Una ricerca svela: tra gli omosessuali i più omofobici sono i cattolici
Articolo di Ingrid Colanicchia tratto da Adista Notizie del 11 Dicembre 2010, p.8
A pochi giorni dall’ennesima condanna dell’omosessualità da parte del papa (v. Adista n. 93/10), uno studio condotto all’interno dell’Università di Firenze traccia il legame tra religione cattolica e percezione dell’omosessualità, proprio tra gay e lesbiche.
Risultato di una tesi di laurea in psicologia, la ricerca, condotta da Arianna Petilli – in collaborazione con Davide Dèttore docente di psicopatologia del comportamento sessuale, Antonella Montano, antropologa e psicoterapeuta e Giovanni Battista Flebus, docente di psicometria -, sottolinea “come l’impatto dei condizionamenti omofobici risulti maggiore in coloro che manifestano una costante frequenza religiosa o che provengono da famiglie con un’alta aderenza alla dottrina cattolica istituzionalizzata”.
Questi i risultati emersi dalle risposte che i 366 soggetti interpellati (281 gay e 85 lesbiche, credenti e non) hanno dato ai questionari distribuiti a Firenze, Pisa, Roma, Milano, e presentati il 28 novembre scorso al Florence Queer Festival nell’ambito della rassegna cinematografica su fede e omosessualità.
In pratica, come ha evidenziato Petilli alle pagine fiorentine di Repubblica (25/11), gli “omosessuali cattolici sono più omofobici di quelli non credenti”. Spesso, ha spiegato Petilli in un’intervista raccolta dal portale di fede e omosessualità Gionata (23/11), accade che “le persone omosessuali percepiscano un profondo conflitto tra le loro credenze religiose e le loro preferenze sessuali e che, nel tentativo di ridurre la contraddizione sperimentata, decidano di rinunciare a uno di questi due aspetti del sé.
Alcuni sceglieranno quindi di allontanarsi dalla Chiesa per continuare ad affermare la loro sessualità, altri invece, per preservare la parte credente di sé, decideranno di rinunciare alla loro attrazione fisica e sentimentale per persone dello stesso sesso”.
“Questo, come è ovvio, produce delle importanti ripercussioni sul piano psicologico perché rinunciare a una rilevante parte di sé, qualunque essa sia, non consentirà di sentirsi una persona davvero completa”.
Una parte importante della ricerca è dedicata al ruolo svolto dai gruppi di omosessuali credenti nella costruzione di un’identità in cui religione e omosessualità convivano più serenamente: “L’obiettivo – ha spiegato ancora Petilli – era quello di verificare se gli atteggiamenti che gay e lesbiche nutrono nei confronti dell’omosessualità, valutati attraverso un questionario sull’omofobia interiorizzata, fossero condizionati dalla partecipazione a tali gruppi.
I loro livelli di omofobia interiorizzata sono stati poi confrontati con quelli dei gay e delle lesbiche credenti che non hanno mai preso parte alle attività di questi gruppi e con quelli degli omosessuali non credenti”.
I risultati suggeriscono che “la religione sembra avere un ruolo ancora molto importante nell’influenzare i pensieri e sentimenti che una persona nutre circa la propria condizione omosessuale.
Tuttavia, all’aumentare del tempo dedicato alla frequentazione di un gruppo di cristiani omosessuali, gli atteggiamenti contrari all’affettività e sessualità omosessuale diminuiscono.
Questo proverebbe l’effettiva capacità dei gruppi di sostenere i partecipanti nel cammino di elaborazione e accettazione della loro identità di gay o lesbiche credenti”.
“Penso – ha proseguito – che i gruppi svolgano un’importante funzione nella vita delle persone omosessuali credenti perché offrono un ambiente in cui poter vivere la propria sessualità alla luce dei valori religiosi e perché in grado di fornire una nuova interpretazione religiosa positiva dell’omosessualità”.
“Attraverso gli incontri dedicati alla conoscenza reciproca, al confronto e alla riflessione si riesce infatti a rompere l’isolamento individuale a cui donne e uomini omosessuali potrebbero essere costretti, a creare nuovi rapporti di amicizia, a fornire una profonda vicinanza affettiva nonché un valido sostegno nel processo di affermazione della propria identità”.