Una vita divisa in due. Un cattolico gay ungherese si racconta
Testimonianza di Gabor da Budapest (Ungheria), raccolta da Lorenza nell’ambito dell’inchiesta “Voci gblt cristiane dal mondo” del progetto Gionata
Ho quasi 50 anni. Sono nato a Budapest e ho sempre vissuto qui. Mi sono laureato in medicina e lavoro per vari centri medici. Sono stato cresciuto in una famiglia cattolica ungherese tradizionale. I miei erano cattolici e i loro valori erano quelli della Chiesa più conservatrice.
Era semplicemente impossibile per me pensare che io potesse essere omosessuale anche se dalla mia pubertà mi sentivo attratto dai ragazzi. Però sicuramente il desiderio fisico che provavo per altri ragazzi non poteva essere un segno dei un mio orientamento sessuale. All’età di 13, 14 anni ci pensavo razionalmente: non potevo essere gay perché è una malattia e quindi questa malattia avrebbe già dovuto iniziare a manifestarsi se ce l’avevo.
Dopo, quando avevo circa 17 anni, provavo un attrazione sempre più forte verso i ragazzi, ma non lo volevo assolutamente riconoscere. A volte provavo a stabilire un contatto fisico con alcuni ragazzi, negando sempre che questo avrebbe potuto essere un segno che avrebbe indicato la mia omosessualità.
Ero un disastro con le ragazze: non avevo nessun successo in amore, anche se ci provavo e facevo del mio meglio perché pensavo fosse la strada normale per me.
Ho parlato una volta sola, a 19 anni, del mio possibile orientamento sessuale con un ragazzo che però non seppe dirmi niente e quindi l’argomento è caduto nel vuoto e io ho tenuto questo segreto per anni e anni.
Quando ho incontrato la mia futura moglie, ho pensato che “ora sarei stato capace di iniziare la vita normale di un uomo”, e dopo qualche anno abbiamo deciso di sposarsi.
Prima del matrimonio siamo stati a delle sedute di “preparazione al matrimonio” da un giovane prete. Un giorno, gli ho parlato in assenza della mia fidanzata: gli ho detto che ero attratto dagli uomini e che ero preoccupato perché forse queste attrazioni omosessuali potevano venire fuori e manifestarsi concretamente.
Però il giovano prete mi ha subito rassicurato dicendomi che questi sentimenti erano soliti ma che sarebbero passati senza problemi appena la mia vita eterosessuale normale sarebbe divenuta una routine.
Ho creduto a ciò che mi diceva il prete. Perché volevo crederlo, e perché non avevo informazioni sull’omosessualità in quegli anni. Ci siamo sposati e Dio ci ha benedetto con tre bambini. Ma la mia attrazione verso gli altri uomini non faceva che crescere.
Qualche anno dopo, ho avuto la sensazione che potevo diventare pazzo se non provavo ad avere un rapporto sessuale con un uomo.
In questo periodo ho avuto accesso ad internet il ché mi ha permesso di entrare facilmente in contatto con altri uomini gay. Il mio primo partner era un uomo nella mia stessa situazione: aveva la sua famiglia ed era stato educato in una famiglia cattolica.
Entrambi pensavamo che la nostra relazione fosse un peccato, ma non potevamo dire di “no” perché l’attrazione era più forte.
Ci siamo frequentati per un anno, in monogamia, vivendo una doppia vita. Ci incontravamo almeno una volta a settimana, anche se ci separavano 60 chilometri. Abbiamo rubato tempo e denaro alle nostre famiglie ma pensavamo che era meglio questo per loro , piuttosto che il divorzio.
Volevamo proteggere le nostre famiglie, volevamo dare una casa e delle certezze ai nostri figli, e perciò tenevamo per noi questo segreto.
Un giorno il mio partner non è più riuscito a mentire e ha detto la verità alla sua moglie. Allora la sua famiglia è divenuta un inferno: nessuno lo capiva, ma tutti hanno iniziato ad odiarlo: sua moglie, i suoi figlie, i suoi parenti. Non ha divorziato però, ma oggi non so più niente di lui, ma forse è in una situazione più facile della mia.
All’epoca speravo che la mia attrazione verso gli altri uomini sarebbe sparita dopo qualche anno, ed ho cercato di cancellare questo elemento peccaminoso dalla mia vita. MA se non avevo un partner, dopo qualche settimana iniziavo a guardare video e immagini pornografiche su internet.
Un giorno mia moglie mi ha visto, e ho cercato di spiegarle, ma il sospetto che forse ci fosse anche dell’altro è sempre rimasto. Ed infatti era così. Appena smettevo di frequentare degli uomini entravo in depressione.
Quando mi confessavo, il prete mi diceva sempre la stessa cosa: devi smettere e pregare, così avrei visto la forza della grazia. Però non l’ho mai vista.
Cercavo delle risposte a tanti interrogativi: “perché sono diventato gay”?, “perché Dio ha lasciato che io diventasse gay?” “qual è la volontà di Dio in questo?”, “perché, se sono gay, Dio ha lasciato che mi sposassi?” “quale era il suo piano per la mia vita, e quale è oggi il suo piano per me?”.
Ho cominciato a leggere molto sull’omosessualità e sulle possibilità di curarla tramite le terapie riparatrici. Sentivo una dicotomia: come potrebbe essere questa una malattia e al tempo stesso un peccato?
Poi quando, per la prima volta, ho letto che l’omosessualità è una cosa normale e soprattutto che non era un peccato, non riuscivo a capacitarmi.
È vero ho studiato medicina, ma quando ho scoperto che l’omosessualità era stata tolta dell’elenco delle malattie dall’OMS non mi aveva particolarmente colpito.
Quando ho capito che non potevo cancellare la mia attrazione verso gli uomini, ho anche iniziato a capire che ero omosessuale dall’infanzia e che era anche una cosa normale.
Da allora ho capito che avrei dovuto vivere come un uomo omosessuale e che non avrei dovuto sposarmi con una donna. Ho capito che il mio matrimonio non era valido perché sono gay, non so se sarebbe stato riconosciuto invalido dalla chiesa cattolica, però so che è stato un errore e nei fatti non è valido.
Ma non volevo divorziare perché amo i miei figli e voglio dare loro tutto. Voglio proteggere i miei figli, anche se ho capito che il mio non poteva essere un matrimonio felice.
Qualche anno fa mia moglie ha trovato una mail stampata nella quale scrivevo ad un amico gay. Mi ha detto che era sicura del mio orientamento sessuale, ma che mi avrebbe perdonato se le avessi confessato tutto.
Gli ho raccontato tutto e lei ha cercato di perdonarmi, ma a poco a poco la vita in famiglia è divenuta un inferno. Eppure, al giorno di oggi non abbiamo divorziato perché mia moglie non ha un lavoro e vogliamo salvaguardare l’unità della nostra famiglia.
Oggi, seppur sposato, ho una relazione stabile con un uomo cattolico. Spero che la Chiesa cattolica cambierà il suo catechismo, che potrà dichiarare il mio matrimonio invalido e spero che potrò sposarmi con il mio partner.
Ma sappiamo che dobbiamo aspettare per questo e nel frattempo non voglio dichiararmi, voglio rimanere nascosto, ma spero di poter terminare la mia vita in modo aperto e limpido.