Omosessuale, musulmano e magrebino. Alla scoperta di tre realtà che non s’incontrano
Riflessioni di S. tratte da homosexuels-musulmans.org (Francia), liberamente tradotte da Silvia Renghi
Mi presento, sono S., frequento un Master in psicologia e psicopatologia. Vivo nel XVI quartiere e sono originario di Parigi. Mio padre è marocchino e mia madre è francese.
I miei obiettivi nell’associazione Homosexuel(le)s Musulman(e)s de France (HM2F), così umana e interessante, sono condividere le idee, le esperienze ed i momenti di convivialità e, perché no, partecipare a ciò che questa associazione offre ad alcuni dei nostri fratelli gay di tutte le religioni “confuse” per trovare delle risposte, aiutare, dare un sostegno in questa impresa chiamata identità omosessuale.
Il mio approccio è anche da studioso universitario nel senso che vorrei trovare delle testimonianze di persone che si trovano in una delle 3 posizioni che definisco nella mia sintesi (l’essere omosessuale, musulmano, magrebino e maschio).
Lo ripeto, questo studio sarà anonimo e senza alcun giudizio sulle scelte di vita. Se il mio studio può permettere ad alcuni dei nostri fratelli di trovare la pace in loro stessi, allora avrò la sensazione di aver fatto qualcosa di utile in vita mia per gli altri…
L’omosessualità riguarda tutti
Sin dagli albori, in qualsiasi luogo della terra ci sono stati sia uomini che donne omosessuali e questo indipendentemente dalla cultura, dalla religione, dal paese o dal colore della pelle.
L’omosessualità è stata presente in epoche più lontane senza che ci siano state tutte le ostilità del nostro tempo. S
i stima ci siano circa il 6-7% di omosessuali in Francia (Indagine CDW; 1992 “AIDS e comportamenti sessuali in Francia”).
Questo potrebbe sembrare poco, ma è sufficiente perché l’omosessualità subisca ancora offese da parte della società.
Sono ancora troppe le persone che hanno dei pregiudizi di ordine sanitario o religioso e che sono fautrici del termine “contro natura”. Malgrado tutto, l’omosessualità, come si suol dire, ha attraversato i secoli e ha preso poco a poco il suo posto.
Marcel Proust diceva: “amare un giovane uomo al tempo di Socrate era come oggi intrattenersi con un’amante e poi impegnarsi con un’altra donna.
I termini eterosessualità ed omosessualità non venivano utilizzati nella lingua corrente del primo quarto di secolo. Prima di questo momento, se le parole sono precursori dei concetti, non si concepiva l’universo polarizzato tra “gay” e “etero”.
Nel Medioevo, ad esempio, la parola “sodomia” si riferiva ad una serie di atti sessuali considerati peccato che comprendevano la masturbazione, il sesso orale, il sesso anale, i rapporti sessuali con animali e il coito interrotto. In una parola tutte le pratiche che non miravano alla procreazione.
Il concetto di genere
Al concetto di genere si associano i contributi psicologici, le attività, il ruolo e gli status sociali culturalmente assegnati a ciascuna delle categorie sessuali. Il sesso è una costruzione sociale del maschile e del femminile.
Ben prima che si sviluppino l’orientamento e l’identità sessuale, si ha la consapevolezza del genere. Il bambino sa dal secondo anno di vita di essere di un sesso e non di un altro e questo porta ad una serie di comportamenti. Così il bambino pian piano si identifica come un ragazzo o una ragazza e impara ad atteggiarsi di conseguenza.
Tuttavia questo processo non è così evidente. Ci sono dei ragazzi che dalla loro infanzia si sentono più similu alle ragazze. Ma questa confusione tra i sessi non è di per sé un segno precursore dell’omosessualità. Freud dice dell’omosessualità che è un’inversione dell’oggetto sessuale e che è normale e frequente durante l’adolescenza.
L’adolescente fa una scelta inconscia dell’oggetto sessuale, dell’amore per la propria persona e del sesso.
In una società dove uno presuppone che tutti siano eterosessuali, rendersi conto di avere un’attrazione erotica per le persone del proprio sesso può causare grandi sconvolgimenti.
Infatti, la scoperta di questo comportamento sessuale è spesso fonte di ansia e di un considerevole conflitto interiore, in un mondo che condanna l’omosessualità.
Il suicidio: una realtà sociale, qualunque sia il paese o la cultura
Ma la gente banalizza questa ricerca d’identità pensando che ogni gay ha scelto di esserlo. Spesso si sente: “Non ha fatto la scelta più semplice.”
Come se nell’adolescenza si potesse scegliere tra “omo” o “etero”, come scegliere una vettura diesel o a benzina.
Fino ad ora, la condizione dell’ adolescente omosessuale è rimasta uno degli ultimi tabù della nostra società causando un numero elevato di suicidi, tanti tentativi di suicidio e molti casi di depressione rispetto a quelli della comunità eterosessuale.
Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni e la prima causa tra i 25 ed i 34 anni. Inoltre, secondo gli studi, il tasso di suicidi e di tentati suicidi tra adolescenti gay e bisessuali è tra le 6 e le 14 volte superiore a quello della popolazione eterosessuale della stessa classe di età.
Le ragioni principali di questa constatazione dolorosa sono diverse. Da un lato, un contesto culturale di discriminazione sociale, un immaginario negativo dell’omosessualità, parole e fatti omofobi.
Altrettante poi sono le cause del malessere e della sofferenza della gioventù di gay e di lesbiche.
D’altro canto, l’assenza di discussione sulla questione omosessuale durante la formazione scolastica, il centrismo etero, la mancanza di visibilità di una comunità di adolescenti gay e la negazione stessa della sua esistenza, non forniscono un ambiente per prevenire i suicidi, le forme depressive, i comportamenti a rischio di aggressioni e le parole omofobe.
In realtà, gli adolescenti hanno un più elevato rischio di crisi psicologiche legate alla scoperta della loro omosessualità, al rifiuto della famiglia, alle molestie o agli attacchi omofobi di cui alcuni sono vittime e infine al rischio d’infezione da HIV o altre malattie sessualmente trasmesse.
Finora possiamo fare la semplice constatazione che una minoranza di giovani gay e lesbiche potrebbero riconoscere, rivendicare e vivere liberamente la loro omosessualità seppur a rischio di essere l’oggetto di un rifiuto da parte dei loro compagni, di subire dichiarazioni o atti omofobici o di essere separati dal loro ambiente familiare.
I ragazzi imparano ad adattarsi al loro orientamento omosessuale per gradi. Per raggiungere questo obiettivo devono prima accettarsi come gay o lesbiche, distruggendo i miti veicolati dalla società.
In seguito devono stabilire significative relazioni amichevoli con coetanei, anche gay e lesbiche e, eventualmente, delle relazioni amorose.
Questa ricerca relazionale è importante per sviluppare l’autostima. Infine devono imparare a interagire con l’ambiente circostante, con la loro famiglia, con l’ambiente scolastico o lavorativo.
A causa di questa omofobia interiorizzata adottano atteggiamenti spesso avversi alla loro sessualità. Si tratta quindi di condurli da una fase di rifiuto o rigetto della loro omosessualità ad una fase di analisi critica dell’atteggiamento della società. Perché la preoccupazione non viene da loro, ma dalla società e di riflesso arriva a loro.
Che cosa succede nel Maghreb?
La parola omosessualità nel Maghreb è divisa in due parti: Hchouma (vergogna) e Haram (peccato). Le usanze, le credenze religiose e familiari sono ragioni sufficienti per respingere l’omosessualità detta “occidentale”.
Si noti che nei paesi del Maghreb il concetto di famiglia è presente ed è molto rispettato. I magrebini pensano che accettare lo sviluppo della cultura gay sia come accettare la perdita di valori morali, familiari e religiosi.
Pertanto alcuni genitori sono portati a credere che è la Francia che ha reso i suoi figli omosessuali, perché l’Occidente ha perso i suoi valori, come la famiglia e la religione…
Tuttavia l’omosessualità nel Maghreb non è in sè una preoccupazione per l’orientamento sessuale, ma il problema in realtà è non riempire i ruoli “socio-sessuali” che la società si aspetta e “esige” dal sesso maschile. Perché ciò che è importante è lo stato coniugale e riproduttivo.
In effetti secondo Hawa Djabali (scrittore algerino esiliato), si ha solo un caso di omosessualità veramente consentito. E’ quello di un uomo sposato che dorme con dei giovani solo se è “attivo” (sessualmente).
Gli si assegna in maniera discreta una sessualità debordante ed è tollerato ma fintanto che ciò rimane nel settore privato.
Non si parla mai di ciò che accade nell’hammam e tutti sanno che gli uomini tra loro praticano certe pratiche sessuali.
Che si sia cristiani, musulmani, protestanti o atei, l’omosessualità può essere mal vissuta o no. Ognuno la sviluppa e la accetta a modo suo, religione o no.
Non esiste un’omosessualità, ma delle omosessualità. Quella di ciascuno e non una per tutti, perché anche se stiamo lottando per le stesse cause, siamo tutti diversi…
Così la mia missione è la seguente:
Ho potuto constatare che gli omosessuali magrebini vivevano la loro omosessualità in maniere sicuramente diverse, ma polarizzate intorno a 3 punti.
Il primo (non c’è nessun ordine specifico), l’omosessuale spesso reprime in modo completamente inconscio questa identità per seguire il cammino tradizionale, come la maggior parte delle persone, per sposarsi e avere figli.
Il secondo concerne coloro che conducono una doppia vita. E’ il caso di quelli che vivono in periferia e si divertono ad insultare un pederasta appena ce n’è uno e poi però si accettano in qualche modo così come sono e si divertono con altri ragazzi nel Marais a flirtare in rete con altri uomini gay, ecc.
Ed infine il terzo punto è quello del magrebino che lo annuncia alla sua famiglia e viene messo alla porta (alcune testimonianze dicono che prima di essere messi alla porta, vengono rapiti, picchiati e insultati dai loro amici, fratelli, sorelle o ancora dai loro genitori).
‘Abdel, un adolescente, ci chiama dopo che i fratelli gli hanno rotto il naso e l’hanno mandato all’ospedale per sei giorni. Fa attenzione prima di poterci chiamare perché i suoi fratelli sorvegliano le sue uscite. Un mese più tardi, apprendiamo da uno dei suoi amici che uno dei suoi fratelli gli ha piantato una forchetta nel collo e nel petto…’ (Relazione sull’Omofobia 2008)
‘Medhi, dice che non è assolutamente gay, ma ha delle esigenze sessuali che soddisfa con ragazze e ragazzi. Egli sa molto bene che preferisce dormire con i ragazzi, ma solo quando si tratta di venire a Parigi, non quando è nella periferia. “Faccio parte di una banda, quando vediamo dei pederasti li picchiamo, si fanno dei giri negli scantinati con certe donnette, si gioca duro insomma…’ (Relazione sull’Omofobia 2008)
Tutte le mie parole sono l’espressione della mia opinione. Pochi libri parlano dell’omosessualità nel Maghreb. Il mio obiettivo è far conoscere le condizioni di vita sociale, familiare e religiosa quando i giovani del Maghreb si scoprono gay.
L’unico modo per approfondire le mie ricerche è trovare persone che siano disposte a testimoniare (è ovvio che tutto sarà confidenziale e anonimo). Sono a vostra disposizione per qualsiasi domanda, per qualsiasi esigenza di dialogo, per trovare risposte o persino per avere consigli. Grazie a tutti e soprattutto all’associazione Homosexuel(le)s Musulman(e)s de France (HM2F)
Testo originale: : Témoignage de S.