Sono cattolica e lesbica. Il mio amore merita la benedizione di Dio
Intervista a Clémentine Dubuis di Pierre Pistoletti pubblicata su Cath, portale cattolico svizzero, il 16 marzo 2015, traduzione di finesettimana.org
Vallesana, cattolica praticante e lesbica. Clémentine Dubuis non teme i paradossi e li assume. Sicura della sua fede come del suo orientamento sessuale, la giovane ventenne ha recentemente fondato un gruppo di omosessuali cattolici, con la benedizione del vescovo di Sion (Svizzera), Jean-Marie Lovey. Chiede il riconoscimento della Chiesa e si augura che la sua dottrina evolva. “Bisogna che la Chiesa si apra alla realtà del XXI secolo”, spiega, nel momento in cui “l’affaire Bucheli” divide i cattolici svizzeri. Serena e determinata, è convinta che l’amore che ha per la sua amica “meriti la benedizione di Dio”.
Clémentine Dubuis, lei ha fondato un gruppo di cattolici omosessuali nel Vallese. Che cosa motiva il suo impegno? L’esperienza di non aver trovato il mio spazio nella Chiesa per diversi anni. In Vallese, siamo in diversi omosessuali cattolici, ma pochissimi osano dirlo apertamente, per paura di farsi “respingere”. Per darle un’idea, la prima volta che mi sono confidata con una signora impegnata nella Chiesa, lei mi ha consigliato di non dirlo.
Ho incontrato molta incomprensione di questo tipo fino a che non ho incontrato un prete, Joël Pralong, che mi ha fatto capire che il mio orientamento sessuale non era un ostacolo alla mia fede. L’ho rivisto diverse volte con un amico gay che aveva le stesse aspettative mie. Questo prete ci ha fatto incontrare il vescovo, Jean-Marie Lovey, il 27 gennaio scorso. Anche lui si è mostrato molto aperto. Ci ha confermato che eravamo nella Chiesa, che la Chiesa non ci rifiutava e che era importante che potessimo restare quelli che siamo. Ci ha incoraggiati a organizzare degli incontri, a invitare persone che condividono le nostre aspettative e a riflettere sul modo di trovare il nostro posto nella Chiesa. L’idea di un gruppo è partita in quel momento. Oggi è ancora agli inizi. Non siamo molto numerosi – tre o quattro – ma sappiamo che altri vi parteciperanno.
Quali sono i vostri obiettivi? In primo luogo incontrarci, per prendere coscienza che non siamo dei casi isolati; e poi pregare insieme riflettendo sul modo di vivere la nostra fede e la nostra omosessualità senza dissociare l’una dall’altra. Vogliamo anche rendere la Chiesa attenta alla sofferenza di certi giovani omosessuali. Quando le si rivolgono, la Chiesa spesso non sa che fare. Non sa come accoglierli. È anche per questo che ci impegniamo, perché sappia accoglierli come sono, senza giudicarli.
Lei parla di accoglienza, ma non di integrazione. È davvero realistico cercare di trovare un posto nel vero senso della parola, come omosessuali, nella Chiesa cattolica? Sì, credo di sì. Si può vivere la propria fede e la propria sessualità allo stesso tempo, Non è sempre stato così per me, ma oggi vado a messa tutte le domeniche e prego durante la settimana. Qualcosa è scattato. L’incontro di quel prete, come dicevo, ma anche la lettura di uno degli ultimi libri di Soeur Emmanuelle. Lei ammette di aver provato l’attrazione per un’altra donna, il che non le ha impedito di diventare una religiosa.
In fondo, l’importante è rendersi conto che l’orientamento sessuale viene dopo l’amore. Prima di dire “tu non puoi vivere la tua sessualità”, la bibbia dice: “tu puoi amare”. L’omosessualità, non è solo un fatto sessuale, è anche una storia d’amore.
Eppure la Chiesa non benedice l’amore di due persone dello stesso sesso… Sì, certo, perché ha una visione meccanica della coppia. Si crede che in coppia non si possa portare che un frutto “materiale”. Che si tratti di un uomo, di una donna, e quindi di un bambino. La gente che pensa così ignora che il frutto dell’amore può essere anche immateriale.
Immateriale? Ci sono moltissimi esempi. Ad esempio, posso dare fiducia ad altri omosessuali assumendo pubblicamente la mia relazione di coppia.
Lei pensa che a termine la Chiesa cambierà nella sua concezione di coppia e che estenderà la sua benedizione alle unioni omosessuali? Sì, ne sono convinta. Dei preti come Wenedelin Bücheli, disposti a benedire una coppia omosessuale, ne conosco nel Vallese e altrove. Ciò detto, penso che questo processo avrà bisogno ancora di un po’ di tempo. Non si possono cambiare 2000 anni di dottrina con un colpo di bacchetta magica, ma sono certa che la Chiesa si aprirà alla realtà del XXI secolo. È solo questione di tempo.
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Testo originale: Mon amour mérite la bénédiction de Dieu