Uniti in vita e per l’eternità. Le tombe delle coppie dello stesso sesso
Articolo di Alan Bray pubblicato sul settimanale cattolico The Tablet (Inghilterra) dell’4 agosto 2001, pag.8-9, liberamente tradotto da Fabio
“Ivnxit amor vivos sic ivngat terra sepvltos” (l’amore li ha uniti in vita. Così possa la terra unirli nella sepoltura), così recita un’iscrizione funeraria posta su una tomba dove erano tumulate insieme due persone dello stesso sesso.
Lo storico cattolico inglese Alan Bray, già autore del libro “L’omosessualità nell’Inghilterra rinascimentale”, ci racconta i risultati delle sue indagini sulle sepolture delle coppie dello stesso sesso ancora esistenti in Inghilterra, testimonianza di quanti hanno deciso di rimanere uniti all’amato per l’eternità.
Subito dopo aver terminato il mio libro Homosexuality in Renaissance England (L’omosessualità nell’Inghilterra rinascimentale), di quasi 20 anni fa, sono stato invitato alla cappella del Christ’s College di Cambridge (Gran Bretagna).
Là mi fu mostrato un monumento del 1684, recante la sepoltura nella stessa tomba di John Finch e Thomas Baines. Le due metà del monumento sono ognuna sormontata dal ritratto di uno dei due amici, collegati da un drappo posto fra le due tavole dell’iscrizione, simboleggiante il legame d’amore o un legame matrimoniale.
Dagli archivi, seppi poi che Finch aveva descritto la sua amicizia con Baines come un connubium: un matrimonio. Da quel momento iniziò il lavoro che mi occupò gli anni a venire. Nella cappella del Merton College di Oxford, osservai il grande monumentale frontone d’ottone sopra la tomba di John Bloxham e John Whytton, che erano stati sepolti insieme alla fine del XIV secolo.
Esso mostra due figure che stanno fianco a fianco sotto un velo di baldacchino con le loro mani unite insieme in preghiera e con lo sguardo diretto verso l’osservatore. Questa è una iconografia famigliare che veniva impiegata nel XIV secolo per la tomba comune di marito e moglie. Per un osservatore moderno, è di difficile comprensione. Non solo riporta all’immaginario del matrimonio, ma l’iconografia è anche quella di una benedizione.
Alla base del monumento, il disegno diventa un incrocio a tre dei nomi Johannes (John), dei due uomini, e dell’agnello con la croce, con il vessillo sovrastante di San Giovanni Battista. Nel XIV secolo, era comune adottare il nome di un padrino.
Questo disegno sembra raffigurare San Giovanni non come il loro patrono, ma come appunto il loro padrino, un padrino spirituale, che fa da testimone all’amicizia spirituale di Bloxham e Whytton, essendoci qui un’analogia non con il matrimonio ma con l’affratellamento. Ugualmente di difficile comprensione per l’occhio moderno, è il monumento sopra la tomba dei due cavalieri inglesi Sir William Neville e Sir John Clanvowe, sepolti insieme nel 1391 nella stessa tomba nella Chiesa dei domenicani a Galata, vicino a Costantinopoli. Un gentiluomo o una dama inglese all’epoca di Riccardo II poteva leggere una iscrizione araldica più facilmente di una lettera. Qui i due scudi stanno come quelli di una coppia sposata, inclinati l’uno verso l’altro. La sistemazione degli elmi corrisponde a un bacio.
Alla British Library c’è un manoscritto di araldica del 1450 che attribuisce una composizione araldica di quel tipo a due cavalieri che erano sworn brothyrn – fratelli giurati. Ma questo non spiega perchè un accorgimento che simboleggia normalmente una relazione matrimoniale dovrebbe essere adottato per una relazione fraterna. Quella era un’epoca dove differenti modalità di affinità si sovrapponevano, sfumando l’un l’altra e non chiaramente distinguibili dall’amicizia.
Tombe condivise sono rimaste anche fra i cristiani riformati. Nella cappella del Gonville and Caius College di Cambridge c’è un monumento piazzato nel 1619 da John Gostlin per l’amico Thomas Legge. La raffigurazione di Legge è convenzionale, ma sotto di essa Gostlin ha piazzato un cuore in fiamme sovrastato da due mani che sorreggono l’iscrizione latina “IVNXIT AMOR VIVOS SIC IVNGAT TERRA SEPVLTOS. GOSTLINI RELIQVVUM COR TIBI LEGGVS HABES” (L’amore li ha uniti in vita. Così possa la terra unirli nella sepoltura. O Legge, il cuore di Gostlin rimanga con te).
A questo punto – all’inizio del XVII secolo – le donne arrivarono nell’arte figurativa. Il primo esempio di cui sono venuto a conoscenza di due donne che sono state sepolte fianco a fianco è quello di Ann Chitting e dell’amica Mary Barber (1606) nella Chiesa di St.James in Bury a Suffolk.
Da allora in avanti, la tomba di due donne sepolte insieme divenne comune come quella di due uomini. Un esempio successivo è quello del monumento del 1710 di Mary Kendall, nella cappella di San Giovanni Battista nell’Abbazia di Westminster, che ricorda la stretta unione e l’amicizia nella quale viveva con Lady Catharine Iones; in ricordo di ciò lei desiderò che, anche le loro ceneri, dopo la morte, potessero non essere divise.
Un altro esempio di fine secolo, è il delizioso monumento di Catherine Jennis e della sua amica Anne Fleming, che sono state sepolte insieme nella loro cripta nella Chiesa parrocchiale di Wiveton, a Norfolk, ai piedi dell’altare.
C’è un bel monumento dedicato a Granville Piper e Richard Wise (che morirono nel 1717 e nel 1726) eretto nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Launceston, che hanno contrassegnato la loro sepoltura congiunta con una iscrizione a ricordo della loro amicizia: Fidissimum Amicorum Par (il più fedele degli amici). I loro ritratti sono posti accanto ad una unica urna fiammeggiante, come nel monumento tombale di John Finch e Thomas Baines a Cambridge.
Il vescovo Herbert Croft e il rettore George Benson (che sembra sia morto a distanza di un anno dall’amico nel 1691) sono stati sepolti insieme dentro il perimetro del presbiterio della cattedrale di Hereford, con una iscrizione latina che scorre da una pietra a un’altra. C’è scritto “IN VITA CONJUCT” (Uniti in Vita) sulla prima e “IN MORTE NON DIVISI” nella seconda. Le due pietre sono stare posate l’una fianco all’altra e sono unite da un paio di mani che si stringono.
Ho trovato monumenti simili in chiese parrocchiali e cappelle dell’Inghilterra dal XIV al XIX secolo. […] Ma perchè solo ora se ne parla? Le evidenze documentali non mancano. Ci sono riferimenti medievali ai fratres iurati, i fratelli giurati. E ci sono scorci di unioni simili in documenti che descrivono accordi e diritti di proprietà. Perchè non abbiamo riconosciuto e compreso ciò che rappresentano prima d’ora?
Una delle ragioni è che noi arriviamo dal lungo cammino del tradizionale cristianesimo inglese, in cui ad alcune amicizie benedette corrispondevano pratiche liturgiche.
Prendiamo il bacio raffigurato sulla tomba di Sir William Neville e Sir John Clanvowe. In questo contesto si fa riferimento a un atto rituale che era famigliare nella chiesa latina del XIV secolo, in uso ad esempio presso i frati domenicani a Galata: lo scambio del bacio di pace – osculum pacis – che precedeva la santa comunione e che rappresentava per loro il momento culminante della messa.
Nella forma liturgica usata in Inghilterra e Francia, sulla base delle evidenze a nostra disposizione i due amici ricevevano la comunione insieme dopo aver scambiato le loro promesse reciproche fuori dalla chiesa. […]
Se da un lato loro erano sicuri del loro intento, per la vita e indissolubile, le promesse scambiate erano strettamente personali, senza valore contrattuale o legate alla proprietà: i due avrebbero vissuto insieme, si sarebbero confortati reciprocamente e se necessario sarebbero morti insieme. Le promesse non creavano aspettative ereditarie, almeno nella chiesa latina occidentale; e neppure precludevano il matrimonio [un vero e proprio contratto che aveva rilevanze su proprietà e eredità, NdT]. […] Ma la relazione consentiva a uno dei due amici di subentrare all’altro in caso di morte, prendendo cura dei figli e della famiglia. Perchè si facevano promesse di questo tipo? […]
La famiglia era un entità più aperta di quanto lo sia oggi. Si riferiva non solo ai legami di sangue o legami matrimoniali ma includeva anche relazioni di parentela volontarie, create non per sangue ma per promessa o per rituale. Come ha notato lo storico John Bossy, il cambiamento portato dalla Riforma nell’eucaristia ha risanato tutta una serie di difetti nelle relazioni umane nella società. La teologia dell’eucaristia era che la grazia poteva, con la cooperazione umana, condurre le promesse verso l’ideale che si prefiggevano.
Una delle ultime occasioni documentate di questa pratica eucaristica risale al giorno di Pasqua del 1834 quando Anne Lister e la sua amica Ann Walker solennizarono la loro amicizia – descritta nel diario di Anne Lister come un matrimonio – ricevendo la Santa Comunione insieme nella Chiesa della Santa Trinità a Goodramgate (York).
Tornando ai monumenti, l’ultimo conosciuto è di grande interesse, perchè è una semplice croce di pietra nel cimitero dei padri dell’Oratorio di San Filippo Neri sulle Lickey Hilles a sud di Birmingham. Nella parte alta della croce c’è il nome chiaramente leggibile del primo dei due amici che giacciono là insieme: Ambrose StJohn, che morì il 24 maggio 1875. L’amico i cui resti sono stati sepolti insieme è il cardinale John Henry Newman.
La sepoltura nella stessa tomba fu un enfatico desiderio di Newman. In una nota scritta il 23 luglio 1876, l’anno dopo la morte di Ambrose StJohn, egli dichiarò: “Io desidero, con tutto il mio cuore, di essere sepolto nella tomba di Frate Ambrose StJohn e io lo chiedo come ultima volontà, come volontà imperativa”.
Sembra che Newman avesse incontrato Ambrose per la prima volta nella primavera del 1841. “Dal primo momento mi amò con un’intensità che non è misurabile” scrisse Newman più tardi. […] Dopo quel primo incontro nel 1841, sarebbero entrati nella chiesa cattolica quasi contemporaneamente: StJohn il 2 ottobre 1845, Newman il 9 ottobre.
La perdita degli amici anglicani che subì Newman, come conseguenza della conversione alla Chiesa di Roma, creò un legame duraturo tra Newman e StJohn, che non si sarebbe mai spezzato. La morte di StJohn devastò Newman; la definì “la più grande afflizione della mia vita”. “Ho sempre pensato che non ci sia lutto più grande di quello di un marito o di una moglie” scrisse “ma io sento difficile credere che ce ne sia uno più grande, o un dolore più grande, del mio”.
Se occorreva una prova che il legame tra i due fosse interamente spirituale, Newman la diede pochi giorni dopo la morte di StJohn, raccontando una conversazione tra loro prima della perdita della voce da parte di StJohn. “Lui espresse la speranza” scrisse Newman “di non aver mai commesso peccati mortali durante la sua intera vita di prete”.
Per gli uomini di quel tempo quella dichiarazione non lascia spazio a interpretazioni: ma loro non avevano paura dell’intimità.
Ricordando i loro ultimi momenti insieme, Newman scrisse: “Poi mi pose il suo braccio teneramente attorno al collo e mi portò vicino a lui e mi tenne così per un po”. “Ho sognato” scrisse in seguito “che egli volesse dirmi che se ne stava andando Quando mi alzai per andare… è stato il nostro addio”.
Il loro amore non era meno intenso per il solo fatto di essere spirituale. O forse era qualcosa di più. La sepoltura di Newman con Ambrose StJohn non si può separare dalla comprensione dello spazio dell’amicizia nel pensiero cristiano e nella sua lunga storia.
In una lettera che Papa Giovanni Paolo II inviò all’Arcivescovo di Birmingham Vincent Nichols a gennaio 2001 per il secondo centenario della nascita di Newman, il papa ha chiesto preghiere perchè arrivi presto il momento in cui la Chiesa possa ufficialmente e pubblicamente proclamare l’esemplare santità del cardinale John Henry Newman. E’ probabile che le sue reliquie saranno portate nella Chiesa dell’Oratorio di Birmingham per giacere ai piedi dell’altare, e gli eredi della fede di Newman non dovrebbero separarli ora.
Il gesto di Newman è un ultimo imperativo comando: non si tratta solo delle sue ultime volontà di uomo, ma anche di qualcosa di più. Si tratta del suo ultimo insegnamento.
.* Questo articolo è un estratto della relazione fatta da Alan Bray alla Newman House, St Stephen Green di Dublino, il 21 luglio 2001. Il suo discorso a Dublino ha introdotto la ricerca che comparirà nel suo libro “The Friend” (L’amico), pubblicato nel 2006 da University of Chicago Press.
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Articolo originale: Wedded friendships