Tre giorni per ripartire. Riscoprirmi amato da Dio perchè “diverso”
Testimonianza di Sebastiano del gruppo Kairos sulla tre giorni InterGruppi per Cristiani LGBT a Bocca di Magra (2-4 giugno 2017)
“Veramente tu sei un Dio nascosto (misterioso), Dio d’Israele, salvatore…” (Is. 45, 15) Ripensando ai bei giorni trascorsi a Bocca di Magra, sono queste le Parole che mi sgorgano dal cuore. Con queste vorrei esprimere lo stupore, la meraviglia, la gratitudine al Signore per questo dono ricevuto, arrivato in modo completamente inaspettato, gratuito, e fuori misura da ogni aspettativa. E come sono i doni di Dio, si è svelato piano piano, e come tutti i doni di Dio non ti lasciano mai come ti hanno trovato. Mesi fa avevo sentito parlare di un wekeend (uno come gli altri, fissato in quei giorni giusto per la praticità di essere un ponte nel calendario civile), tre giorni da passare insieme tra mare e montagna, giorni di distensione per concludere in bellezza il percorso di gruppo fatto quest’anno.
Ma il Signore si è infiltrato in modo discreto in tutto questo, ne ha preso le redini e ne ha fatto un’opera sua. Questo è quanto pian piano venivo percependo nell’anima alla vigilia della partenza, quando ho realizzato che quella domenica era la festa di Pentecoste, il sigillo di Dio, il vertice di ogni attesa e ricerca, perché vi riceviamo il dono più grande, lo Spirito di Dio in noi, Dio in noi, vita divina nel cuore. E ci sarebbe stato offerto anche un percorso spirituale ben strutturato e articolato, occasione per fare una revisione di vita e quindi sentivo di dover accogliere questi giorni come una tappa, alla quale si arriva carichi del nostro vissuto e dalla quale si riparte rinnovati, trasformati, perché lo Spirito è una nuova primavera che scoppia nella vita, nuove forze, nuovi fiori che si trasformeranno in frutti maturi per nutrire il nostro andare.
Forse tutto questo erano vane aspettative? Iperbole fantasmagorica? Beh, a ritiro finito e dopo due giorni trascorsi, direi proprio di no. Al di là di ogni elucubrazione mentale (o spirituale), il Signore ha concretamente operato e io ho voluto solo “essere presente” a ciò che accadeva. Così, accogliendo le figure bibliche proposteci così bene dai vari predicatori, ho potuto riguardare me stesso, fare una revisione del mio vissuto, da dove vengo, dove sono, dove vado. E questo non da solo, ma insieme e grazie alle sorelle e ai fratelli con i quali ho condiviso questa esperienza. Nel confrontarci insieme, scambiandoci le proprie esperienze e vissuti, nei gruppi di condivisione, o mangiando alla stessa tavola, o camminando insieme nel trekking o nel crogiolarsi sulla spiaggia, ho avuto tanti stimoli per conoscermi e capirmi meglio nel momento stesso in cui conoscevo nuovi amici o approfondivo amicizie già in corso.
Sono stati insomma, giorni di “relazioni” e Dio è relazione, già solo per il fatto che è Trinità, e nello stare nella relazione cresce l’amore e quindi la conoscenza, e viceversa, come ci diceva padre Pino parlando di Geremia, “conosciuto” da Dio già nel grembo materno.
Ma cosa cerco nella relazione? “Che cercate?” Conoscermi/conoscere, amarmi/amare? Sì, e già questo è cammino, è stare sul sentiero, è dimorare con Gesù che è “la Via”. Questo rende “vera”, adeguata a me, anche la meta, ed è qualcosa che sto sperimentando in questi mesi, dopo aver messo per tanto tempo al primo posto il progetto, il punto di arrivo, lo scopo (magari per accorciare i tempi, per scavalcare, soprassedere alle difficoltà, alle sofferenze del cammino, per non stare nel “qui e ora”). Suor Fabrizia ci spronava con questa provocazione “Alla fine, non è importante ciò che ci sarà al termine del cammino, perché qualsiasi cosa andrà/ci andrà bene, perché ci siamo arrivati con Gesù”, il terzo Viandante di Emmaus (a Firenze c’è anche un oratorio intitolato a “Gesù pellegrino”). I primi discepoli sono stati chiamati a stare e ad andare, contemporaneamente.
Ma verso dove? Abramo direbbe verso la vita, la fecondità, diventando benedizione, sperimentando a volte nell’oggi il lasciare, la perdita, ma accogliendo questo come Dio all’opera, che si fa spazio per mettere cose nuove, portare a pienezza.
Tutto questo e altro l’ho portato, lo abbiamo portato, all’Eucarestia di Pentecoste. Come nel cenacolo, abbiamo di nuovo, tutti insieme, ricevuto una nuova effusione dello Spirito, rivestiti di potenza dall’alto. Quella colomba variopinta, le cui fiamme, le cui penne, erano i nostri limiti esposti a Dio nel giorno del nostro arrivo, già sciolti nell’abbraccio fraterno che ci eravamo scambiati alla veglia, ci veniva ridonata come strumento di comunione. Ormai, con la Pentecoste, non è l’uniformità/omogeneità che fa la Chiesa, ma la varietà, la diversità, epifania della fantasia dello Spirito. Ognuno quindi può e deve portare il suo “diverso” cioè il suo “essere unico”, fonte di arricchimento per tutti.
Questa prospettiva allarga il cuore e pacifica, perché ognuno ha il suo posto nel mondo e nella Chiesa. Un cuore allargato anche dalle numerose e belle amicizie ricevute in questi giorni, e dai desideri che questo breve ritiro ha fatto venire fuori, o ha confermato, perché “Dio non ha paura dei nostri desideri”. Anzi, sono stati questi desideri espressi a voce o col cuore, ma comunque scritti sul foglietto donato a Dio nell’Offertorio, che sono diventati il nuovo punto di partenza per rientrare nel nel nostro quotidiano.
Così per me è stato, sono ripartito col desiderio di continuare a stare su questa strada dell’adesione al Signore, aderendo a quello che la vita nel quotidiano mi sta proponendo, mi propone. Perché in questo stare sto sperimentando come il Signore sta costruendo qualcosa di nuovo, che se lo avessi “programmato” non ci sarei mai arrivato. Certo, non è la via della sicurezza acquisita e assoluta, anzi, il mio quadro di vita oggi (lavoro, casa, affetti) è alquanto precario, ma, insieme, col Signore, ce ne occuperemo. Adesione alla vita, apertura del cuore, accogliente, sguardo fisso su Gesù che passa, che è accanto, ogni momento, così ora, per me si compie il Suo disegno di salvezza. Da scoprire passo passo.