Una lettura gay dell’Apocalisse (Ap 2,1-3,22)
Riflessioni bibliche di Carlos Osma del 5 settembre 2012 tratte dal blog Homoprotestantes (Spagna) liberamente tradotte da Luz Maria B.
Il libro dell’Apocalisse, scritto alla fine del secolo I d. C. quando Domiziano era imperatore dell’Impero Romano, comincia situandoci nell’isola di Patmo, una rupe marina vicino a Efeso dove i romani esiliavano dissidenti e ribelli.
Da lì il profeta e visionario Giovanni esorta i cristiani perseguitati in Asia Minore a non darsi per vinti e critica duramente coloro che hanno deciso di seguire il cammino facile della collaborazione con Roma. Nelle lettere alle sette Chiese, con le quali comincia la sua opera, Giovanni esorta i cristiani a non partecipare ai banchetti che avevano luogo nelle città durante le feste della “divinità” di Roma. La ragione era che in esse si serviva carne sacrificata agli idoli e coloro che partecipavano lo facevano per mostrare la loro fedeltà all’Impero Romano. I cristiani dovevano essere fedeli a Gesù Cristo, ma se non partecipavano a questi banchetti rischiavano di essere emarginati o di essere visti come nemici dell’ordine pubblico. Malgrado ciò, Giovanni vede chiaramente che i cristiani che prendono parte a questa “anti-eucarestia” stanno rinnegando Dio e si prostituiscono con la grande prostituta.
Non tutti i cristiani condividevano la visione di Giovanni, alcuni di loro comprendevano il cristianesimo in chiave di fedeltà interiore, più che come una battaglia contro Roma. Gli idoli romani non avevano nessun potere, e così non c’era alcun problema nel prendere parte ai banchetti e alle feste romane.
In questo modo potevano seguire Gesù e al tempo stesso non si allontanavano dagli usi e costumi del resto dei cittadini romani. In fondo, quello cui ambivano era convertire il seguimento di Cristo in qualcosa di intimo e personale, eludendo la dimensione pubblica e sociale che ha il vangelo.
Per cercare di avvicinare il messaggio dell’Apocalisse alla nostra esperienza come persone lgbt è importante chiedersi quali sono i poteri che cercano di controllarci e dominarci. E se ce n’è uno che risalta sugli altri, e che possiamo identificare come la nostra Bestia apocalittica, questo è il potere che assegna a ogni sesso un genere e cerca di imporci l’eteronormatività.
In ogni luogo e angolo della società in cui viviamo si alza un’immagine d’oro e pietre preziose a quella che chiamano “normalità”, e che ci ricorda quale è il modello che questo Impero vuole. Anche se si vende come un’immagine di bene e felicità, ogni giorno riceve come sacrificio il sangue delle sue vittime.
Situarci nell’isola di Patmo, con l’esiliato Giovanni, o in mezzo a quelle comunità dove si dibatteva fra il mantenersi fedeli a Gesù o all’Impero, è complicato. La nostra esperienza è solita contenere sfumature e ambiguità, per cui in alcune occasioni viviamo a Patmo, pagando il prezzo della dissidenza, e in altre ci scopriamo che partecipiamo ai banchetti.
Desideriamo mangiare, condividere, creare una comunità ed essere accettati ad ogni costo, e non ci importa di negarci esternamente se così facendo ci riusciamo.
Il nostro genere, l’orientamento, o l’identità sessuale è qualcosa di personale, che non si deve andar gridando ai quattro venti, è meglio la spiritualizzazione e l’invisibilizzazione che pagare il prezzo dell’emarginazione che in più di un’occasione abbiamo sofferto. Questo è il patto con la Bestia, vivere la nostra “anormalità” nell’intimità, affinché il suo potere continui a non essere messo in discussione e si rinforzi giorno dopo giorno.
Le dissidenze che hanno a che fare unicamente con l’orientamento sessuale hanno una maggiore accettazione sociale giacché di per sé non mettono in questione il potere stabilito. Sono trasgressioni facilmente confinabili nell’ambito personale. Lì possono vivere per anni, o perfino una vita intera, senza che nessun altro si accorga della loro esistenza.
O al contrario, possono occupare la sfera pubblica, venendo accettate come relazioni di minor importanza, a patto che non tocchino pilastri di base dell’Impero, quali la superiorità del maschio, la visione biologicista della famiglia, o il matrimonio inteso come l’unione fra due esseri differenti: un uomo e una donna.
Tutte le strutture che difendono queste posizioni sono al servizio della Bestia, ma l’Apocalisse ci esorta a resistere di fronte ad esse, ad essere persone gay in tutti gli ambiti della nostra vita, in quelli privati e in quelli pubblici.
E ad esserlo senza scendere a patti con il potere della eteronormatività, ma con quello della libertà, della diversità e dell’amore che rappresenta per noi il messaggero di Dio, Gesù Cristo.
Per coloro che mettono in discussione la relazione univoca fra corpo e identità sessuale è molto più complicato, giacché vengono percepiti immediatamente come un pericolo. Nonostante le enormi difficoltà che affrontano dall’infanzia, hanno la possibilità di scendere a patti con la Bestia in cambio di fare una riassegnazione di sesso che rimedi alla “dissonanza” che è stata loro imposta.
Non parliamo qui del diritto di ogni persona di modellare il suo corpo come vuole, ma del potere che li “obbliga” a farlo in un determinato modo.
L’inganno finale consiste nel fatto che, con o senza riassegnazione, continuano a sentire la forza che li spinge verso la marginalità. Il loro peccato è, in entrambi i casi, imperdonabile.
Giovanni li chiama a resistere al potere che li opprime. E questo lo possono fare soltanto comprendendo la relazione fra corpo e identità sessuale in modo creativo. Il loro modo di smascherare la Bestia è mostrare come ogni corpo può essere vissuto e reinterpretato in modi infiniti.
Giovanni oggi li inviterebbe a non prendere parte ai banchetti che aiutano a socializzare tra loro i buoni cittadini dell’Impero, ma a quel pasto che ricorda colui che osò ridefinire la relazione fra corpo e speranza messianica in un modo nuovo e salvifico: come distacco, dedizione e speranza di salvezza nel Dio che promette una creazione nuova che romperà i limiti delle strutture che ci vengono imposte.
Infine, ci troviamo con le persone che si sentono a loro agio con il genere che è stato loro assegnato, ma il cui comportamento oltrepassa i limiti accettabili per l’Impero. È il cosiddetto delitto di genere. Sorprende come questa forza oppressiva si è convertita in una delle più forti persino all’interno delle comunità gay.
La stessa società gay, che alza la bandiera della diversità, colloca in una sfera superiore le persone che sono fedeli al ruolo del genere stabilito. È forse il suo modo di chiedere perdono alla Bestia, un modo di scendere a patti con essa per essere accettati.
Malgrado ciò, questo tipo di prostituzione non cessa di essere ridicolo e assurdo, soprattutto quando uno vede gli enormi sforzi che molti devono fare per ottenerlo. Anche se forse la cosa più triste è che con questo comportamento non solo si rafforza il potere oppressivo, ma si collabora alla sofferenza delle vittime.
Le grida del profeta ci chiamano oggi al pentimento, e ci avvertono delle conseguenze della prostituzione in cui molte persone gay siamo cadute. Però incoraggiano anche, accompagnano e confortano coloro che non si conformano con l’essere donne o uomini che seguono i dettami del genere accettati nella nostra società. Esse non sono tiepide, per cui rimarranno sempre nella bocca di Dio. Quella che, con solo poche parole, dette origine a tutto il creato.
Per questo lì, dalla bocca di Dio, dalle sue labbra, collaborano attivamente all’apparizione di nuove parole, di nuove creazioni e possibilità per il genere umano. La luce che emanano non deve essere spenta né nascosta, ma posta in un luogo dove si possa denunciare l’inganno della Bestia.
Le ultime parole di Gesù, che trasmette alle sette chiese attraverso il profeta Giovanni, le dirige alla chiesa di Laodicea. Parole che continuano ad essere attuali e sulle quali possiamo meditare a partire dalla nostra esperienza come persone lgbt:
“Io riprendo e castigo tutti quelli che amo. Abbi dunque zelo e ravvediti. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere sul trono con me, come anch’io ho vinto e mi sono seduto col Padre mio, sul suo trono”.
Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.
Testo originale: Una lectura gay del Apocalipsis (I)