letture mistificanti.
In che senso definisce la Bibbia un’arma?
Appunto per dire il contrario e disarmare una lettura maldestra: la Bibbia è un annuncio di vita. Può essere usata come un’arma: lo è stata – e talvolta lo è ancora – per affermare la subordinazione delle donne, dei poveri. Lo è frequentemente ancora per umiliare le persone queer e i loro affetti. Ma questo uso armato, è un uso improprio, va contro il suo stesso messaggio. Per questo nel nostro percorso, che verrà aperto anche con qualche indicazione metodologica il 23 febbraio prossimo, costruiremo e decostruiremo: a mostrare quanto spazio benedicente ci sia nella Scritture, oltre che a contestualizzare e dunque disarmare singoli passi.
Quali sono questi “testi del massacro”, e perché sono stati definiti così?
Sono alcune espressioni – il 7% dell’intera Bibbia – che censurano l’omosessualità. Sono stati definiti così in analogia con i “testi del terrore”, ossia quelli che presi alla lettera hanno costituito la giustificazione della violenza contro le donne. Si badi bene: la “giustificazione”, non il fondamento: versetti e loro utilizzo vanno insieme, ma “escono” dal testo, cioè nascono prima di esso e vivono oltre esso, in un sistema patriarcale ed escludente, che si ammanta di “sacro”, ma vive anche di vita propria.
Secondo lei, il cristiano medio, ha un’infarinatura storico-culturale, teologica ed esegetica tale da contestualizzare la Scrittura così poterne evitare un’interpretazione letterale e fuorviante?
Io penso di sì! Ossia, provo a dirlo un po’ diversamente: forse non tutti hanno una preparazione specifica e tecnica – per questo interverranno dopo di noi bibliste e biblisti, per aiutarci in questo. Ma per dirla in termini propri della Chiesa cattolica – ma il progetto è assolutamente ecumenico!!! – tutti hanno il “senso della fede”, quella percezione sintetica che fa riconoscere il buono, fa sentire il sapore della vita e della benedizione e fa censurare la cattiveria che esclude. Basta vedere i sondaggi di opinione realizzati anche fra praticanti, su questi temi… Ovviamente non c’è in questo niente di automatico: c’è sempre un discernimento personale e comunitario, nel quale ci possiamo aiutare, sinodalmente.
Perché e così importante, la lettura della Scrittura che ne fanno i gruppi marginali (donne, poveri, persone LGBTQ…)?
Proprio per aiutare se stessi – il che è buono e giusto – e insieme dare una mano a tutti gli altri. Chi è ferito, escluso “fuori dalle mura” (si pensi alla nascita di Gesù fra pastori impuri e alla morte infamante fuori dalle mura) vede lontano, vede profondo, vede cose che altri non riescono a vedere. Mettere in comune questo è la comunità, è la profezia, è il sinodo come processo. Sono grata della possibilità di visione, di conversione, di buon sapere della fede che partecipare a questo percorso mi offre, a me per prima.
Ringraziamo la professoressa Simonelli per questo intervento. Profezia e visione, amore e discernimento: queste sono le armi degli angeli, dei cristiani, e degli uomini di buona volontà. Armi buone, pacifiche, che costruiscono anziché distruggere.