“Sodoma”, viaggio nell’ipocrisia dei prelati vaticani
Articolo di Andrew Sullivan pubblicato sul sito del quindicinale New York (Stati Uniti) il 22 febbraio 2019, seconda parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Sempre nuove rivelazioni, pagina dopo pagina (nel libro “Sodoma” di Frédéric Martel)
Per esempio: due dei cardinali preferiti da Giovanni Paolo II (i cui nomignoli in Vaticano sono Platinette e La Mongolfiera) avevano messo in piedi un elaborato servizio di prostituzione d’élite che è continuato sotto il papato di Benedetto XVI, finanziato con i fondi del Vaticano. Lo sappiamo dai rapporti di polizia che hanno riscontrato comportamenti criminosi, anche se i capi sono rimasti anonimi e privi di imputazione per via dell’immunità diplomatica vaticana. Ecco alcune frasi dalle telefonate intercettate dalla polizia: “Non ti dico di più. È alto due metri, pesa tanto, e ha 33 anni”; “Ho uno per le mani a Napoli… non so come dirtelo, davvero non devi perdertelo… 32 anni, un metro e 93, molto bello”; “Ho uno cubano”; “Sono appena arrivato dalla Germania con un tedesco”; “Ho due neri”; “X ha un amico croato che voleva sapere se potevi trovare un momento”; “Ho un calciatore”; “Ho un ragazzo abruzzese”.
Martel è preso alla sprovvista dal modo in cui molti dei suoi intervistati ci provano con lui, e specialmente con il suo giovane assistente. Essendo gay, nota delle cose che sfuggirebbero a un giornalista etero. Drizza le orecchie quando l’assistente del cardinal Burke gli parla casualmente dell’arcinemico di Francesco: “Quella lì lavora da casa”.
Martel vede il battuage ovunque intorno a lui; nota dei dettagli molto semplici, a cui altri non presterebbero attenzione ma che qualsiasi gay riconoscerà all’istante, come i favolosi interni dei palazzi dei cardinali gay, sempre seguiti da “assistenti” o giovani “parenti”.
Ecco come appare Burke: “Il settantenne cardinale siede su un trono verde asparago, largo il doppio di lui, circondato da tendaggi argentati. Indossa una mitra giallo fluorescente, alta e a forma di Torre di Pisa, e lunghi guanti turchese che sembrano mani d’acciaio; ha una mozzetta verde cavolo, ricamata di giallo e foderata di un cappuccio verde porro che rivela un fiocco di pizzo color cremisi e melograno”.
Poi c’è il semplice reportage. Alcuni dei prelati più conservatori ammettono che quanto è stato registrato nel libro è vero. Una delle guardie svizzere si sfoga con Martel: “Le molestie sono così insistenti che mi ero ripromesso di tornarmene a casa. Molti di noi sono esasperati dalle avances dei cardinali e dei vescovi, di solito alquanto indiscrete”.
Poi ci sono gli escort che tengono nota di ogni cliente, causando enormi scandali in Italia. C’è il sacerdote confessore in San Pietro che guida Martel in Vaticano con le parole: “Benvenuto a Sodoma”.
Il giornalista verifica scrupolosamente ogni voce, fino a che non trova conferma. Naturalmente, molte delle sue fonti rimangono anonime; è l’argomento stesso che lo richiede. Ma molti hanno criticato il libro, liquidandolo come pieno di pettegolezzi pruriginosi e sostenendo che Martel è un bugiardo, un contastorie, un abile falsario, e le sue interviste sarebbero tutte create ad arte. Ma io non la bevo.
Se volete trovare una figura che incarni tutta questa ipocrisia, prendete il defunto cardinale colombiano Alfonso López Trujillo, che all’inizio del suo pontificato Giovanni Paolo II incaricò di liberare l’America Latina dalla teologia della liberazione, e poi di lanciare una crociata globale contro l’omosessualità e l’uso del preservativo. Mentre era in Colombia, Trujillo girò il Paese a caccia di prelati progressisti. Come lo sappiamo? Ce lo dice il suo maestro di cerimonia in quel viaggio: “López Trujillo viaggiava con membri dei gruppi paramilitari […] Indicava i sacerdoti che agivano nel sociale nei quartieri e nei distretti più poveri. I paramilitari li identificavano e spesso tornavano per ucciderli. Spesso [quei sacerdoti] dovevano abbandonare la regione o il Paese”.
Il medesimo confidente mostra a Martel l’appartamento preciso di Medellín dove Trujillo “portava seminaristi, ragazzi e prostituti”. Un altro assistente spiega come la passione di Trujillo fossero i novizi: “I più fragili, i più giovani, i più vulnerabili. Ma in realtà dormiva con chiunque. Aveva anche molti prostituti”. Poi ancora: “Il cardinale picchiava i prostituti; era questa la sua relazione con la sessualità. Li pagava, ma in cambio dovevano accettare i suoi sfoghi. Accadeva sempre alla fine, non durante l’atto fisico. Terminava i rapporti sessuali picchiando i prostituti, per puro sadismo”.
In Colombia Martel ha sentito molte testimonianze degli uomini con cui Trujillo ha avuto rapporti. Quando venne promosso a Roma, i suoi eccessi non ebbero più limiti. Una fonte della Curia spiega: “Tutti sapevano che era omosessuale. Viveva qui con noi, al quarto piano del Palazzo di San Callisto, in un appartamento da 900 metri quadri, e aveva un sacco di macchine! Delle Ferrari! Faceva una vita molto insolita”.
E qual era il suo incarico a Roma? Sì, avete indovinato: presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia! Questo è l’uomo che ha guidato la guerra ai gay degli anni ‘80 e ‘90, che ha proibito l’uso del preservativo, che ha diffuso la menzogna secondo cui non proteggerebbero dall’HIV. E quando morì, Benedetto XVI pronunciò l’omelia al suo funerale.
Testo originale: The Corruption of the Vatican’s Gay Elite Has Been Exposed