Una coppia omosessuale che fa un unione civile per la chiesa cattolica è in una situazione di peccato?
Riflessioni* di padre Louis J. Cameli pubblicate sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 14 aprile 2021, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro, parte seconda
È importante chiedersi: due persone che hanno contratto un matrimonio omosessuale sono in una situazione oggettivamente peccaminosa? Non necessariamente. Ho cominciato ad analizzare tale questione diversi anni fa, prima che il matrimonio omosessuale venisse legalizzato in molti luoghi.
Due persone dello stesso sesso possono voler stipulare un patto e condividere elementi importanti per una stabile vita insieme, come la compagnia e il sostegno reciproco, compreso l’accompagnamento spirituale.
Tale decisione dovrebbe scaturire dal sincero desiderio di evitare uno stile di vita promiscuo e poco sano. In tale relazione può esserci o non esserci una componente sessuale, che può anche svanire con il tempo.
Nella nostra tradizione morale è la componente sessuale ad essere problematica nella relazione tra due uomini o due donne, non la relazione in sé. L’attività sessuale, tuttavia, non è una componente necessaria, essenziale o universalmente presente di un matrimonio omosessuale. Il fatto che due persone siano civilmente riconosciute come coppia omosessuale non significa automaticamente che i due partner vivano in stato di peccato grave: il loro matrimonio può essere il risultato della decisione di fare la miglior cosa possibile a un certo punto della loro vita.
Questo richiede una spiegazione. Le opzioni, per due persone dello stesso sesso che vogliono sancire con un patto il loro rapporto, che può essere anche un’amicizia intima, per godere di protezione legale e sociale, e anche della possibilità che il loro rapporto sia pubblicamente riconosciuto, sono piuttosto limitate.
Nella nostra cultura, e nel nostro sistema legale, la strada del “matrimonio omosessuale” è di solito e in pratica l’unica via, per una coppia dello stesso sesso, per ottenere tutto questo.
Dal punto di vista pastorale dobbiamo supporre (a meno che non ci siano chiari segni del contrario) che chi si avvicina alla Santa Comunione lo faccia con buone intenzioni, che abbia fatto un esame di coscienza e che voglia sinceramente partecipare al sacramento.
Queste sono peraltro le supposizioni che facciamo sempre [noi sacerdoti] quando distribuiamo l’Eucarestia: non stiamo a indagare sulla situazione di ciascuna persona. Non possiamo automaticamente estrapolare da un matrimonio omosessuale lo stato di peccato grave manifesto, per il quale si deve negare il sacramento; infatti, se prendiamo in considerazione la necessità di dare un’interpretazione stretta di una data restrizione del diritto sacramentale, allora il ministro sembra obbligato, secondo giustizia, a concedere l’Eucarestia alla persona in questione.
Il pericolo dello scandalo
Ma risolvere una situazione individuale non risolve tutti i problemi aperti nella comunità ecclesiale: esiste, per esempio, il pericolo di scandalo e di equivoco a proposito della dottrina su matrimonio e sessualità. Ammettere alla Santa Comunione le persone che hanno contratto matrimonio omosessuale non è e non deve essere segno di una possibile revisione della dottrina.
Inoltre, le persone in questione devono essere in regola, come tutti i cattolici, per poter ricevere degnamente l’Eucarestia: devono avere una fede salda nel sacramento, una corretta intenzione, essere libere da peccati seri e osservare il digiuno eucaristico.
Quando una persona che ha contratto matrimonio omosessuale riceve la Santa Comunione, ci saranno dei parrocchiani che non vedranno di buon occhio la cosa; il pastore deve allora ricordare loro di evitare giudizi fuori luogo e poco misericordiosi. Mi vengono alla mente le chiare parole di Gesù: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati” (Luca 6:37).
Lo scandalo, ovviamente, ha molte facce: molti giovani, ma non solo, rimangono a volte scandalizzati quando vedono un certo numero di cattolici la cui vita è in contraddizione con elementi importanti del Vangelo, ma poi constatano che le sanzioni sacramentali vengono applicate solo in presenza di questioni legate alla sessualità e alla politica. Una prassi sacramentale corretta e imparziale può prevenire questo tipo di scandalo.
Ribadire a una comunità che non deve giudicare in maniera dura e avventata è importante, ma non è abbastanza. La formazione di una comunità richiede una presentazione chiara e completa della dottrina cattolica sul matrimonio e la sessualità umana, e in tale contesto le parole di papa Francesco sulla catechesi dei giovani sono da applicare a tutta la Chiesa: “Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza…” (Amoris laetitia n° 307).
Pastoralmente agili
La verità del Vangelo e delle nostre vite in Cristo permane come stabile punto di riferimento; il nostro, però, è un tempo di grandi cambiamenti culturali e sociali. Mettere insieme le verità perenni con le realtà fluide di oggi è una grande sfida. Qui non si parla di categorie, ma di esseri umani vivi e reali, che dovremmo imparare a conoscere, e questo richiede un’agilità pastorale che sia al tempo stesso fedele alla tradizione e prudente nell’applicazione concreta.
In una certa misura, questo è sempre stato vero, ma oggi assai di più. In questo momento storico dobbiamo renderci doppiamente disponibili verso lo Spirito Santo, il solo che può guidarci e dirigerci. Lo Spirito ci permette di camminare insieme sulla strada del discepolato, della sinodalità, del discernimento, dell’accompagnamento e dell’integrazione.
Un cammino sinodale che ci permetterà di evitare le risposte standard di molti sacerdoti più o meno disposti a concedere la Comunione a tutti, e può aiutarci ad affrontare le sfide che ci aspettano con fede salda e generosa disponibilità verso le esigenze reali degli uomini e delle donne di oggi.
* Il passo biblico è tratto dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
** Padre Louis J. Cameli è sacerdote dell’arcidiocesi di Chicago e delegato del cardinale Blase J. Cupich per la formazione e la missione.
Testo originale: Priests should think twice before denying Communion to Catholics in same-sex unions.