Sangue sul Pride di Gerusalemme. Un ebreo ultraortodosso tenta di fare una strage
Articolo di Alberto Flores D’Arcais pubblicato su Repubblica del 31 Luglio 2015
GERUSALEMME . Yshlay Schlissel è un ebreo ultra-ortodosso e da sempre nutre un odio profondo per i gay, da lui definiti «abominio» della razza umana. Nel 2005 mentre poche centinaia di militanti dei movimenti per i diritti degli omosessuali sfilavano tranquilli, insieme a famigliole progressiste con bambini e carrozzelle per le vie della Città Santa, li aveva assaliti accoltellandone cinque.
Arrestato era stato condannato a una pena esemplare: dodici anni per tentato omicidio. Tre settimane fa, trascorsa quasi l’intera condanna (due anni condonati per buona condotta) era uscito dal carcere e ieri — nuova giornata dell’orgoglio gay a Gerusalemme — non ha resistito ed è tornato nello stesso luogo del delitto, in mano un coltellaccio affilato e nella mente l’ennesimo delirio.
Neanche stavolta sono riusciti a fermarlo in tempo. Quando è balzato in mezzo alla strada brandendo l’arma e urlando (ma qui le testimonianze divergono) qualche frase sconnessa. Primo obiettivo è stata una coppia, un uomo e una ragazza. Lui si è accasciato a terra in un lago di sangue, lei se l’è cavata con uno spintone mentre Yshlay ha continuato — per pochi, lunghissimi, secondi — a menare fendenti contro chi gli capitava a tiro prima che la sua furia omicida venisse bloccata da due poliziotti in borghese. Risultato: sei feriti, due in gravi condizioni (una è una ragazza di 17 anni).
Sul marciapiede della Keren HaYesod, la centralissima strada che porta al parco antistante la Città Vecchia, le macchie di sangue sono larghe ed evidenti. Zoe Schochet ha 18 anni e per l’ennesima volta racconta ai reporter quanto successo: «Stavo chiacchierando con un tipo quando ho visto quest’uomo con la barba tutto vestito di nero che lo accoltellava alle spalle. Poi mi ha spinto e ha continuato a correre, ho vissuto veramente degli attimi di terrore». Da un prima, sommaria, ricostruzione della polizia sembra che Yshlay Schlissel si fosse nascosto all’interno di un supermercato lungo il tragitto e quando i manifestanti gli sono sfilati davanti si è lanciato verso la strada. La polizia era presente in modo massiccio e viste le tensioni degli ultimi giorni (sia nella capitale che nelle colonie in Cisgiordania) c’era chi temeva incidenti o provocazioni. Alcune settimane fa, intervistato dopo il rilascio dal carcere da una radio ultra- ortodossa Schlissel aveva detto testualmente: «Gente impura vuole sfilare per Gerusalemme, fermerò quella parata».
Il gay-pride non si è però fermato neanche dopo le coltellate. Ovviamente con un’atmosfera cambiata, dopo che le si- rene delle ambulanze e della polizia avevano convinto un paio di centinaia di persone (soprattutto famiglie con bambini) ad abbandonare la manifestazione. Gli altri hanno continuato, ed erano circa duemila e a loro dopo che le radio e le tv hanno diffuso la notizia si sono aggregate altre centinaia e centinaia. Gente che non aveva mai partecipato al gay-pride ma che ha deciso di scendere in piazza per solidarietà e per ribadire la natura democratica dello Stato ebraico.
Durissime le reazioni politiche. Poche decine di minuti dopo le coltellate il premier Netanyahu ha parlato di «gravissimo incidente», promettendo che sarà fatta giustizia: «Nello Stato di Israele la libertà di scelta degli individui è uno dei valori fondanti. Faremo in modo che in Israele ogni uomo ed ogni donna vivano in totale sicurezza qualsiasi scelta abbiano fatto e con chiunque abbiano deciso di vivere». Condanne dell’accaduto anche da parte di leader dei partiti della destra religiosa come il ministro Naftali Bennet («un crimine morale che non può essere perdonato») e del rabbino Benjamin Lau («chiedo perdono in nome della Torah»).
Per il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat quanto accaduto è «un tentativo di danneggiare il tessuto vitale della nostra città e bloccare il fondamentale diritto alla libertà d’espressione». Alla vigilia di un’altra giornata che si annuncia carica di tensione (questa mattina Hamas e i pa-lestinesi di Gerusalemme Est tenteranno di trasformare il venerdì di preghiera nel “giorno della vendetta”, in segno di protesta per quanto accaduto domenica scorsa alla Spianata delle Moschee) Barkat ha ripetuto che nella Città Santa non verrà tollerato alcun «pretesto per violenze di qualsiasi tipo».
Gerusalemme «è un luogo per tutti e noi continueremo a combattere insieme con la polizia di Israele contro tutti coloro che cercano di usare la violenza per colpire e danneggiare gli altri. Continueremo a sostenere tutti i gruppi e tutte le comunità di Gerusalemme e non saremo certo scoraggiati da coloro che cercano modi perversi per impedirlo».
L’aggressore aveva scontato dieci anni di carcere per un atto simile nel 2005.