Sull’accoglienza dei cristiani omosessuali
Riflessione di Jeffrey S. Siker tratta da AA.VV., Bibbia e omosessualità, Claudiana editrice, 2002, pp.160-162
Quando rifletto sulla presenza dei cristiani gay e lesbiche in mezzo a noi, mi torna in mente il difficile quesito che, come già si diceva, i primi cristiani si trovarono ad affrontare: su che base i gentili possono essere inclusi nella comunità di fede?
In generale i cristiani della prima generazione, che erano quasi tutti giudeo-cristiani, avevano dei gentili la stessa opinione dei giudei del I secolo: i gentili erano per definizione peccaminosi e impuri agli occhi di Dio (ricordiamoci le parole di Paolo in Gal. 2,12: «Noi giudei di nascita, non stranieri peccatori»).
Un gentile poteva entrare a far parte del popolo di Dio solo convertendosi, diventando un ebreo. Questo comportava sotto- porsi alla circoncisione, osservare la Legge giudaica, e abbandonare, pentendosene, la propria vita precedente, da gentile. I primi giudeo-cristiani ritenevano dunque che nessun gentile da gentile potesse far parte del popolo di Dio. I gentili dovevano prima diventare giudei.
Pietro e quelli che erano con lui assistettero all’effusione dello Spirito sui gentili, e la loro sorpresa fu grandissima. Nessuno si aspettava qualcosa di tanto scandaloso. E infatti la cosa successiva che Luca riporta (Atti 11,1-3) è che, quando i giudeo-cristiani di Gerusalemme udirono che Pietro e quelli che erano con lui erano andati dai gentili, «i credenti circoncisi lo contestarono, dicendo: “Tu sei entrato in casa di uomini non circoncisi, e hai mangiato con loro!”». Pietro allora raccontò la sua esperienza, e la loro reazione fu di grande sorpresa: «Udite queste cose, si calmarono e glorificarono Dio, dicendo: “Dio dunque ha concesso il ravvedimento anche ai gentili affinché abbiano la vita» (Atti 11,18).
Rimase tuttavia una forte opposizione alla missione ai gentili da parte di un cospicuo numero di giudeo-cristiani, convinti che i gentili, da gentili, non avrebbero mai potuto essere inclusi nel popolo di Dio, come Atti 15 e Galati 2 documentano esaurientemente. Paolo combatté questa battaglia per tutta la durata del suo ministero.
Prima di aver conosciuto numerosi cristiani che sono anche omosessuali quanto a orientamento sessuale, io ero come gli ostinati e dogmatici giudeo-cristiani circoncisi che negavano che i gentili potessero ricevere lo Spirito di Cristo. Ma, come l’esperienza che Pietro fece con Cornelio in Atti 10, la mia esperienza con numerosi cristiani gay e lesbiche mi ha portato a capire che questi cristiani hanno ricevuto lo Spirito di Dio da gay e da lesbiche, e che il ricevere lo Spirito non ha nulla a che fare con l’orientamento sessuale.
E infatti, quante volte la chiesa ha onorato come fratelli e sorelle in Cristo molti gay e lesbiche di cui semplicemente non si è mai saputo che fossero tali. Una volta pensavo dei gay e delle lesbiche quello che Pietro e Paolo pensavano dei «gentili peccatori», ma ora, con Pietro, anch’ io devo chiedere: «C’è forse qualcuno che possa negare l’acqua e impedire che siano battezzati questi che hanno ricevuto lo Spirito santo come noi?» (Atti 10,47).
Se da un lato posso comprendere il senso di repulsione morale che molti cristiani eterosessuali possono provare quando pensano alle relazioni omosessuali, dall’ altro mi domando: è fondamentalmente molto diverso dalla repulsione morale che i primi giudeo-cristiani, a quanto pare, provavano quando pensavano a una comunione con i cristiani gentili, peccatori e impuri?
La loro sensazione di tradire l’antica e venerabile verità della purità rituale includendo i gentili non era simile alla sensazione che hanno alcuni cristiani eterosessuali oggi, che accogliere gay e lesbiche nella chiesa, e con loro la loro omosessualità, sia tradire l’antica tradizione dell’eterosessualità come verità rivelata da Dio? Ma una cosa è comprendere questa intolleranza, un’altra giustificarla.
Pietro e Paolo chiesero alla chiesa giudeo-cristiana del loro tempo di spingersi oltre una tolleranza parziale dei cristiani gentili e di accettare con gioia la loro piena inclusione. Allo stesso modo, noi oggi, nella chiesa cristiana eterosessuale, siamo chiamati da Dio a spingerci oltre la nostra tolleranza parziale dei cristiani omosessuali e ad accettare con gioia la loro piena inclusione.
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* Jeffrey Siker, professore di Nuovo Testamento nel Dipartimento di Studi Teologici della Loyola Marymount University (USA)