Sulle orme di Francesco. La messa è finita ma non c’è pace
Testimonianza di Filippo del gruppo Kairos di Firenze sul “weekend per cristiani LGBT ad Assisi” (5-7 giugno 2015)
Che strano modo di riflettere sul nostro bel fine settimana sulle orme di Francesco ad Assisi. A distanza di una settimana mi trovo a messa nella mia parrocchia; la celebrazione è quasi finita, il nuovo parroco che è con noi da poche settimane sta tentando di terminare la funzione per lui particolarmente faticosa data la poca dimestichezza con la “nostra lingua italiana” per citare papa Wojtyla.
Manca solo la benedizione e ci siamo quando, prima di concludere il solito elenco di avvisi, il sacerdote da la parola ad un laico che deve recapitare un importante annuncio. Il signore sulla mezza età sale sul pulpito; non so perché ma prima che pronunciasse una sola parola ho provato una strana sensazione. E si che il resto della celebrazione era già stato sufficientemente sofferto. Il clima da vacanze estive che si respirava in chiesa rendeva il tutto così poco partecipato che non mi è stato difficile distrarmi ed andare con il pensiero alla domenica precedente.
Il profondo senso di commozione e condivisione lasciato in me dall’eucarestia con la quale si è concluso l’incontro dei credenti omosessuali 2015 ad Assisi, nel suggestivo scenario dell’Eremo delle Carceri, contrastava non poco con il disagio che ormai sempre più spesso provo nel partecipare alle consuete celebrazioni nella mia chiesa cittadina, così lontana dai toni della spontanea accoglienza di chi pratica da tempo la pastorale per i credenti LGBT.
Come il “nostro” don Cristian, che accompagnandoci nella tre giorni assisana ha ridato nuovo slancio al mio appartenere alla comunità cristiana. La mia mano stretta per tutta la messa al mio compagno e il groppo in gola costante per tutta la celebrazione che si è sciolto in un mare di lacrime al canto finale, che mi ha ricordato il sofferto cammino di credente omosessuale percorso sino ad ora, le cui ferite evidentemente non si sono ancora rimarginate del tutto.
L’annuncio del Vangelo mi riporta alla realtà, facendo aumentare i miei sensi di colpa; stamattina sono proprio distratto è meglio che mi concentri altrimenti è stato inutile venire. Mi siedo e provo ad ascoltare l’omelia. Chissà magari oggi si sforza un po’ di più e riesco a tornare a casa con qualche spunto di riflessione per la settima. L’illusione dura pochi istanti e la mia mente ritorna ad Assisi ai momenti di preghiera comune che ci hanno ricordato quanto l’esperienza di Francesco può essere specchio di quella di ognuno di noi credenti GLBT, più di quanto si possa supporre. Smetto di fantasticare solo quando commentando le parole di Gesù il parroco, con tono fermo invita ciascuno di noi a seguire la propria natura. Questo ragionamento mi suona familiare, ma non credo purtroppo che fosse riferito a quello che penso io.
La celebrazione, come dicevo, si va concludendo, e mentre penso già al resto della giornata, ecco lo spunto di riflessione che mancava per chiudere in bellezza; l’omino a cui il parroco ha dato la parola si presenta e invita tutti ad unirsi alla comitiva organizzata per partecipare domenica 20 giugno alla festa della famiglia a Roma, in questo tempo in cui l’istituzione familiare, cellula della società e chiesa domestica, è attaccata da ogni parte.
E giù con tutto il repertorio classico che in questi tempi siamo abituati a sentire. L’unica nota positiva, dal mio punto di vista; nello sforzo di farsi capire bene fa risuonare per la prima volta la parola omosessuali nella nostra chiesa parrocchiale. Poco ci è mancato che partisse l’applauso. Da quando qualche anno fa ho iniziato il mio cammino di credente omosessuale consapevole, non mi era più capitato di sentirmi così a disagio.
Il celebrante impartisce la benedizione, e mentre ancora sconsolato prendo il libretto per il canto finale, il coro intona “Francesco vai ripara la mia casa”, che praticamente è stato l’inno della nostra tre giorni assisana. Che sia un segno…..